Una riflessione merita la materia relativa alla riscossione coattiva da parte degli Enti Locali per violazioni al codice della strada ed amministrative in genere ( es. violazione di regolamenti comunali), benche tale potestà è estesa a tutte le entrate patrimoniali incluse quelle derivanti dai tributi locali. L’attività è disciplinata da leggi speciali le quali consentono un percorso diversificato rispetto alle ordinarie modalità di recupero del credito ( quale potrebbe essere ad es. il decreto ingiuntivo). Infatti, il relativo procedimento ( speciale) si connota per celerità, avendo la finalità di favorire la soddisfazione dei crediti degli enti pubblici e, indefinitiva, il buon andamento della P.A.
Le fonti della riscossione coattiva si rinvengono nel Decreto Legislativo n. 446 del 1997 il quale consente il ricorso alla c.d. ingiunzione fiscale che è uno strumento disciplinato dal Regio Decreto n. 639 del 1910 ed avviene senza il ricorso alla formazione del ruolo. Può essere emessa dal competente ufficio dell’ente creditore, ma anche attraverso il ricorso a soggetti privati abilitati, inclusi nel relativo albo presso il Mef (art. 52 comma 5 lett b) – 54 DLGS 446/97), di qui la nozione di ingiunzione fiscale rafforzata, sulla base delle disposizioni del titolo II del D.P.R. n. 602/73, in quanto applicabili.
L’ambito soggettivo è però limitato agli enti locali di cui all’art 2 del D.l.vo n. 267/2000, benchè al riguardo sono insorte non poche questioni. Alternativamente, il recupero può avvenire attraverso la riscossione prevista D.P.R. n. 602/1973, la quale prevede la formazione del ruolo, la successiva apposizione del visto di esecutorietà e l’emissione di cartella di pagamento da parte dell’Agente della Riscossione ( ADR), soggetto “esterno” alla struttura amministrativa. Fatta la doverosa e sintetica premessa, escludendo la riscossione ad oggetto i crediti fiscali per ovvi motivi di giurisdizione, è di particolare interesse l’aspetto relativo alla opposizione alla ingiunzione, non di rado generatrice di incertezze quanto alla sua proposizione, quindi: alla forma della domanda; al termine entro cui opporsi; al giudice competente.
L’opposizione ex RD n. 639/1910 è soggetta alle regole del rito ordinario di cognizione, in quanto disciplinata dall’art. 32 del d.lgs. n. 150 del 2011, ciò comporta, conseguentemente, l’assenza di un termine per la sua proposizione, frutto della modifica apportata dal d.lgs. n. 150 del 2011 al disposto dell’art. 3 del r.d. n. 639 del 1910 (il quale, nella originaria formulazione, fissava un termine di trenta giorni dalla notifica dell’ingiunzione).
E’ quindi estranea ad essa la materia della opposizione ex art 615 cpc che, pure affidata al rito ordinario, porta con sé il vincolo della competenza per territorio inderogabile ( v. art 27 cpc – art 408 cpc). L’ingiunzione fiscale di cui si dice, in effetti condensa in sé titolo esecutivo e precetto (SS.UU. n. 11992/2009) in un contesto di favore per l’ente creditore che forma il titolo, sebbene, come di seguito si dirà, col contrappeso della possibile opposizione ad essa. Venendo all’oggetto della decisione, esso non si esaurisce nella verifica della validità formale dell’ingiunzione – il cui suo contenuto necessario è quello tipico dell’atto amministrativo, quindi sottoscrizione, motivazione ex art 2 L. 241/90, ma anche il visto da parte del funzionario designato ( art 52 D.l.vo n. 446/97) – ma è esteso al merito, all’accertamento, quindi, sull’esistenza e sull’entità del credito portato dal provvedimento, secondo l’ordinario riparto dell’onere probatorio ( 2697 cc) a carico del creditore ( attore sostanziale).
Occorrerà fare alcune precisazioni: il giudice competente va individuato con riguardo all’ente impositore, ovvero all’ente locale concedente nel caso di atto emesso dal concessionario (giudice nel cui circondario rientra tale ente). Occorrerà però diversamente ragionare per il caso di opposizione c.d. recuperatoria, riguardante l’ipotesi in cui la parte non intende negare l’esistenza o legittimità della pretesa creditoria ma la corretta formazione del titolo esecutivo posto a base dell’ingiunzione. In questo caso l’opponente non nega l’esistenza o la legittimità della pretesa creditoria, bensì contesta la corretta formazione del titolo esecutivo, sostenendo l’inesistenza o nullità della notifica di esso, costituendo, l’ingiunzione, il primo atto di cui è venuto a conoscenza. Trova per questo applicazione il principio affermato dalle SS.UU. del 22/09/2017, n. 22080 per omologia.
Trattandosi di opposizione avverso il verbale per violazione alle norme del Cds, è diretta a far valere l’omessa o invalida notificazione del verbale di accertamento di infrazione al codice della strada per cui dovrà seguire la regola dettata dall’art 7 del D.l.vo n. 150/2011 (non più dall’art 32, nè dall’art 615 cpc), conseguentemente essa va proposta nel termine perentorio di 30 giorni dalla notifica, davanti al giudice competente a ricevere la (originaria) opposizione al verbale, per questo detta recuperatoria di merito. Il rito che ne consegue sarà quello delle controversie di lavoro ( art 22 L. 689/81 – art 6 D.l.vo n. 150/2011). Ulteriore riflessione merita l’ipotesi in cui l’oggetto del credito è relativo ad entrate derivate all’Ente locale a seguito di sanzioni comminate per le violazioni di regolamenti comunali in materia di raccolta di rifiuti. Occorrerà, a mio avviso, ragionare in termini di riconducibilità della materia alla più ampia accezione di tutela dell’ambiente. Conseguenza di tanto è che la competenza in materia di opposizione resta devoluta al Tribunale ( art 6 d.l.vo n. 150/2011 comma 4 lett c).
Infine, quanto alla possibilità di richiedere la sospensione della efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, il gia citato art 32 del D.l.vo n. 16072011, rimanda alla applicazione dell’art 5, nelle due diversificate possibilità di cui al primo e secondo comma.
Dott. Nicola Lombardi, giudice di Pace del tribunale di Mercato San Severino