Come fare didattica di un classico
Di Federico Sanguineti
In quel vademecum che è Maupassant e «l’altro» di Alberto Savinio, a parte la denuncia, più che mai attuale, del pericolo di estetismi come il dannunzianesimo che, in quanto tali, “non sono soltanto letterari, ma sono filosofici, sono astronomici, sono politici, sono sociali, sono ideologici, sono mentali”, non mancano indicazioni riguardo alla lettura dei testi letterari e in particolare di cosiddetti classici. Basti pensare a una considerazione come la seguente: “L’Iliade si muove con l’andatura del carro, la Odissea con l’andatura della nave a vela, l’Orlando furioso con l’andatura del cavallo; ed è certo che queste medesime opere letterarie si muoverebbero con passo diverso se fossero state scritte al tempo della trazione a vapore”. Con quale andatura si muove il Poema di Dante? La risposta viene, una volta per tutte, da Maria Montessori in una conferenza dal titolo An Experiment Literary: “Let us do Dante”, tenutasi a Londra il 17 novembre 1933 e finora inedita in Italia. È ora pubblicata e tradotta in un libretto, Dante con i bambini, a cura di Paola Trabalzini (Editrice Morcelliana). Si tratta di non più di venti paginette costituenti il contributo più urgente, importante e significativo che abbia visto la luce in occasione del settimo Centenario della morte del Poeta: vale la pena adottarlo in corsi universitari. In esso è descritto un esperimento (“an experiment”) effettuato con bambine e bambini di età fra i dodici e quattordici anni: lo studio, insieme a loro, di Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ecco, ammette Montessori, un testo di norma considerato lontano dai gusti dell’infanzia, alla quale di solito si propinano scrittori di non particolare valore (“writers of not very much poetic value”), come se la cattiva poesia (“bad poetry”) fosse più adatta a ragazze e ragazzi rispetto alla poesia sublime (“sublime poetry”). Il risultato di questa sperimentazione è sorprendente: le bambine e i bambini finiscono col parlare di Dante con intensità emotiva forse mai avvertita da adulti che studiano il poema (“an intensity of emotion which perhaps has never been felt by adults studing this poem”). Si entra, con l’esperimento, in un campo del tutto inesplorato. Montessori detta i versi danteschi nel modo più neutro possibile, senza introdurre enfasi, come se si trattasse di un testo in prosa. Così procedendo la parola di Dante comincia a farsi interessante da sé e si arriva ad osservare che i versi sono scritti a tre a tre, e che ogni verso si compone di undici sillabe, provocando entusiasmo fra bambine e bambini. Com’è possibile, si chiedono, scrivere un intero poema dove ogni verso contiene solo undici sillabe? Nasce spontanea la ricerca individuale e collettiva delle undici sillabe costituenti ogni singolo verso. Le discenti e i discenti ricevono un brano in prosa per trasformarlo in versi come Dante stesso potrebbe aver fatto (“as Dante himself might have done”). Fare Dante: questo diventa l’imperativo delle bambine e dei bambini che, camminando, spontaneamente declamano versi di Dante. A poco a poco frasi sempre più lunghe vengono memorizzate e il dettato si rivela insufficiente. Bambine e bambini vorrebbero il testo per intero. Dichiarano di volerlo imparare a memoria dall’inizio alla fine, esigendo di avere per sé una copia tascabile. L’andatura di Dante si rivela finalmente, per integrare Savinio, quella di una passeggiata: il ritmo, in medias res, è il camminare. Appunto: il “cammin di nostra vita”.