Persano. Parlate adesso o tacete per sempre - Le Cronache Ultimora
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Persano. Parlate adesso o tacete per sempre

Persano. Parlate adesso o tacete per sempre

di Alfonso Malangone

Il Registro Tumori della Campania venne istituito con la Legge Regionale n. 9 del 25/02/2014 per seguire l’andamento delle patologie nel quadro dell’attività svolta in ambito nazionale dalla AIRTUM, l’Associazione Italiana dei Registri, per conto dell’Istituto Superiore di Sanità. Per dare corso a tale compito, la nostra Regione è stata suddivisa in sette zone complessive, di cui tre sono relative all’area Metropolitana di Napoli e le altre quattro alle residue Province. Per i tumori infantili, invece, la rilevazione è unica per l’intero territorio. Consultando il sito, si rileva – innanzitutto – che i dati sarebbero fermi all’anno 2017, tranne che per Avellino, al 2015, e per Napoli Sud, al 2020. Ci sono le tabelle con i numeri, c’è l’incidenza per maschi/femmine, c’è il relativo tasso di mortalità e anche una previsione per il 2022, ovviamente superata, ma non c’è alcun riferimento alle singole zone, facendo salvo ogni errore. Ne segue, che l’elaborato sarebbe utilizzabile solo per un confronto globale con le altre Regioni rispetto alle quali, ad esempio, abbiamo la più alta mortalità (fonte: 24 Ore) a fronte di una aspettativa di vita di 1,3 anni inferiore (fonte: citata). All’opposto, nel Registro della Regione Emilia-Romagna, tali notizie sono presenti, con molte altre informazioni collaterali. In sostanza, da noi non sembra si possa conoscere la distribuzione delle tipologie di tumori tra i sette ambiti e tra le diverse località, non tanto per avviare un fenomeno di migrazione verso luoghi più salubri, ma almeno per favorire l’individuazione delle cause e consentire ai tecnici di porre in essere mirati interventi di risanamento. Perché, una cosa è certa: a parte siti condizionati da fenomeni naturali, come l’eccesso di radiazioni, e a parte gli stili di vita poco accorti, i tumori sono generati da situazioni complesse frutto di malsane manomissioni. Tra queste, gli incendi di materiali compositi costituiscono certamente una delle principali fonti di diffusione di sostanze cancerogene. Lo dicono gli scienziati. Ora, che in molte aree della Regione la spazzatura abbia avuto un ruolo sovrano, e lo abbia tuttora, è un fatto certo. Almeno sei milioni di tonnellate sono state stipate per decenni nell’area nord, tra Napoli e Caserta, procurando dispersioni inquinanti a danno dei cittadini e garantendo introiti sicuri a favore anche di organizzazioni devianti. Poi, altre aree si sono aggiunte, un poco dappertutto, sia scoperte che sotto capannoni colmi fino al tetto. E’ anche un fatto che molti di questi rifiuti siano stati incendiati, al punto da rendere la Campania la ‘terra dei fuochi’ per eccellenza. Nella nostra Provincia, in particolare, si sono verificati roghi, talora pesantissimi, a Pontecagnano, Battipaglia, Eboli e Polla. Che ci siano, poi, altre fonti fortemente dannose per la salute, pure è un fatto certo. Basti pensare ad alcune aree urbane, nelle quali la mobilità è da inferno dantesco, ad alcuni insediamenti industriali, ad alcuni fiumi, ad alcuni litorali. L’eccezione vale solo per zone interne, dimenticate, come si dice, da Dio e dagli uomini. Se tutto questo c’è, il Registro dei Tumori, fermo al 2017 e privo di qualsiasi riferimento spaziale, può offrire ai cittadini la stessa utilità di un frigorifero in Lapponia o di un cappotto all’equatore. Niente di più. In questi giorni, l’incendio di Persano ha aggiunto una nuova località all’elenco dell’orrore. Era un territorio felice, sebbene non privo di incursioni devianti, nel quale l’agricoltura e l’ambiente andavano a braccetto. Grazie alla presenza di sorgenti e alla realizzazione di canalizzazioni consortili, tutta la vasta fascia pianeggiante, fino al mare, è sempre stata sede di coltivazioni di qualità e di aziende della filiera di rilevanza internazionale. Tra altre, sono davvero di alto livello i caseifici collegati a grandi allevamenti bufalini. In questo contesto, la decisione di depositare a Persano spazzatura per 98.611,78 tonnellate fu davvero infelice, sebbene fossero rifiuti trattati e selezionati. Ma, certamente atroce si è dimostrata quella dei 213 container di pattume, per 6/7000 tonnellate, prima spediti da Salerno in Tunisia e poi da questa respinti per dichiarate irregolarità nella classificazione riportata nei documenti, forse contraffatti. Uno scandalo che, a suo tempo, portò all’arresto per presunto coinvolgimento del Ministro dell’Ambiente Tunisino e di alcuni alti funzionari. Che ci fosse qualcosa di losco, lo dimostrò l’incendio di altri 70 container nel capannone dove erano stati depositati. Ora, all’atto del rientro in Italia della spazzatura, qualcuno ha applicato la regola del ‘non so, non c’ero e se c’ero dormivo’. Così, ci sono voluti due anni prima di arrivare a fare il campionamento, disposto dalla Procura di Potenza, e per dare il via libera allo smaltimento. Purtroppo, la sera prima, e per tre giorni, tutto è andato in fumo. Una prima domanda è naturale: “se il pattume è stato ispezionato, cosa è stato trovato”? Avendo fatto il suo dovere, la Magistratura dovrebbe dichiarare il contenuto di quei container. E, quindi: “che si deve ancora aspettare per sapere”? In realtà, visto che c’è stato l’incendio giusto la notte prima della rimozione, forse davvero doveva esserci qualcosa di strano che, sempre forse, neppure la Magistratura avrebbe rilevato. Ma, se così fosse: “chi ha informato chi”? In definitiva, un luogo felice, baciato dalla natura, è divenuto un girone infernale nel quale i residenti si dimostrano molto preoccupati, se non disperati, al punto da chiedere la protezione delle Autorità Centrali. Anche perché la dichiarazione rilasciata dall’Arpac sui livelli di Diossine-Furani e Policlorobifenili (PGB) diffusi dall’incendio non tranquillizzano. Nel dettaglio. si legge della presenza di alcune sostanze a livelli molto più elevati dei valori-soglia applicati che, a loro volta, sarebbero meno restrittivi di altri parametri. Nulla si può dire, in merito, per manifesta incompetenza, ma l’Arpac dovrebbe spiegare, utilizzando parole semplici e chiare. Qualcosa dovrebbero dire pure gli Amministratori locali e regionali, i Magistrati, le Associazioni, i tecnici e gli studiosi. Se quei livelli sono di pericolo, se gli inquinanti si sono depositati sul granoturco, sui foraggi, sui pomodori, sulle melanzane, sulle zucchine, sulle olive, questo si deve sapere. E, si deve sapere – adesso – se c’è il rischio di contaminazione della catena alimentare. Non è possibile che, come avviene per ogni accidente, si facciano dichiarazioni, manifesti, proteste, proclami, per contestare ‘la festa’ in attesa della prossima. E, neppure è possibile che la salute dell’intera collettività sia messa a rischio volontariamente, omettendo informazioni fondamentali che, magari, saranno rese note dal Registro dei Tumori, fra chissà quanti anni, con la denuncia di punte anomale per malattie e mortalità. Chi sa, deve parlare. Non ci sono motivi, né di convenienza, né di appartenenza, tali da giustificare comportamenti assimilabili, in caso estremo, ad un omicidio premeditato. Chi, per statuto o regolamento, avesse assunto il compito di tutelare la pubblica salute, deve parlare, deve fornire i dati, deve suggerire i rimedi. Oppure deve cambiare mestiere. Solo così, potrà stare zitto per sempre. *Ali per la Città P.S.: si fa salvo ogni errore