Lo chef Peppe Daddio, nato a Maddaloni nel 1976, ha costruito una carriera di grande prestigio nel mondo della gastronomia italiana e internazionale. Dopo aver frequentato l’istituto alberghiero della sua città, ha iniziato a lavorare giovanissimo in ristoranti e alberghi rinomati, come il Cristallo di Cortina D’Ampezzo e il Marino, alla Scala di Milano proprietà “ Trussardi”
La sua carriera è decollata ulteriormente con esperienze all’estero, come al Badrutt’s Palace Hotel di St. Moritz in Svizzera, e in Italia, presso l’hotel Eden di Roma, insignito di una stella Michelin. Uno dei punti salienti della sua carriera è stata la collaborazione con lo chef stellato Antonello Colonna, durante la quale ha lavorato presso l’Osteria di Labico e l’Hotel Capri Palace, oltre a condurre il programma televisivo “Alice” dove ha creato 450 ricette inedite.
Peppe Daddio ha cucinato per ospiti illustri, tra cui la Regina Elisabetta, Woody Allen e Papa Francesco, per il quale ha realizzato un pranzo durante la visita del Pontefice a Napoli. La sua carriera televisiva continua con la partecipazione a Rai Uno Mattina, dove è un volto noto, e ha pubblicato diversi libri, tra cui “Salute e Bontà in cucina” scritto insieme al nutrizionista Giorgio Calabrese.
Oltre a dirigere la scuola di cucina “Dolce & Salato di Maddaloni”, è stato nominato Ambasciatore nel mondo per la Mozzarella di Bufala Campana Dop e lavora come consulente per start-up e aziende del settore alimentare. Peppe D’Addio è una figura di spicco nella gastronomia campana e italiana, con un impegno costante nell’innovazione e nella valorizzazione delle tradizioni culinarie.
Peppe hai iniziato a lavorare nel mondo della ristorazione a soli 13 anni. Quali sono le sfide più grandi che hai affrontato in giovane età e come hanno influenzato la tua carriera?
La prima grande difficoltà e stato superare il mio retaggio culturale provinciale per inserirmi nelle grandi brigate di cucina. Ma la voglia di riuscire non mi ha fatto mollare, forgiandomi il carattere con la grande mole di lavoro che prima si svolgeva in cucina.
E questo mi ha permesso di emergere e scalare la gerarchia, grazie anche a dei bravi cuochi che mi hanno insegnato la disciplina e i dettami del mestiere. Il consiglio che mi permetto di dare ai giovani, che frequentano le scuole di formazione tipo quelle di enogastronomia, direi approfittatene della vostra giovinezza e della capacità ricettiva che alberga in voi in questo momento di crescita che la scuola d’obbligo offre;
Come è nata l’idea di fondare la scuola “Dolce & Salato” e qual è la tua visione per il futuro della formazione culinaria in Italia?
L’idea di far nascere 26 anni fa una scuola di Formazione come la Dolce&Salato sboccia dal desiderio di tenersi aggiornato evitando così l’arrugginimento professionale.
Sono orgoglioso del contributo della nostra scuola, la prima al sud Italia e tra le prime nel paese, nel valorizzare la figura del cuoco. Credo che il futuro della formazione debba allinearsi meglio con il mondo del lavoro, adottando una visione più europea. Non penso che i giovani non vogliano lavorare, ma piuttosto cercano il lavoro giusto per loro. È fondamentale creare nuovi protocolli formativi che siano vantaggiosi per tutti, e uno chef deve riuscire a coniugare l’efficienza produttiva con il rispetto per i collaboratori. Infine, per cambiare davvero le cose, dobbiamo essere pronti a fare le cose diversamente.
Durante la tua carriera hai lavorato in ambienti di prestigio come il Badrutt’s Palace Hotel di St. Moritz e l’Hotel Eden di Roma. Cosa ti ha insegnato l’esperienza in contesti così esclusivi?
Ho imparato tantissimo dagli alberghi di lusso, lì ho capito che il vero lusso è la semplicità! La qualità non è solo la materia prima ed il modo di lavorarla ma anche le competenze a garantire lo standard qualitativo, elemento essenziale degli alberghi di compagnie fregiati da 5 stelle L.
L’esperienza acquisita mi è servita a comprendere il concetto di Management, dote imprescindibile per un cuoco 4.0. Il rispetto, la puntualità, l’equilibrio del piatto ed il rigore sono stati i cardini della mia formazione negli alberghi ove ho lavorato.
La collaborazione con Chef Antonello Colonna ha segnato un momento importante nella tua carriera.
Collaborare Con lo Chef Colonna per me ha determinato la rottura di un paradigma, debbo confermare che mi sdoganato da concetti convenzionali ad un modo più autentico nel vedere il mondo del cibo che ruota intorno alla cucina e non la cucina intorno al cibo! Mi sento davvero fiero di aver affiancato il Maestro nelle attività consulenziali e non, insieme abbiamo realizzato progetti importanti che ancora oggi il settore ricorda.
Credo di aver appreso la capacità relazionale che risulta fondamentale per un cuoco contemporaneo e la grammatica dei sapori che crea il giusto dialogo tra mente e palato.
Hai partecipato a eventi di grande rilievo come il pranzo per la Regina Elisabetta e il Papa. Come ti prepari per occasioni così straordinarie e qual è stata l’esperienza più memorabile?
I grandi eventi segnano anche la vita di un cuoco, mi sento orgoglioso di aver cucinato per il Papa e per i Reali senza mai perdere il contatto con la realtà quotidiana.
Ricordo con ansia i protocolli della Regina Elisabetta che richiedeva un servizio del tutto attenzionato nei minimi dettagli ma poi alla fine anche la Regina ha mangiato con gusto utilizzando le mani per alcuni volatili.
Papa Francesco invece è l’emblema della semplicità e della cucina di tutti i giorni.
Come si è evoluto il tuo approccio alla cucina nel corso degli anni, soprattutto dopo l’apertura della “Locanda Delle Trame” a San Leucio di Caserta?
La cucina ha subito una forte evoluzione insieme all’avventore, spesso accade che l’ospite ne sa più di chi propone il piatto. Certo il cambiamento cè stato ed è evidente nell’approccio della nuova offerta ristorativa e design dei locali che oggi vediamo sulle città più in voga.
Mi permetto di dire forse manca una ristorazione più autentica che vanta il territorio, la tradizione ed i piatti tipici soprattutto in luoghi a vocazione turistica. Le contaminazioni sono un perfetto volano per innovare la tradizione ma temo che sovrasti sulle nostre eccellenze.
Il tuo libro “Ricett’iSs” è stato riconosciuto come miglior libro di chef italiani del 2010.
Ricett’Iss è un lavoro editoriale che mi ha dato la possibilità di raccogliere le mie ricette e racconti che rappresentano la mia identità ai fornelli. L’unicità di Ricett’Iss è legata alla replicabilità ed alla selezione di ricette semplici, con tecniche da cuoco ma allo stesso tempo mai banali. Qual è il messaggio principale che cerchi di trasmettere ai tuoi studenti e al pubblico?
Il mantra che suggerisco ai giovani: è il cammino che ti forma no la meta, la formazione è la strada maestra ed un percorso d’obbligo. Bisogna pensare al lavoro non al successo. Il successo sensa sacrificio è effimero.
LA RICETTA DELLO CHEF
Astice e cavolfiore
Ingredienti per 20 persone:
“per l’astice”
Astice n° 10 pz. Da gr. 400-550 cadauno
Acqua lt. 10
Mazzetto aromatico n° 1 (sedano, carota, cipolla, gambi di prezzemolo)
Sale q.b.
Vino bianco gr. 50
“per il cavolfiore”
Cavolfiore n° 1 pz.
Olio evo q.b.
Erbetta cipollina q.b.
Sale e pepe q.b.
“per la guarnizione”
Cipolla rossa gr. 250
Pomodorini gialli e rossi gr. 300
Salsa citronette gr. 100
Erbette fresche q.b.
Germogli di sakura mix q.b.
Procedimento:
per l’astice, portare ad ebollizione l’acqua e gli aromi. Calare il crostaceo nel liquido in ebollizione e cuocere per 7 minuti. Raffreddare immediatamente in acqua e ghiaccio per bloccare la cottura.
Sezionare l’astice e tenerlo da parte. Aprire le chele, i braccetti e recuperare la polpa.
Cuocere il cavolfiore a vapore, frullarlo con olio evo, sale e pepe.
Servire il piatto con una virgola di cavolfiore cremoso, i pomodorini freschi gialli e rossi, la cipolla rossa tagliata finemente a julienne.
Irrorare con la salsa citronette.
Servire il piatto con i germogli freschi.
Raffaella D’Andrea