Alle famose frappe laziali, il patron Vincenzo rilancia con i “bocconcini” alla crema Chantilly e le celebrate castagnole con uva sultanina e vari aromi dall’alchermes al limone
Di Olga Chieffi
Carnevale è uno di quei momenti dell’anno pieno di colore e di allegria, lo stesso periodo in cui, passando dalle pasticcerie e dai panifici, si rimane catturati dal profumo delle prelibatezze dolci tipiche di questa festa, castagnole, chiacchiere, ciambelle sono ricette diffuse in tutta Italia. Ricordiamo, Lorenzo de’ Medici, introdotto come spettatore della sua celebre “canzone dei confortini” o bericuocoli i pasticcini che le maschere offrono, cantando, alle Madonne fiorentine spettatrici. “Berricuocoli, donne, e confortini! se ne volete, i nostri son de’ fini. Non bisogna insegnar come si fanno, ch’è tempo perso, e ’l tempo è pur gran danno; e chi lo perde, come molte fanno, convien che facci poi de’ pentolini. Quando ’gli è ’l tempo vostro, fate fatti, e non pensate a impedimenti o imbratti: chi non ha il modo, dal vicin l’accatti; e’ preston l’un all’altro i buon’ vicini.”Molti dolci sono lievitati, altri no, ma qui al meridione sono quasi tutti sono fritti, perché il Carnevale resta la festa della trasgressione, del travestimento, del canto, del double entendre, espressioni dello spirito pagano, per il quale, allo stesso modo in cui il seme che sta “al di sotto” deve venire fuori, “al di sopra”, alla luce, tutto ciò che è inferiore diventa temporaneamente superiore, ovvero, il momento della sovversione rituale, della degradazione temporanea dei “potentes”, della prescritta esplosione degli istinti. La tradizione dei dolci di carnevale è molto ricca e per avere lumi su di essa abbiamo varcato la soglia della storica Pasticceria Bassano, che insiste sul corso Giuseppe Garibaldi di Salerno. Sulla soglia ci ha accolto il patron Vincenzo, erede dei segreti del padre Raffaele, il quale nel 1947 fondò l’azienda di famiglia con la Signora Maria in via Dogana Vecchia nel centro storico di Salerno. Poi il cambio di sede nel 1960. “Da sessant’anni che festeggerò quest’anno – ha rivelato Vincenzo – non ho inteso cambiare gli arredi degli spazi. L’arte dolciaria è fatta di tradizione e noi l’omaggiamo anche attraverso il ricordo e la denuncia del tempo.”. Esiste un legame stretto tra il pensiero filosofico dell’esistenza e della ragione umane e il sapere del progettare-costruire, entrambe hanno un comune, e fondamentale riferimento, lo spazio. Noi uomini della fine ereditiamo il concetto di spazio come extensio, con esso Cartesio pensava lo spazio quale pienezza e continuità della materia e quindi quale medium del movimento, del tendere avanti a sé, quale sinonimo dell’amplificazione. E’ giusto questa l’essenza della scelta di Vincenzo. La pasticceria rappresenta quel tòpos, il dove, che, localizzando, determina una cosa come cosa-per-l’uomo, che diventa condizione dell’esistenza, punto di riferimento dell’esperienza, che consente la progettualità e l’attuazione, assumendo la caratteristica comunicativa o sociale di “luogo familiare”, mentre la familiarità del luogo ha assunto il tratto di condizione necessaria di ogni progettualità, il segno, che diventa di-segno, archè, principio. “Così la tradizione continua con Mario che è a capo del laboratorio, e i pasticcieri storici, Mimmo Sabato, Vincenzo Florio ai quali si è aggiunto Mario Aloisi. Al banco vendita, invece si alternano Rossella Ventre e Loredana Forte”. La pasticceria Bassano è nota per il suo millefoglie profumato e fragrante, il cioccolato insuperabile e fluido dei profiteroles, con il suo segreto fatto di rum, i semifreddi, gli apollini. Stavolta però, la festa è in corso e in preparazione ci sono i dolci del carnevale. “Le più richieste naturalmente sono le chiacchiere – afferma col suo dire affettuoso Vincenzo – Si cucinavano già all’epoca romana nel periodo di quaresima, la tradizione le ha poi portate fino ai giorni nostri e di regione in regione cambiano il loro nome ma la bontà rimane ovunque la stessa, un impasto di uova, zucchero e farina fritto e spolverato di zucchero a velo. Le radici di questi dolci, così come i tanti nomi, risalgono all’Impero Romano, nel cui periodo si segnala già la presenza dei frictilia, un impasto realizzato con farina e uova, modellato poi in striscette con i bordi seghettati e immerso nello strutto primo di essere fritto. Veniva consumato per lo più in inverno, proprio per la sua caratteristica di fornire calore ai commensali, ma anche perché era in questo periodo che vi erano importanti feste pagane, quali i Saturnali. Apicio, uno dei più raffinati buongustai dei tempi antichi, descrive così la preparazione delle chiacchiere nel suo “De re coquinaria”: “Frittelle a base di uova e farina di farro tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele”. Noi qui al Sud le avviciniamo al sanguinaccio che originariamente veniva preparato con il sangue di maiale, e oggi giorno bisogna accontentarsi della versione preparata con il cioccolato fondente e profumata di cannella”. “Alle chiacchiere seguono le castagnole, delle “praline” di bontà zuccherate che hanno origini abbastanza antiche. Le prime testimonianze risalgono al 1692, attraverso le ricette di Latini, cuoco della casa reale Angioina, dunque anche partenopea, e le ritroviamo anche con il Nascia, nel 1648, il cuoco della Casa dei Farnese. Un altro manoscritto dove viene menzionato questo gustoso sfizio risale al ‘700 e trovato da Italo Arieti negli Archivi di Stato della città di Viterbo per poi giungere ai più moderni ricettari ottocenteschi. Un impasto di farina, uova e burro, rigorosamente fritto, che io arricchisco con uva sultanina e vari aromi, ad esempio l’alchermes, con cui acquisiscono quel colore rosato o il limone. La nostra specialità sono i “bocconcini” ripieni con crema chantilly e oso dire che la nostra è una signora crema chantilly!”. Invenzione, creatività, tradizione da settantatrè anni, la pasticceria Bassano, un modo per fare i conti col proprio passato per continuare ad essere il sogno di se stessi.