di Olga Chieffi
Paolo Isotta, il “borbonico”, l’intellettuale napoletano, che parlava la “sua” lingua in pubblico e il francese con gli amici, la penna al veleno dall’ inconfondibile stile ciceroniano, con cui ha costruito le sue indimenticabili stroncature come esaltanti e altisonanti panegirici, sua l’arte della recensione, che nasce dagli studi infiniti di musica, lettere, arte, dal continuo dialogare con il bello, è finito solo, nella sua antica casa, di Corso Vittorio Emanuele, a getto sul Golfo di Napoli. Rivelò, che il Paolo Isotta critico, narratore, musicologo, dalla battuta sferzante, fosse nato nella sterminata biblioteca di famiglia, tra le lettere, la giurisprudenza, il magistero pianistico di Vincenzo Vitale, quello di composizione di Renato Parodi e Renato Dionisi, studi che lo portarono anche a tentare l’insegnamento di storia della musica nei conservatori, per poi lasciarlo “per progressiva intolleranza verso gli allievi attuali”.
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