di Donato D’Aiuto*
Solitamente, nel settore privato, funziona così: un imprenditore fa una stima della sua disponibilità ed in base a questa valuta gli investimenti da poter fare. Nel caso in cui non riuscisse a sopportare da solo tutto il peso economico, potrebbe ricorrere al sistema bancario, salvo poi – ovviamente – restituire nel corso degli anni tutto quanto ricevuto (e anche di più). Cosa succede, invece, nel settore pubblico? Cosa succede con specifico riferimento a Salerno? Senza volersi calare troppo nei dettagli di scelte politiche più o meno recenti per evitare di occupare troppe pagine del giornale, limitiamoci a riportare un numero: 169 milioni di euro. È questa l’entità del disavanzo per cui l’assessore al bilancio Paola Adinolfi ha prodotto un piano di rientro.
Veniamo al “come”.
La proposta dell’assessore Adinolfi, non riuscendo il Comune ad alienare alcuni beni del suo patrimonio immobiliare, è quella di incrementare l’addizionale comunale IRPEF dello 0,9% nel 2023, dell’1,1% nel 2024 e 2025 e dello 0,9% nel 2026.
Dunque, a pagare sono i cittadini. Ma è bene che si sappia. Almeno questo. Così come è bene che si sappia che nel 2021 Salerno è stata tra le prime dieci città in Italia con la TARI più alta. Una media di euro 455,49 a fronte della media nazionale di euro 309,14. Siamo alla fine del 2022, anno devastante per famiglie ed imprese a causa dei danni economici prodotti prima dalla pandemia da Covid-19 e poi dalla guerra in Ucraina. Siamo alla fine del 2022 e le cose che – mi auguro – possa portare il nuovo anno siano l’oculatezza e la lungimiranza. Le scelte fatte oggi ricadranno – sempre – sul domani. Basterebbero meno proclami, meno lustrini e paillettes, meno investimenti straordinari che gettano solo fumo negli occhi. Basterebbe, invece, solo rendersi conto dei bisogni dei cittadini, avvicinarsi a loro ed investire con sapienza le risorse pubbliche.
Segretario cittadino
Azione Salerno