di Aldo Primicerio
I contrasti tra politica e toghe ci sono sempre stati. E la pubblica opinione si è spesso divisa sulla questione. Ma, diciamocelo, sempre spinta dalle sue simpatie o appartenenze politiche, anche in contrasto con le maggioranze di governo. Accade anche ora. Negli elettori del centrodestra prevalgono oggi le posizioni critiche nei confronti dei giudici, mentre quelli del centrosinistra e del Movimento 5 Stelle solitamente si pongono dalla parte della magistratura. Noi non facciamo il tifo per nessuno. Non abbiamo scheletri nell’armadio o vecchie scorie personali o professionali, o poltrone cui aggrapparci che inquinino il nostro scrivere o parlare. Noi siamo solo osservatori e raccontatori della società reale, con i riflettori accesi sulle opinioni dei cittadini. E la storia ed i suoi numeri ci fanno dire che noi italiani siamo sì sempre a fare il pendolo, ad oscillare perennemente, ma ora sembra con una piega che tende ad una nuova fiducia nelle toghe.
Negli ultimi 8 anni netta risalita della fiducia degli italiani nelle toghe
Lo certifica un sondaggio effettato da Swg l’8 ottobre scorso. E’ dal 1997 – 27 anni quindi – che l’agenzia di sondaggio consulta un campione di 1.000 italiani sulla loro opinione nei confronti della magistratura. Un giudizio che, come si evince dal grafico 1, raggiunge un picco nel 2011, scende sensibilmente fino a meno 8 punti nel 2015, per poi, tra qualche oscillazione, risalire gradualmente ma con progressività fino al 47% di oggi. In pratica, la metà di noi crede nella indipendenza delle toghe, specie se, esplicitamente o meno, gravitiamo nell’area politica di centrosinistra, molto meno se nell’altra parte. Ma ci siamo chiesti quanto contino oggi le parole destra e sinistra e se abbia ancora senso? Davvero poco. E per di più, una seria riflessione sull’attualità delle categorie “destra” e “sinistra” da parte della classe politica non è, quindi, mai realmente stata fatta, scrive Luigi Marattin su Il Foglio. Un po’ per la sacralità del tema, un po’ per istinto di sopravvivenza da parte di partiti (e del relativo personale politico) che su quella distinzione hanno costituito tratti indentitari e rassicuranti molto difficili da mettere in discussione. Per fare storia, e non retorica, le denominazioni “Destra” e Sinistra” nascono dalla disposizione casuale dei banchi in cui si sedettero conservatori e rivoluzionari alla riunione degli Stati Generali in Francia nel maggio 1789, durante la Rivoluzione Francese. I primi tendevano alla conservazione dello status-quo feudale; i secondi al sovvertimento di tale ordine. Da allora, per analogia, “destra” ha indicato una posizione politica tesa al mantenimento dello status quo sociale che accetta le disuguaglianze in esso insite, ponendo maggiore accento su libertà e sviluppo e “sinistra” una tensione verso una modifica di esso in direzione di una maggiore uguaglianza (Bobbio 1994). Ma tutto è stato poi travolto e sconvolto dalla globalizzazione, dove il crollo del muro di Berlino e la seconda Repubblica non hanno avuto alcun peso significativo.
Sulle toghe politicizzate, i non convinti ora la maggioranza. Con critiche alla Meloni per l’ingerenza con le nuove norme sui migranti
Oggi una buona parte degli italiani che vota il (cosiddetto) centrodestra è convinta che la magistratura sia un contropotere, intento ad influenzare ed indirizzare la politica (grafico 2 e 3). Sono tre su 10 a dirlo. Ma più di 4 su 10 sostengono invece il contrario, convinti che siano tentativi per discreditare i magistrati. E si consideri anche il peso di chi non sa rispondere alla domanda del sondaggio. Sono quasi 3 su 10, e mi piace pensare che la tesi del contropotere togato non li convinca affatto. E la rinnovata fiducia nelle toghe si ritrova nelle critiche alla premier sulla sua reazione alla sentenza di un giudice civile di Catania che non ha convalidato il trattenimento di tre migrani tunisini, ritenendo le nuove regole del governo in palese contrasto con la normativa europea. Interrogati nel sondaggio su chi abbia ragione, 3 italiani su 10 hanno indicato la Meloni, spiegando che quella della giudice Apostolico sia una sentenza “politica” che mira solo a danneggiare il governo. Una minoranza se si guarda alle risposte, dove quasi 5 su 10 sono critici con la premier, sia perché non dovrebbe aprire uno scontro tra politica e magistratura, sia perché la sentenza è probabilmente giusta, per cui l’ingerenza della Meloni è grave.
La metà degli italiani per l’autonomia delle toghe. E meno di 3 su 10 per la sua restrizione
Ed allora? La magistratura è invadente? Per cui – come spingono Salvini ed il berlusconiano Nordio – va frenata ed impedita? Nient’affatto. Cinque su 10 di noi rispondono che la sua autonomia va rispettata e lasciata intatta, mentre solo meno di 3 su 10 sono per la riduzione dell’autonomia (grafico 4). E, l’abbiamo gà scritto, è sorprendente, ed anche inaccettabile, che queste manovre restrittive partano da un ex-magistrato ed ex-Pm, che preferisce rinnegare il suo passato in nome di una sorta di servilismo nei confronti di una parte politica che ormai rappresenta solo il 6 per cento dei consensi. E su questa ritrovata fiducia nei confronti dei 10mila magistrati italiani– che, salvo qualche rara caso di eccentricità, operano nel pieno rispetto della Costituzione e dell’etica, in un lavoro sempre nell’ombra, lontani dalle telecamere e nel silenzio di microfoni – è calato un inaccettabile apprezzamento del centrodestra verso gli esempi di Polonia ed Ungheria. I due Paesi dell’est, entrati nell’Ue nel 2004 e nel 2007, hanno cercato di ridurre l’autonomia della magistratura. Subito bocciate e sanzionate però dall’Unione Europea. L’altolà alla Polonia è stato sollevato dalla Corte di Giustizia UE, secondo cui va evitata qualsiasi regressione sotto il profilo dello Stato di diritto e qualsiasi norma che possa pregiudicare l’indipendenza dei giudici, esponendo il potere giudiziario a un severo deficit di indipendenza e imparzialità. E l’UE ha avvertito anche il governo italiano a non andare in fondo con il suo emendamento in Commissione Lavoro alla Camera che solleverebbe i giudici della Cor te dei Conti dal controllo sui fondi del Pnrr. Un fatto grave, di alterazione dell’equilibrio dei poteri.