Resta lo sconto di pena di quasi sei anni ma le condanne non vengono cancellate e così le pene diventano definitive a carico di quattro uomini che nel giugno 2019 avevano organizzato un colpo in una tabaccheria di Angri. Rapina che non fu mai messa a segno perchè arrivarono i carabinieri ed evitarono l’azione criminosa. Quasi venti anni di reclusione per i quattro imputati che in primo grado furono condannati con il rito abbreviato a Nocera Inferiore a oltre 26 anni di pena. Sentenza poi riformata in Appello e ora conferma dalla Cassazione. Per quel colpo organizzato e non eseguito alla sbarra erano finiti Giuseppe Ferrara di Angri, Alfonso Pisciotta di San Marzano sul Sarno, Salvatore Desiderio di Angri e Salvatore Cavaliere di Pagani. Secondo la pubblica accusa, il gruppo avrebbe seguito per più giorni il titolare di una rivendita di tabacchi, per controllarne spostamenti ed orari, discutendo anche sugli incassi presunti che il commerciante aveva registrato, di circa 10mila euro. Quel giorno (24 giugno 2019), un’auto con dentro uno degli imputati si collocò vicino al negozio della vittima, mentre una seconda fu parcheggiata poco distante. Uno dei quattro impugnava una pistola. Dopo poco, altri due sopraggiunsero in scooter, rubato in un altro comune, vestiti di scuro e con indumenti invernali, anche se era piena estate. Guanti e caschi integrali insospettirono i carabinieri, che stavano seguendo i quattro già da giorni, a loro insaputa. Poco prima di intervenire, i militari si palesarono davanti al gruppo, arrestando tutti in flagranza di reato. Decisive per le indagini furono anche le intercettazioni. L’arma che serviva ad intimorire la vittima era una calibro 7,65, priva di tappo rosso e con due cartucce a salve. Il tribunale ha inoltre disposto di integrare le indagini nei riguardi di Ferrara e Desiderio per il solo reato di ricettazione. Scrive la Cassazione. “La Corte ha spiegato che il perfetto posiziona mento degli imputati in punti strategici già individuati, le raccomandazioni reciproche, l’abbigliamento e la presenza dell’arma dimostrano che gli imputati avevano superato la soglia degli atti meramente preparatori ed erano già nella fase esecutiva della rapina, interrotta solo dall’intervento dei militari. Dalla motivazione si desume peraltro che anche Giuseppe Ferrara nel corso del suo esame ha ammesso di avere desistito, perché aveva avvistato lungo la strada la presenza di un maresciallo dei carabinieri”, scrivono gli ermellini nelle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello. “Giova ricordare peraltro che Ferrara non era uno degli esecutori materiali dell’assalto, ma avrebbe dovuto avvisare i complici dei movimenti della vittima designata e l’acquisto del pesce gli consentiva di giustificare la propria presenza in loco, senza sollevare sospetti. In conclusione la Corte d’appello ha reso sul punto motivazione congrua alle emergenze di fatto e corretta in punto di diritto perché conforme ai principi più volte ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità”. Ora le condanne sono diventate definitive su decisione della Suprema Corte.
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