di Vito Pinto
Cento anni fa, il 14 marzo 1923, giungeva per la prima volta in Italia l’olandese Maurits Cornelis Escher, definito pittore matematico, costruttore di geometrie e di mondi paradossali, alla continua esplorazione dell’infinito. L’artista giunge alla stazione ferroviaria che da sempre porta l’indicazione Vietri- Amalfi per proseguire, con carrozza a cavalli, verso Ravello, prendendo alloggio all’albergo Toro, «dove – annota nel libro degli ospiti – la natura dà refrigerio a chi il sangue nederlandese scorre nelle vene oramai solo a fatica per la contaminazione con macchie fredde ed estranee».
Un anniversario che è passato sotto silenzio, pur essendo stato, Escher, il grafico della Costiera Amalfitana, per la quale «seppe evocare la magia dei mondi impossibili».
Una dimenticanza cui hanno posto rimedio otto giovani campani, di cui quattro vietresi, che hanno voluto omaggiare l’artista olandese con la mostra intitolata “Otto teste”, «citando il titolo di una seminale xilografia di Escher del 1920 – scrive Enzo Biffi Gentili in testo critico del gradevole catalogo – con profili intrecciati di uomini donne e demoni. Tutti i partecipanti sono interessati a ricerche decorative storiche geometriche, a riduzioni cromatiche o ai più alti esiti della grafica, dell’illustrazione e della “non(a)arte” del fumetto». Una mostra che si inaugura il 28 dicembre, ore 19, presso l’aula dell’Arciconfraternita della SS. Annunziata e del SS. Rosario di Vietri sul Mare. Ad accompagnare il vernissage sarà una performance di musica ambiente a cura di Luca D’Ambrosio e Davide Famularo i quali, mediante l’uso di strumentazione analogica, creeranno una cornice sonora che inviterà gli spettatori ad immergersi nel tributo ad Escher.
In quel 1923 l’olandese giunse in Costiera Amalfitana per la prima volta e vi restò tre mesi durante i quali, nello splendido giardino dell’Hotel Toro, incontrò Giulietta Umiker detta Jetta, giovane figlia di uno svizzero, direttore di una filanda, anch’ella pittrice, in vacanza con i genitori. Per il giovane artista venticinquenne, che da poco aveva terminato studi di architettura, arti decorative e grafica ad Haarlem, fu subito amore, tant’è che la sposò l’anno successivo nel Municipio di Viareggio, prendendo, poi, casa a Roma.
Una mostra di grafiche, questa degli otto giovani artisti, che si rifà non solo a quelle complicate architetture che Escher aveva creato osservando i luoghi della Costiera Amalfitana, ma è anche una lode a quel romanticismo che pervade le nostre contrade e che aveva caratterizzato la vita dell’artista olandese nei confronti della dolce moglie.
E’, infatti, una “riflessione un po’ romantica” di un ritratto di Jetta, realizzato da Escher nel 1925, da cui “preleva il particolare di una mano che regge un fiore”, l’omaggio che Elisabetta D’Arienzo, curatrice con Lucia Carpentieri della mostra, fa nella sua grafica per Escher. Mentre la Carpentieri si rifà ad un personaggio più vicino a Vietri, Sophia von Stolk, col marito amica di Escher, protagonista della ceramica vietrese in quel periodo mitteleuropeo così intenso di emozioni culturali.
Gli anni che Escher trascorre in Costiera Amalfitana sono densi di produzioni grafiche, che mostrano anche una trasformazione graduale del segno pittorico, della raffigurazione. Tutto viene costruito proprio come quei macèri che da secoli “intagliano” una costiera “montuosamente marina”, direbbe Francesco D’Episcopo, come quei paesi percorsi da mille scalinate, avvolgentesi verso l’alto, a ritaglio di spazio vitale. Ma «qual è quel turista che, dopo aver gironzolato per le cittadine amalfitane, può ancora dimenticare le scale? Quelle scale che sembrano non aver mai fine, quelle viuzze con tutte quelle centinaia di scalini, quel su e giù per il labirinto di scale sotto, sopra e lungo le case ammucchiate le uno sulle altre?». Ambientazioni ben note agli otto giovani di oggi, i quali a quelle raffigurazioni, a quelle sensazioni cui l’artista olandese si ispirò fanno riferimento nell’arduo, ma ben riuscito compito di ricordare i luoghi che per Escher furono momento di grandi emozioni e di intenso lavoro. Ravello, la sottostante Atrani, Amalfi e persino Positano furono visitati da Escher e da lui riportati in minuziose grafiche, quasi appunti di viaggio.
L’olandese riflessivo aveva un osservatorio privilegiato: Ravello. Da lassù Atrani e la costa, con i suoi innumeri terrazzamenti, colpirono non solo l’immaginazione, ma soprattutto la sensibilità artistica di Escher che non poté sottrarsi al fascino di quelle case squadrate, di quei macèri agricoli a geometrie perfette, forse in attesa, da secoli, del pittore olandese. Un panorama che ben concretizza quel fenomeno chiamato “strange loop”, il salire una scala e ritrovarsi ai piedi di essa, girare per luoghi gerarchici e scoprire di essere, inaspettatamente, al punto di partenza; fenomeno che Escher ha disegnato e Wagner ha messo in musica. Teorie che vengono riprese da Federica Crispo, una rappresentazione che può sembrare un po’ “semplice” del paesaggio costiero, mentre «invece – scrive Biffi Gentili – propone una sorta di pittura analitica, tecnicamente virtuosa». E tra le “otto teste” non potevano mancare i grafici: ce ne sono due, Roberto Lenza, che si rifà ad una geometria labirintica a scoperta di un Escher psicologico, e Salvatore Liberti più propenso a quella metamorfosi che il maestro olandese riportò nell’ampio lavoro a terminale di Torre di Atrani protesa su una immaginaria (o immaginifica) scacchiera.
Anche Vincenzo Consalvo, ceramista, è affascinato «da una poetica della caduta, in un mare di percezioni brulicante di pesci bianchi e neri, dagli antenati remoti escheriani e più prossimi vietresi, come quelli di Lucio Liguori». La tatuatrice Giuliana Rovello trasforma le “Otto teste” in “Otto bestie”, «in animali lunari come quell’ibrido coniglio-avicolo proposto come caso di illusione ottica da Joseph Jastrow».
A chiudere la serie è Mirkò che si rifà ad un ambiente sotterraneo, regno di Ade, «che graficamente – ricorda Biffi Gentili – torna a essere un labirinto in cui si aggirano gli otto giovani artieri che ne dovrebbero uscire».
A chiusura del testo, il critico e storico piemontese ricorda che «questa mostra-festa n’est qu’un début di un progetto che in Costiera continuerà». D’altra parte ci sono tutti gli elementi cui giovani artisti possono indirizzare le loro osservazioni e realizzazioni di progetti: le emozioni d’arte cui ci hanno abituato la ceramica di Vietri sul Mare e le produzioni dei vari artisti e scrittori, sono parte integrante di una quotidianità inserita in un ambiente in cui, ricordava Domenico Rea, «nel giorno della creazione Dio non ha dimenticato un solo particolare».
Non a caso Willem van der Ham scrittore olandese, ricercatore e sviluppatore di progetti storici e paesaggistici, parlando del suo connazionale, ricordava: «Il paradiso terrestre, ciò che di più si avvicina al suo senso di infinità, Escher lo scoprì nel Sud d’Italia e soprattutto sulla Costa Amalfitana».
In pratica Escher, attraverso il suo amore per i paesaggi italiani e soprattutto della Costiera Amalfitana, esplorò, con ottimi risultati, quell’infinito che aveva sempre ricercato.