Taccuino di storia letteraria
Di Federico Sanguineti
Nel corso del cosiddetto Medioevo (categoria eurocentrica del tutto ideologica), l’Europa non è che una periferia del mondo arabo. Come spiega il filosofo sudamericano Enrique Dussel (di origine argentina, ma esule in Messico dal 1975): “la denominazione di Medioevo è impropria, perché suppone che si tratti di un’epoca a cavallo tra l’antichità e la modernità. Il Medioevo invece è il tempo del feudalesimo, un fenomeno esclusivamente europeo che non esiste in nessun’altra cultura. In questo periodo i paesi arabi avevano un altro tipo di sistema. Fez in Marocco contava 600mila abitanti nel X secolo. Il mondo islamico si estendeva dal nord del Maghreb all’Egitto, dalle grandi regioni della Mongolia fino al mar Caspio, all’Iran, all’Iraq, ai califfati del nord dell’India, all’Indonesia alle Filippine. Insomma, dal Pacifico all’Atlantico. L’Europa nei 3.000 chilometri che separano Vienna da Granada contava appena 60 milioni di abitanti nel secolo XV, mentre il mondo arabo andava dal Marocco alle Filippine. Era questo il mondo universale, l’altro è stato assolutamente provinciale e il feudalesimo è stato un fenomeno puramente europeo”. Dalla Storia della lingua italiana di Bruno Migliorini si apprende, in effetti, che la parola “taccuino” è di origine araba e, per la precisione, entra nella lingua italiana grazie alla Scuola medica salernitana. Quest’ultima, anche alla luce di una leggenda non priva di significato, vien fuori dall’incontro di persone di diverse culture: greca (Pontus), locale (Salernus), ebrea (Elinus) e araba (Abdela). Accade così che, in un tanto anonimo quanto diffusissimo trattato De vitiis et virtutibus (per errore attribuito a Tommaso d’Aquino), Salerno risulti fra le quattro più celebri città al mondo, accanto a Parigi, Bologna e Orléans: “Quattuor sunt urbes ceteris praeeminentes: scilicet Parisius in scientiis, Salernum in medicinis, Bononia in legibus, Aurelianis in actoribus”. Ma, mentre in un’ottica eurocentrica (o addirittura italocentrica) si pensa che, a parte la Scuola medica salernitana, l’università più antica sia quella di Bologna (1088), e che a Napoli, voluto da Federico II nel 1224, sia sorto il primo ateneo pubblico, oggi, grazie al web, chiunque è in grado di sapere, in pochissimi secondi, che la prima università al mondo nasce in Marocco nell’859. A fondarla a Fez è una donna di origine tunisina, Fatima Al-Fihriya. L’università di al-Qarawiyyin, seguita nel 975 dall’Università di al-Azhar del Cairo, fu sede di formazione anche per europei, fra cui Gerberto di Aurillac, scienziato e papa dall’888 al 1003 col nome di Silvestro II, la cui cultura classica, come si legge nelle Historiae (III 47) scritte da un suo discepolo, Richerio di Reims, è già paragonabile a quella di Dante (Virgilio, Stazio, Terenzio, Giovenale, Persio, Orazio e Lucano): “Legit itaque ac docuit Maronem et Statium Terentiumque poetas, Juvenalem quoque ac Persium Horatiumque satiricos, Lucanum etiam historiographum”. Non è certo un caso che la più araba delle regioni della penisola, la Sicilia, sia proprio agli occhi di Dante, nel De vulgari eloquentia (I xii), la culla della poesia in Italia: “factum est ut quicquid nostri predecessores vulgariter protulerunt, sicilianum vocaretur”. Senza la presenza araba, documentata dalla raccolta antologica redatta da Ibn al-Qaṭṭā‘ (XII secolo), includente fra l’altro poesia d’amore (ghazal), Durra al-ḫaṭīra min šu‘arā’ al-Ğazīra (“La Perla Preziosa sui Poeti dell’Isola”), difficilmente sarebbe sorta, alla corte di Federico II, la cosiddetta Scuola siciliana.