Colpo di scena nell’inchiesta Penna, l’ex pm insieme ad altri cinque imputati, agli arresti domiciliari dal febbraio scorso, per un giro presunto corruttivo maturato al palazzo di giustizia di Salerno. A pochi giorni dall’ inizio del processo previsto per il 15 settembre prossimo, i giudici della Cassazione hanno annullato, con rinvio al tribunale di Napoli, due ordinanze agli arresti domiciliari per due degli imputati dell’ inchiesta, l’ex generale della Guardia di Finanza Fabrizio Lisi e Francesco Vorro, dominus del consorzio di imprese Research per far compiere, entrambi, fra l’altro attività d indagine nei confronti del gruppo imprenditoriale Rainone. I magistrati della Cassazione hanno annullato le ordinanze degli arresti domiciliari con una serie di motivazioni molto circostanziate sia sul pericolo di fuga degli imputati che la partecipazione al presunto patto corruttivo che sarebbe intercorso fra l’ ex pubblico ministero Penna, e la sua compagna avvocato Gabriella Gallevi. Per l’ ex generale della Finanza, i giudici della Cassazione demoliscono tutte le motivazioni che sono alla base degli arresti domiciliari. Il tribunale “ a fronte di puntuali rilievi difensivi – scrivono i giudici della Cassazione – non avrebbe fornito alcuna spiegazione, non solo sul contributo concorsuale dell’ ex generale Lisi al fatto corruttivo, ma nemmeno dell’esistenza di detto patto, del suo contenuto, della sua composizione soggettiva, della correlazione tra le prestazioni”. Poteva mai inquinare le prove o “fuggire” un ex generale della Finanza settantenne che all’ atto della perquisizione (gennaio 2021) non solo chiese di essere immediatamente interrogato ma nei suoi confronti non ci fu un solo atto di indagine o di intercettazioni che colleghi Lisi ad altri soggetti coinvolti nell’ indagine? Ma il macigno sulla demolizione dell’ impianto accusatorio che è alla base dell’ inchiesta che ha coinvolto l’ ex pm Penna è contenuto nella motivazione di annullamento delle Sezioni Unite della Cassazione. E’ in gioco l’ accusa di un concerto di persone in ordine al presunto patto corruttivo ,che per la Cassazione non esime il giudice di merito dall’obbligo di motivare sulla prova della esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa e preparatoria del reato. Ma sopratutto osservano i giudici della Cassazione di precisare sotto quale forma si sia manifestata. In pratica il presunto giro corruttivo che sarebbe nato e cresciuto nell ufficio del pm Penna andava dimostrato nei dettagli e soprattutto andava dimostrato nella fase si ideazione, organizzazione ed esecuzione. Cioè la motivazione dell ìunitarietà del “fatto collettivo”. E’ una prospettazione “giuridicamente monca”quella che il prezzo della corruzione sarebbe costituita dalla promessa di incarichi professionale da parte del consorzio all avvocato Gallevi, compagna dell ex pm pubblco ufficiale. La motivazione in punto di adeguatezza della misura cautelare applicata “si rivela meramente apparente in quanto è fondata su apprezzamenti congetturali – scrivono i giudici – privi di specifici riferimenti alle concrete circostanze fattuali nel corso del procedimento”. Il piccone dei giudici della Cassazione viene utilizzato alla vigilia del processi che vedrà comparire un ex pm della Procura di Salerno Penna, già titolare di processi – monstre come quello dell ex colonia San Giuseppe che vide indagato l’ ex arcivescovo di Salerno Pierro.
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