di Clemente Ultimo
“Della sorte della chiesa di San Filippo Neri e, soprattutto, del suo lento ed apparentemente inarrestabile degrado ci siamo occupati da tempo: già in occasione di un convegno organizzato da Italia Nostra provammo a sollevare il problema, purtroppo senza fortuna”. Storia antica, ma non dimenticata, quella della chiesa che si affaccia in uno degli angoli più belli della città e purtroppo meno valorizzati dalle amministrazioni che si sono succedute nel corso degli anni. A sottolinearlo è Raffaella Di Leo, presidente della sezione salernitana di Italia Nostra, associazione impegnata proprio nella salvaguardia del patrimonio storico-artistico e paesaggistico. Patrimonio che, come ben evidenzia la sorte della chiesa di San Filippo Neri, è spesso più esposto ai danni provocati dall’incuria e dall’abbandono che a quelli del trascorrere del tempo. “Negli anni scorsi, più precisamente nel 2017, – sottolinea Raffaella Di Leo – più volte abbiamo provato ad instaurare un confronto con la Curia salernitana, proprietaria dell’edificio religioso in questione, almeno per poter effettuare un’attenta ricognizione degli ambienti interni della chiesa, per poter constatare quanto avanzato fosse il degrado degli apparati decorativi e strutturale. Ci sembrava il primo passo necessario da compiere per poter poi immaginare un intervento di recupero. Purtroppo abbiamo trovato un interlocutore né attento, né interessato”. Unica certezza scaturita da questo abbozzo di dialogo è stata la smentita di una possibile vendita del complesso di San Filippo Neri. “Sì, all’epoca mi furono date ampie rassicurazioni in merito, smentendo così un’ipotesi di cui pure si era vociferato. L’intenzione di non cedere l’edificio ai privati al momento rappresenta l’unica buona notizia: il nostro timore è che un’alienazione del complesso finirebbe per concludersi con la sua trasformazione in un bar, un ristorante o una struttura ricettiva. Eppure idee su un possibile riuso, con ben altra finalità, della chiesa di San Filippo Neri non mancano, basti citare il lavoro dell’architetto Serena Tedesco, una tesi dedicata proprio al recupero ed alla rifunzionalizzazione del complesso”. L’impressione è che sia mancata in questi anni un’idea complessiva per il centro storico alto, così che la vicenda di San Filippo Neri sia solo un tassello di un mosaico più grande: basti pensare al sostanziale fallimento del progetto “Edifici Mondo”, al mancato recupero delle grandi strutture conventuali, ad ipotesi di intervento – ad esempio il prolungamento del trincerone – che avrebbero un impatto fortissimo su quella parte di città. “La mia idea è che il mancato intervento sia frutto di una scelta precisa. La nostra amministrazione da un trentennio spinge gli imprenditori ad investire verso il mare ed ha deliberatamente dimenticato la parte alta del centro storico. Eppure, se inserita in una giusta prospettiva, anche quella parte di città avrebbe potuto essere recuperata e rilanciata, anche in chiave turistica. Si è voluto vedere nella difficile accessibilità alle auto un limite quasi insuperabile, eppure, a ben vedere, il tratto da superare è breve, un servizio di trasporto pubblico razionale ed efficiente con poche navette elettriche consentirebbe di risolvere il problema. Quanto agli “Edifici Mondo”, bene possiamo considerarli un po’ il modello cui ci si è ispirati in questi anni: grandi opere con un pesantissimo impatto sul tessuto urbano esistente, opere da cui sarebbe derivato un beneficio solo per le imprese appaltatrici e non un benessere diffuso, una ricaduta positiva per tante professionalità qualificate e, più in generale, per la città”. Crede che sia possibile intavolare un dialogo costruttivo con il nuovo assessore all’Urbanistica Michele Brigante? “Non so se questo assessore avrà la possibilità di cambiare la prospettiva lungo cui si è mosso Palazzo di Città in questi anni. A lui abbiamo già chiesto un confronto proprio sull’assetto della parte alta del centro storico. Di certo un dibattito aperto sarebbe auspicabile, così come un incontro tra Comune e Curia”. Se l’amministrazione è stata poco attenta al centro storico alto, anche l’opinione pubblica è parsa abbastanza distratta in merito alla necessità di salvaguardare parti importanti del patrimonio storico-artistico salernitano. “È vero che c’è e c’è stata mancanza di attenzione, ma è anche necessario sottolineare come alcune scelte finiscono poi per creare abitudine. Il cono d’ombra che ha avvolto quella parte di città è difficile da bucare, se un quarantenne non ha avuto la fortuna di capitare da quelle parti, magari spinto da chi conosce la bellezza del centro storico alto, difficilmente avrà avuto notizia in altro modo di quel che esiste lì. E di quello che potrebbe diventare se vi fosse l’intenzione di riqualificare quel pezzo di città”.