DI Michele Capone
L’inaugurazione dei lavori riguardanti il recupero di parte di quello che era lo spazio delle Ceramiche Matteo D’Agostino, è stata presentata come una delle tante progettazioni di recupero di spazi urbani succedutesi in questi ultimi tempi. Di questo progetto del Parco della D’Agostino, se ne parla da oltre dieci anni. L’intervento comprenderà la realizzazione di una serie di impianti sportivi, in grado di alleggerire le società sportive salernitane dagli attuali problemi legati alla carenza di spazi. Ma c’è da ricordare che non si bonifica o si recupera un bene naturale. Si tratta della cava, o per dirla con il linguaggio di chi ha lavorato alla D’Agostino, del “ U fuoss ra creta”, il luogo dove si svolgeva il lato più duro del lavoro nell’antica Fabbrica di Ceramiche e laterizi M. D’Agostino. Questa non è stata una semplice fabbrica. Non lo è stata dal punto di vista produttivo ed artistico. I rapporti con realtà ceramiche più note come Sassuolo, o il ramo artistico sviluppatosi con la Ceramiche Ernestine, della compagna di Matteo D’Agostino, Ernestine Virden Cannon, l’innovazione tecnica ad opera dell’ing. Horst Nonis, hanno fatto della D’Agostino un riferimento nella storia dell’industria ceramica italiana. La fabbrica però ha segnato un punto di svolta anche nella società salernitana. La storia di questa città, è spesso racchiusa nei pochi chilometri del centro storico, gli studiosi non hanno posto la loro attenzione, con continuità, sulla storia industriale della città, di quello, che ora chiameremmo “ distretto industriale” dove da Pellezzano a Brignano, grazie alla disponibilità dell’acqua dell’Irno, erano attivi diversi opifici. Dopo un breve attenzione dovuta al recupero come centro commerciale delle Cotoniere, è calato il silenzio. Ora Brignano diventa protagonista di un cambiamento, così come quando c’era la D’Agostino. Per storia familiare, ho, nel tempo, ascoltato racconti di lavoro, e dell’ambiente. Negli anni precedenti la guerra, la fabbrica raccoglieva una maestranza che proveniva da Brignano, da Fratte, dall’attuale via Irno, dai “ villaggi” di Matierno, Ogliara, Sordina e da San Mango. Gruppi di giovani operaie, all’alba scendevano, dai villaggi, a piedi, avviandosi verso la fabbrica. Questa aveva cambiato anche la dimensione sociale di Brignano e dell’attuale via Irno, la zona, per intenderci che da Calcedonia arriva al Cimitero. Questa zona, tra le acque dell’Irno e la collina di Brignano, era una delle mete della transumanza dei pastori provenienti dall’avellinese, mentre Brignano era zona agricola, abitata in prevalenza da braccianti. La fabbrica provocò un mutamento sociale, pastori e braccianti divennero operai o “carrettieri”, antesignani degli attuali camionisti. Questa è stata la D’Agostino nella storia della città. Una fabbrica che ha contribuito allo sviluppo, non solo economico, di Salerno. Tutto è cominciato a Brignano, ed ora “ u fuoss ra creta”, dove tanti salernitani hanno contribuito con il proprio lavoro alla crescita della D’Agostino, non servirà per produrre creta per la ceramiche, ma per dare a Brignano una nuova e diversa dimensione, l’opportunità di diventare riferimento per attività sportive e naturalistiche.