di Nino Petrone
Scusate se mescolo il sacro con il profano, ma lo esige la storia, specie quando è ammantata dalla leggenda. In principio c’è ovviamente la nascita di San Matteo, Etiopia 70, che fino alla chiamata di Gesù fu a lungo esattore delle tasse e quando si girò diede l’ultimo sguardo alle ricchezze abbandonate : di qui la statua con due facce. Ad ucciderlo con un colpo di spada fu un soldato del Re e il suo corpo fu poi trovato sulla spiaggia di Casal Velino . Come e perché sia finito a Salerno non è noto, si dice che siano stati dei pescatori di Santa Teresa, ma il particolare non è documentato. Di sicuro la salma fu traslata subito nella cripta della Basilica Inferiore: laddove, per orgoglioso inciso, da bambino a Messa e ai Vespri io vantavo il privilegio di manovrare l’incensiere. Sintetizzando per non farne un volume enciclopedico, ricordo a me stesso che sul gonfalone della città è raffigurato in miniatura il miracolo della mancata invasione dei pirati arabi e che, tra gli altri film, il nostro poeta Alfonso Gatto interpretò il ruolo dell’Apostolo Andrea ne”Il Il Vangelo secondo Matteo”, capolavoro della cinematografia mondiale diretto da Pier Paolo Pasolini. Tra i compiti affidatiglidall’Arcivescovo Moscato (che a 8 anni mi aveva impartito Comunione e Cresima),anche la cura e la custodia della Sala San Lazzaro che ospitava i le sagome dei personaggi intagliate da Mario Carotenuto. Peppe Natella era un artista nel senso più pieno del termine: avesse fabbricato forchette in argento, queste sarebbero finite in un Muso di Parigi. Era una sorta di Cellini a tutto campo, tanto volteggiavano la passione, la manualità, la maniacale attenzione ai particolari, la fantasia e quant’altro il Signore gli aveva donato. Presepe é solo una parola, lui ne costruiva in vari materiali da enormi a piccolissimi detti “muschilli” . Capace di plasmare la creta fino a raffigurare persone, e mtanto privilegio toccò anche a ma, una statuetta in terracotta, chissà perchè con saio, cordone francescano e cassetta delle elemosine che ancora campeggia nel mio salottino. E quando gli dissi che volevo regalare una statuetta di San Benedetto al Papa che avevo conosciuto da quando era Cardinale ne compose subito una alta 25 centimetri. Grazie ad Angelo Scelzo e a Padre George il Papa la tenne sempre sulla scrivania del suo studio privato . Il segretario gli disse che mia zia Nazarena in clausura a S.Chiare in Assisi stava per compiere cento anni , Papa Benedetto xVI mi regalò un grande e ancora inedito libro dedicato a lei e con quella sua minuscola calligrafia concluse “Madre, preghi per me”. Quando con mia nipote Luisa andai a consegnarla, per poco non svennero tutt’e 52 Suore in quel momento ospitate nel Convento mentre la zia piangeva e per un attimo temetti per la sua vita. Ma poteva bastare tutto questo? Per il mitico Peppe no. E allora, eccolo correre a riparare guasti agli stucchi dorati del “Verdi” o al famoso sipario dipinto dal Caselli. Ed ecco il “Teatro dei Barbuti” nel centro dell’omonimo Rione Longobardo.Sua anche questa idea, mi commissionò un libretto dal titolo “A teatro con i Longobardi” da distribuire agli spettatori. Ne era ovviamente il costruttore, ma anche il regista, il direttore di scena, l’autore del cartellone e via così. Autori preferiti, Scarpetta, il figlio Eduardo e vari “minori che soltanto lui conosceva. Roba da Premio della famosa “Accademia Silvio D’Amico”.Gli attori potevano e dovevano arricchire i testi con battute improvvisate, manco a dirlo suggerite dalla sua raffinata ironia. All’inizio ci si sedeva sui gradini della piazze e tra una battuta ”e l’altra si godeva anche del profumo di caffé, pizza, ragù e milza provenienti dai palazzetti circostanti. Poi arrivarono le sedie ma non per questo si poteva parlare di modernità, l’atmosfera era la stessa e tra il pubblico pareva sempre che sedessero Albino, Alginulfo, Litprando , Adolfo ed altri re longobardi. E quando si rovinava qualche stucco dorato del Verdi o il celebre . Ma teatrali erano anche i pranzi allestiti dalla moglie e preziosa collaboratricel, la carissima AdrianaPagano. A San Matteo i suoi pranzi erano degni di un felliniano Trimalcione a 5 stelle, frutti di mare, mussillo, baccalà, tre tipi di pasta, capretto,dolci, tutto nel rigoroso rispetto dell’antica cucina salernitana. La milza, ovvero “‘a meveza ‘mbuttunata” non era un suggerimento, un obbligo o un suggerimento. Era un Comandamento! Senza essere essere blasfemo, tipo “Chi è Dio…” e a seguire. Oltre che a tavola nel piatto, la si doveva mangiare nel panino quando si avviava e si concludeva la lunga processione, dove San Matteo era preceduto dalle statue di S.Gregorio VII, S..Giuseppe ( la più pesante) i tre Martiri Ante Caio e Fortunato, “Le tre sorelle”.E nonostante la precedente abbuffata era ancora un delizioso ingoiare. Grazie a mia nipoteAngela e a Gianfranco Coppola io rispetto il Sacro Comandamento ancora oggi. La milza ha secolari origini giudaiche ma gli ebrei non la mangiavano, la vendevano a buon prezzo ai cristiani buongustai delle interiora. L’appartamento di Peppe e Adriano era enorme e dai suoi balconi era possibile vedere la processione da brevissima distanza. Quando passava Angelo Scelzo io lo benedivo regolarmente con le tre dita del braccio destro alzato.Capo Paranza ai miei tempi era Salvatore Orilia super tifoso granata con il quale di tanto in tanto riesco pure a chattare. Tra seduti e in piedi, nell’incessante andirivieni forse gli ospiti rasentavano il centinaio, alcuni perfetti sconosciuti, e a sera neppure un piccione avrebbe p potuto beccare qualcosa. Degli assidui ospiti cito per tutti due per tutti Nicola Fruscione e un giovane Coppola. Sempre nel nome del mai troppo compianto Peppe, ora se ne occupano la carissima e sempre carismatica Adriana e le figlie Rossella e Chiara. Applausi. Lo spettacolo continua…