Per la prima volta il prestigioso riconoscimento consegnato ad un artista cinese, le cui opere saranno fruibili in una grande mostra al Museo Andersen nella capitale sino al prossimo 19 gennaio
di Antonello Tolve
Lo scorso 23 ottobre, al Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze, Wang Hongliang, tra i capisaldi della scultura contemporanea in Cina, ha ricevuto il Premio Michelangelo per aver creato, negli anni, un itinerario creativo capace di coniugare tradizione e innovazione utilizzando il filo sottile di una sperimentazione mai paga, aperta a tecniche, a materiali di varia estrazione e natura. Consegnatogli dal Direttore del museo Timothy Verdon (storico dell’arte formatosi alla Yale University) e dal Presidente della International Sculptors Association, Francesco Roviello, il premio testimonia la forza creativa di un uomo che ha attraversato la poetica del realismo cinese e l’ha legata a robuste influenze di stampo neoclassico, romantico, decadentista, con un ritmo a volte complesso e sinfonicamente articolato. Per la prima volta nella storia il prestigioso premio è stato consegnato, insomma, a uno scultore cinese: e questo per evidenziare non solo l’importanza di un discorso ormai planetario e multietnico delle arti contemporanee, ma anche una grande attenzione che l’Europa, e l’Italia in particolare, sta mostrando da qualche anno a questa parte, sull’arte cinese d’oggi e sui suoi grandi maestri da riscoprire, da mostrare. Conferitogli appunto per il contributo apportato nel campo della scultura, con un approccio innovativo che è capace di inclinare il tessuto culturale del passato alle esigenze del presente, il premio è anche un momento di collegamento (quasi inscindibile) alla splendida personale dell’artista organizzata nei potenti spazi della casa museo Hendrik Christian Andersen di Roma dove, fino al prossimo 19 gennaio 2020, le sue opere dialogano con quelle dello scultore statunitense, anche se di origini norvegesi (Andersen era nato infatti a Bergen il 17 aprile 1872) per dar vita a un confronto, a un discorso di stampo celebrativo (Hongliang ha realizzato opere per il Memorial Hall of Anti-Japanese War, Memorial Hall of Liu Hulan, Memorial Hall of Shashiyu.), a un processo capace di trasformare l’occasione del tempo in spazio plastico integrativo. «Spero di riuscire nell’intento di usare la scultura per esprimere la lunga storia e l’eccellente cultura della nazione cinese e in tal modo plasmarne la storia», ha suggerito l’artista. «Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese, mentre il prossimo ricorre il cinquantesimo anniversario dell’instaurazione di relazioni diplomatiche tra Cina e Italia. In questo momento speciale, su invito della direttrice del Museo Andersen, la mostra acquista un significato particolare». Con le opere esposte al Museo Andersen, Wang Hongliang (Hongliang è tra l’altro docente di Scultura nell’Academy of Arts & Design, Tsinghua University) fa compiere al visitatore un viaggio al centro dell’uomo e della storia culturale e spirituale del suo paese dando vita anche ad una riflessione sulla profondità immemorabile eppur attualissima della scultura, che sia essa commemorativa o che attraversi il quotidiano scorrere degli eventi. Ecco allora la Cina imperiale con l’Imperatore Wu della dinastia Han (conosciuto anche col nome di Han Wu il Grande), quella filosofica e spirituale con Lao Tzi e Fuzi (Confucio), quella rivoluzionaria e politica con Mao Zedong o anche il popolo, gli operai, i lavoratori, un uomo in trench, due malinconiche figure di donne. Né vanno dimenticate le opere su carta, connotate da una notevole raffinatezza abbinata ad una poetica intensità evocativa. Tutte le sue opere sono caratterizzate dalla compostezza, da una solenne austerità, dalla “gravità” nel duplice senso morale e fisico, per una permanenza responsabile nel mondo. Pur così lontani l’uno dall’altro, sia Hendrik Christian Andersen che Wang Hongliang danno forza alla centralità del corpo e della figura evidente nelle loro sculture con una linfa utopica che quasi le colloca in una dimensione senza tempo.