Stiamo lavorando per individuare le opportune soluzioni con l’obiettivo di predisporre una riforma del sistema pensionistico rendendolo più equo per tutti. Occorre quindi armonizzare umanità e sostenibilità finanziaria. Due temi complessi che devono andare di pari passo”. Queste le parole di Alessandro Amitrano, deputato del M5s e segretario dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati, nel corso del webinar “Il miraggio della pensione, un riordino è d’obbligo fra le mille opzioni di un sistema caotico” promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca. “L’anticipo pensionistico non penalizzerebbe i lavoratori che avranno la parte retributiva a 67 anni ma occorre pensare anche a tutti quei giovani lavoratori che andranno in pensione tra qualche decennio. Queste nuove leve – ha proseguito Amitrano – hanno come unico sistema quello contributivo, le loro carriere sono instabili, intermittenti, precarie. Entrano nel mondo del lavoro tardi rispetto ai genitori. A loro occorre dare una garanzia. Da qui la nostra proposta di prevedere una pensione di cittadinanza, una soglia di 780 euro al di sotto della quale non si considera una pensione come dignitosa. Inoltre, basterebbe permettere il riscatto gratuito degli anni di laurea per dare un incentivo a tutti coloro che impiegano negli studi più tempo e tutelarli per l’ingresso tradivo nel mondo del lavoro”. Dare certezza ai lavoratori è la priorità evidenziata da Dario Damiani (senatore di Forza Italia e componente della Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori della previdenza): “Siamo tutti d’accordo sulla necessità di dare certezza all’intero sistema pensionistico per renderlo più stabile. Cambiare la disciplina in corso d’opera, come accaduto negli ultimi venti anni, mette in difficoltà i lavoratori. Serve un complesso di norme che sia in grado di superare i vecchi sistemi di ‘Quota 100’ e ‘Quota 102’. Dal punto di vista della sostenibilità dobbiamo perseguire un sistema più forte e strutturato attraverso un’attenta politica attiva del lavoro, perché il sistema si deve sostenere in maniera circolare. Tra entrate e uscite serve riequilibrio con politiche occupazionali adeguate, riducendo il costo del lavoro per bilanciare i quadri economici. Non è più rimandabile una riforma delle pensioni ma prima viene quella del mercato del lavoro. Se non si assume è difficile che il sistema regga. In Italia abbiamo forti differenze tra Nord e Sud che dobbiamo ridurre incentivando, ad esempio, la flessibilità nel lavoro, procedendo alla revisione di sistemi come il ‘reddito di cittadinanza’ che mette in crisi il sistema del lavoro”. La necessità di una programmazione nuova è stata messa in evidenza da Rosa Menga (deputata di Europa Verde in Commissione Lavoro a Montecitorio) “E’ assolutamente necessario un riordino del sistema per dare certezze ai lavoratori che si affacciano alla pensione e che hanno necessità di programmare il loro futuro. Misure spot che assecondano le esigenze politiche senza alcuna prospettiva non aiutano. Quota 102 non può rappresentare una certezza, è un’altra misura a termine che ne segue un’altra altrettanto a termine come è stata ‘Quota 100’. Agli italiani occorrono misure stabili ed eque, tenendo presente che i costi del sistema saranno sempre più a carico dei giovani. Un sistema pensionistico equo e solidale eviterà il conflitto generazionale, già in atto, a causa di interessi divergenti. Il Governo deve intervenire per raggiungere equità e prospettive con orizzonti di lungo termine. Non credo che il problema di mancanza di manodopera abbia origine dal reddito di cittadinanza. Il problema vero va cercato nella mancata introduzione di norme sul salario minimo orario. Se 21 stati membri su 27 hanno previsto salario minimo sarebbe il momento di provvedere anche qui”. Secondo Renzo Tondo (parlamentare di Noi con l’Italia in Commissione bicamerale di controllo sulle attività degli enti previdenziali): “E’ evidente che bisogna attivarsi ma non darei giudizio negativo su quanto fatto finora. Se mediamente si è intervenuti ogni due anni sulle pensioni una ragione ci sarà. Negli ultimi venti anni abbiamo assistito a tanti cambiamenti del mercato del lavoro, con lavori sempre più poveri e precari. Con numerose interruzioni nei versamenti sempre più bassi. Le nuove generazioni hanno continuità lavorativa sempre minore. Per questo il primo intervento va fatto sulla riduzione del costo del lavoro. Stiamo attenti a parlare di una riforma generale che rischierebbe di creare più ingiustizie di quante se ne vogliono risolvere. La Pensione di cittadinanza sarebbe un errore. Dobbiamo arrivare alla separazione tra previdenza e assistenza, che è alla base del caos legislativo procurato sommando provvedimenti di natura diversa. Se continuiamo a mischiarli non ne usciamo più. Non dobbiamo produrre norme senza avere chiari gli obiettivi. Dobbiamo pensare prima a chi produce lavoro e poi al sistema pensionistico. Creare posti di lavoro è l’obiettivo”. Il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Pasqua Borracci, commercialista e revisore legale dell’Odcec di Bari: “La discontinuità lavorativa progressiva determina ritardi sempre più pesanti per l’accesso a una pensione dignitosa. Senza impieghi stabili parliamo di un traguardo quasi impossibile. A fine anno scadrà Quota 102 e, in assenza di riforme, si tornerà alla legge Fornero. E’ evidente che bisogna procedere speditamente verso soluzioni che vadano nella direzione di una maggiore equità sociale, tenendo ben presenti le esigenze di cassa dello Stato”. Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni (consigliere d’amministrazione della Cnpr): “Il tema della riforma delle pensioni è tradizionalmente caratterizzato da un’obiettiva complessità. Una sciarada tra quota 102, opzione donna, finestre di uscita, lavori usuranti, aspetti retributivi e contributivi, che ne fanno un ginepraio. Bisogna evitare che il pensionamento si trasformi in una sciarada da ‘Settimana Enigmistica’. Le riforme da Dini a Fornero hanno pensato alla sostenibilità del sistema. Ma a quale prezzo? Da un lato serve semplificare, ma d’altra parte occorre preservare le prestazioni possibili evitando che diventino un peso insostenibile per la società. Le pensioni sono una componente importante in un Paese con un’età media elevata come il nostro. Sono anche influenzate in parte dal tema del lavoro. Il lavoro si incentiva con lo sviluppo non con le leggi. Pensare a ulteriori norme non è la soluzione. Piuttosto bisogna pensare a misure di sviluppo per incentivare l’occupazione”.
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