di Nino Petrone
Sipario. Dalle antiche quinte del “Verdi”, per uno di quegli scherzetti che solo la Memoria sa fare, è sbucato un bel pezzo di storia che quasi sa di leggenda.. È la storia della Salerno Teatrale degli Anni ‘50-‘60, quando la città vantava ben 6 Compagnie d’Arte Drammatica ed ogni anno sistematicamente ne veniva selezionata una per il famoso Festival Nazionale di Pesaro, con puntuale plauso personale del direttore, il commediografo Alessandro de Stefani. Nessun’altra città d’Italia poteva esibire un simile prestigioso curriculum. I motivi sono tanti, ma tra i primi a propiziare il fenomeno spicca di sicuro la Signora Tina Trapassi, emiliana, insegnante di recitazione, con suo marito Rocco Schiavone regista e sua figlia Annabella attrice. Gironzolando per scuole, strade e mercati, riuscì a svegliare in tanti di noi una passione che forse era nel DNA di studenti, laureati, impiegati, operai e disoccupati. Cominciò in un grande appartamento di Corso Vittorio con lezioni fondate su tre elementi: la dizione, la recitazione con testi famosi o improvvisati e ii movimenti .Appena pronti, si passava alla direzione di scena e alla regia curate dal marito. Nacque così la “Compagnia Trapassi”. Aveva un debole per la figlia comprensibilmente, al punto da farle interpretare, bravissima ma grassoccia e non proprio bella, ”La gatta sul tetto che scotta” cara a Liz Taylor. Molto più _godibili le commedie brillanti, soprattutto francesi. Tra i membri dell’allegra brigata, il più “votato” al palcoscenico era Sandro Nisivoccia, grazie anche a Vittorio Gassman, conosciuto e frequentato quando il grande Mattatore fondatore del Teatro Popolare Italiano venne al Verdi riaperto dopo la terribile alluvione del ‘54 per rappresentare in anteprima mondiale la tragedia “Kean”, a sue spese e con incassi in beneficenza. E dunque Nisivoccia, insegnante di inglese, fondò il Teatro Popolare Salernitano rappresentando subito e più volte uno dei cavalli di battaglia di Vittorio, l’”Alfieri” di Manzoni e l’”Amleto” di Shakespeare. Bravo attore e regista il nostro, anche perché sua moglie Regina Senatore era una preziosa consigliera e, credo, la migliore attrice che Salerno abbia mai avuto. La sua preghiera alla Madonna e la descrizione dell’infanzia in “Filumena Marturano” era degne di Pupella Maggio e Regina Bianchi. Non a caso lavorò a lungo anche con Eduardo e nell’acclamata Serie tv “Un posto al sole” fino a quando non fu costretta a rinunciarvi per ragioni di salute. Con me furono entrambi molto generosi affidandomi la regìa di varie opere, tra cui “Edipo a Hiroshima” dove il Tribunale della Storia processava il pilota dell’”Enola Gay” che sganciò la prima bomba atomica su Hiroshima. Compagnia Maysse. Discreto attore, genialoide regista, anche Mario Maysse ebbe la fortuna di avere una compagna e attrice straordinaria, Linda Lambiase, lombarda di buona cultura che aveva frequentato l’Accademia Silvio D’Amico. Avrebbe potuto benissimo lavorare con Strehler o Visconti, la sua Gatta, quella sì, era un capolavoro di recitazione. Forse non lo fece per non allontanarsi dall’amato Mario. Peccato. Compagni De Ippolitis. Il regista giornalista spopolò a Pesaro con “Il Barone di Gragnano”, direttore di scena il collega gran battutista Mario Perrotta, protagonista il miglior “cavallo di razza” salernitano, eccezionale nel buffo e nel drammatico, in palcoscenico e sullo schermo. Fra l’altro, lavorò con Alberto Sordi e Monica Vitti in “Polvere di Stelle” nel ruolo di un cinico gerarca fascista che pretese una notte d’amore con Monica in cambio della liberazione di Alberto, forse arrestato proprio per questo. In questo sontuoso Barone in costumi emerse anche un divertente cammeo del collega Gino Liguori, prezioso reporter del Mattino. Compagnia Pirozzi. Insegnava alle Medie del “Tasso” , Enzo Pirozzi era un pirandelliano spinto, testi preferiti “Il berretto a sonagli” e “Pensaci Giacomino”. Esagerando un po’, sosteneva che il nostro Nobel siciliano era di gran lunga superiore a Molière Compagnia La Scacchiera. Il Circolo culturale più importante della città con prestigiosa sede in Via delle Botteghelle sfoggiava un altro genio della recitazione, Agostino Rizzo. Bastava che ti raccontasse il menù del pranzo per farti scompisciare dal ridere. I pezzi del vaudeville francese, in particolare “L’albergo del libero scambio” e “Il tacchino” inframezzate da esilaranti improvvisazioni. Davvero un fenomeno ma troppo “matto” per finire alla Corte di Gassman che tentó invano di catturarlo. “Tutto il resto è silenzio” conclude Amleto, ma qui il Principe si sbaglia di grosso anche se la grande parentesi marchigiana è chiusa da un bel L’estate salernitana è ancora allietata dal Teatro dei Barbuti fondato dal compianto Peppe Natella, artista dei presepi. All’inizio ci si sedeva sui gradini della piazzetta longobarda e tra una battuta e l’altra si godeva del profumo di caffè , pizza o ragú proveniente dai palazzi circostanti. Insomma, il teatro nel teatro, rigorosamente comico e dialettale. Ora se ne occupa la moglie, la carissima Adriana. Intanto brilla sempre il prestigioso Premio Charlot e due cine-teatri della famiglia Tortora fanno il pienone, capostipite l’eclettico vecchio amico Claudio. E infine c’è il vellutato “Verdi” con i suoi antichi dipinti, diretto con grande maestria e sede di brillanti concerti ed applaudite rappresentazioni di vario genere.Ed ha tanti abbinati da rendere difficile l’acquisto di singoli biglietti. Tutti al proscenio: la Salerno Teatrale è sempre viva. Sipario.