«Non chiamateci eroi» Eco-compatibilità e territorio, da 50 a 450, l’Azienda “costaiola” vince una foglia d’oro intrisa di passione, sudore e bellezza
Di Alfonso Mauro
Da 50 a 450 metri di china vitata tolta al sasso di Costa, il riattamento di una vecchia struttura a cantina, ridonare il lustro del fare a una terra in parte abbandonata. L’azienda apre una sorta di cavea titanica con l’onda e la strada costiera ad orchestra. Persuaso dall’entusiasmo e delle idee di giovani professionisti amici, il titolare, don Raffaele Palma, ha inteso condividere con loro l’impegno: rifare, contendere il bello al nulla; vino, limoni e olio prodotti in totale regime biologico. Una sfida fattasi quindi corale: agronomo Giuseppe Coppola, indicazioni tecnico-amministrative e gestionali aziendali; ingegnere Amalia Pisacane, progettazione degli interventi di ammodernamento aziendale e di salvaguardia ambientale; architetto Marina Gorruso, elaborazione del packaging e per la promozione dell’olio: ragioniere Lucio d’Urso, esperienza in campo fiscale. Conduzione aziendale all’insegna dell’eco-compatibilità: gestione delle colture, recupero dei residui colturali, controllo dei tempi d’intervento fitosanitario, monitoraggio condizioni climatiche grazie a due stazioni meteorologiche presenti in azienda, smaltimenti conferiti a ditte specializzate. Un team esplicitato e ringraziato nella loro comunicazione internautica, e che palesa quante e quali professionalità ci sono dietro un’etichetta. Abbiamo avvicinato il titolare Raffaele Palma, nel Salone Bottiglieri di Palazzo Sant’Agostino.
Una di due cantine in Costa d’Amalfi ad aver conseguito la foglia d’oro in occasione della presentazione della Guida Bio 2023; quali dichiarazioni sente di fare?
“Penso e crediamo di aver lavorato bene, quindi il successo, un po’ lusingandocisi un po’ tirando le doverose somme, risulta essere meritato. Conto e contiamo di lavorare sempre di più: solo questo salva i nostri luoghi dal retrocedere; solo questo è condizione del successo vero. Lavorare insieme per aver successo insieme”.
Quali le particolarità della viticoltura in costiera amalfitana?
“La nostra è una viticoltura estremamente faticosa, e tuttavia io rifuggo il frusto termine “eroico” che tanto si è speso nel parlare delle realtà dei nostri luoghi, poiché le romanticizzazioni non ci riguardano. È lavoro, fatica manuale, fattiva. Sicuramente siamo destinati ad un lavoro oggettivamente maggiore rispetto ai vignaioli di pianura”.
Cosa crede abbia principalmente caratterizzato il suo lavoro lungo questi anni?
“La passione. È puramente per passione che in quanto ho fatto mi sono avventurato. Sono riuscito a rimettere in sesto dei terreni abbandonati e a realizzare qualcosa di concreto che consumatori e ristoratori possono apprezzare. Ciò è fonte di considerevole soddisfazione”.
Tra i consumatori del futuro crede aumenteranno quelli dell’enoturismo?
“L’enoturismo è il compimento, è il completamento della nostra attività. Aziende agricole che lavorano in biologico e che lavorano bene puntando a dei prodotti di qualità diventano fonti di attrazione di turismo — turismo di tutti i tipi e non solo di vino: noi come azienda agricola biologica, ad esempio, abbiamo anche limoni e limoncello (che esportiamo), olio, confetture, miele… prodotti che il consumatore viaggiatore può apprezzare di prima mano da noi o presso i ristoratori locali”.
I vini dell’azienda premiati sono il Puntacroce 2014, foglia d’oro (assemblaggio tra falanghina, biancolella, ginestra, fenile, ripolo, pepella); Ciarariis 2018, quattro foglie (ginestra in purezza); Montecorvo 2014, cinque foglie (uvaggio di piedirosso, aglianico e tintore).