Antonio Manzo
“Ma dove è successo? A Vallo della Lucania? Lì sono capaci di tutto”. Replica così, tra l’afflitto e l’incredulo, l’alto magistrato al parente mentre legge i documenti della donna di Camerota alla quale hanno venduto la casa all’asta. Tutto possibile per una procedura esecutiva se non fosse per un caso clamoroso di malagiustizia italiana: paga il mutuo alla banca, e tre mesi dopo il delegato del giudice consegna l’abitazione di Camerota ad un imprenditore napoletano che se l’è aggiudicata all’asta. La donna, Anna Maria Vitale, all’epoca a 67 anni, ammalata, si ritrova senza casa nonostante avesse versato 80 mila euro agli sportelli della Banca Nazionale del Lavoro. E’ il 29 di febbraio 2016 e la banca fornisce l’atto di rinuncia, il figlio consegna al professionista delegato del fallimento, dott. Luigi Pepe che lo rassicura che tutto sarebbe stato chiarito e definito. Ma il commercialista Luigi Pepe di Torchiara, tesoriere dell’Assocrisi di Torchiara già presente in altre vicende fallimentari di Vallo della Lucania, comunica di volere procedere speditamente alla vendita all’asta. Tanto che il 26 marzo 2015, il giudice del tribunale di Vallo della Lucania, Alessandra Lulli, conferisce incarico all’architetto Maurizio Cocilova con studio in Padula, di periziare l’abitazione per procedere poi alla vendita. Tempo record: la vendita del bene viene fissata il 3 marzo 2016 presso lo studio di Torchiara. La casa di Marina di Camerota della signora Anna Maria Vitale viene venduta all’asta, nonostante fosse stato già pagato il mutuo contratto alla Bnl. Il tribunale di Vallo della Lucania emette decreto di trasferimento del bene a favore di Umberto Brandi, imprenditore napoletano titolare di un’ autofficina in via Giulio Cesare. Alla signora Anna Maria Vitale non resta che lasciare la sua ex casa in ambulanza essendo gravemente ammalata. “In data 9 marzo 2005, mia madre acquista la sua prima casa, contraendo mutuo con la Bnl di Salerno per un importo di 120.000,00 euro. Dopo 10 anni di pagamenti regolari, mia madre inizia ad avere ritardi nei pagamenti, a causa di un brutto male”. Ricorda la storia con comprendibile dolore, il figlio Tommaso Pezzuti: “A tutt’oggi a nulla sono valse le mie difese presso il tribunale di Vallo della Lucania”. Neppure l’alto magistrato che preferiamo conservare nell’anonimato sa che pesci prendere e che consigli dare. Se lui protesta potrebbe essere accusato di procedimento disciplinare al Csm, in tempi nei quali la Giustizia procede con la retromarcia. Potrebbe essere scambiato per uno degli ultimi parenti di Luca Palamara ed accusato di presunti interessi privati in atti di malufficio. La storia è davvero drammatica a leggere il dossier del figlio Tommaso Pezzuti che a palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura, non leggerebbero neppure perché impegnati a difendersi nella campagna elettorale per il referendum sulla separazione delle carriere. Resterà agli atti della malagiustizia italiana la storia di Anna Maria Vitale che mai ad immaginare che un giorno quella casa di 140 metri quadrati sarebbe stata messa in vendita per 91.650 euro. “E senza che il professionista delegato alla vendita avesse comunicato a mia madre il bando di gara”. A lei fu tutto comunicato quando a bordo di un’ambulanza dovette lasciare la sua casa perché venduta all’asta. Una storia emblematica e dolorosa di malagiustizia, raccontata nei giorni del referendum. A Palazzo dei Marescialli, sede del Csm, non apriranno neppure il dossier pensando che si tratti di volantini stampati contro i giudici. A Vallo della Lucania, dove neppure Cristo si fermò ma la magistratura sì per indagare anche sugli affari dei fallimenti pilotati.





