Femminismi e storia letteraria
Di Federico Sanguineti
We Should All Be Feminists. Dovremmo essere tutti femministi: è l’opinione espressa, a chiare lettere, in una conferenza del 2014 che si può vedere su YouTube. Relatrice è Chimamanda Ngozi Adichie, meritevole di più di un premio internazionale per romanzi come Purple Hibiscus (2003) e Half of a Yellow Sun (2006), entrambi tradotti in italiano. A parere della scrittrice, nata in Nigeria, a Enugu, quinta di sei figli di due professori, la madre rettrice (a proposito, quante sono le donne in Italia a capo di una università?), il padre docente di statistica, è impossibile rinunciare a sognare un mondo giusto, dove donne e uomini, oltre a godere di maggiore felicità, siano anche nella condizione di essere più oneste e più onesti verso sé stesse e sé stessi. A riguardo, spiega la scrittrice in un libretto intitolato Dear Ijawele, or A Feminist Manifesto in Fifteen Suggestions. è necessario prima di tutto educare in modo diverso la prole. Aprendolo a caso, a pagina 38 della traduzione italiana (Cara Ijeawele ovvero quindici consigli per crescere una bambina femminista), si legge: “Ricordi la pubblicità televisiva che guardavamo a Lagos, dove un uomo fa da mangiare e sua moglie lo applaude? Il vero progresso ci sarà quando lei non applaudirà lui, ma reagirà al cibo in sé ‒ può approvare il cibo o non approvarlo, proprio come lui può fare col cibo preparato da lei, ma la cosa sessista è che lei batte le mani al fatto che lui si sia messo a cucinare, approvazione che sottintende che il far da mangiare sia un’attività prettamente femminile”. Ma il capolavoro, a mio parere, è un brevissimo intervento dal titolo The Danger of a Single Story (anch’esso accessibile su YouTube), dove si illustra il legame fra pregiudizi e stereotipi, da un lato, e la conoscenza di un’unica storia, dall’altro. Come postilla, vale la pena chiedersi che cosa accadrebbe se nelle scuole e nelle università, invece del manuale di filosofia a cui si è oggi abituati, si imponesse, per esempio in quattro tomi, una storia di sole filosofe. Un mondo alla rovescia? Sì. Ma che sia possibile farlo lo dimostra, poniamo, A History of Women Philosophers, a cura di Mary Ellen Waithe, dove, scorrendo l’indice, nel primo volume si trovano, per l’antichità (600 a.C.-500 d.C.): “Early Pythagoreans: Temistoclea, Theano, Arignote, Myia, and Damo”; “Late Pythagoreans: Aesara of Lucania, Phintys of Sparta, and Perictione I”; “Late Pythagoreans: Theano II, and Perictione II”; “Authenticating the Fragments and Letters”; “Aspasia of Miletus”; “Diotima of Mantinea”; “Julia Domna”; “Makrina”; “Hypatia of Alexandria”; “Arete, Asclepigenia, Axiothea, Cleobulina, Hipparchia, and Lasthenia”. Nel secondo (dal VI al XVII secolo): “Murasaki Shikibu”; “Hildegard of Bingen”, “Heloise”; “Herrad of Hohenbourg”; “Beatrice of Nazareth”; “Mechtild of Magdeburg”; “Hadewych of Antwerp”; “Birgitta of Sweden”; “Julian of Norwich”; “Carherine of Siena”; “Oliva Sabuco de Nantes Barrera”; “Marie le Jars de Gounay”; “Roswitha of Gandersheim, Christine Pisan, Margaret More Roper and Teresa of Avila”. Nel terzo (dal XVII al XX secolo): “Margaret Cavendish, Duchess of Newcastle”; “Kristina Wasa, Queen of Sweden”; “Anne Finch, Viscountess Conway”; “Sor Juana Inés de la Cruz”; “Damaris Cudworth Masham”; “Mary Astell”; “Catharine Trotter Cockburn”; “Gabrielle Émilie Le Tonnelier de Breteuil du Châtelet-Lomont”; “Mary Wollstonecraft”; “Clarisse Coignet”; “Antoniette Brown Blackwell”; “Julie Velten Favre”; “Women Philosophers of the Seventheenth, Eighteenth and Nineteenth Centuries”. E, infine, nel quarto (XX secolo): “Victoria, Lady Welby (1837-1912)”; “E. E. Constance Jones (1848-1922)”; “Charlotte Perkins Gilman (1860-1935)”; “Lou Salomé (1861-1937)”; “Mary Whiton Calkins (1863-1930)”; “L. Susan Stebbing (1885-1943)”; “Edith Stein (1891-1942)”; “Gerda Walther (1897-1977)”; “Ayn Rand (1905-1982)”; “Cornelia Johanna de Vogel (1905-1986)”; “Hannah Arendt (1906-1975)”; “Simone de Beauvoir (1908-1986)”; “Simone Weil (1909-1943)”; ecc. Morale della favola: anche la storia della filosofia, non solo quella della letteratura, così come viene fatta “studiare” nel sistema borghese patriarcale, è del tutto unilaterale, insomma proprio una “single story”. Si tratta con ogni evidenza, va detto senza mezzi termini, di una falsificazione vergognosa, il cui fine è ideologico (pedagogico): far credere che le donne, nel corso dei secoli, siano state ai margini, anzi estranee al pensiero. Docenti e discenti, vi prego dunque, chiudete i manuali, non per bendarvi gli occhi, ma per aprirli. E, con motore di ricerca, entrate in rete, per curiosare su ciò che le donne hanno pensato e scritto, non da oggi ma da sempre.