Far conoscere ai cittadini e ai residenti salernitani, la vera realtà che si vive all’interno delle Fonderie Pisano. L’aria che tira dentro e non per forza le “emissioni” che escono fuori. Questa le linee principali dell’incontro all’interno della nostra redazione con una delegazioni di operai, che nel pomeriggio di ieri hanno voluto ribadire il concetto, non schierandosi contro o a favore di niente o nessuno, ma soltanto far capire cosa c’è realmente alla base della loro battaglia che ora come ora è diventata quotidiana. Un’azienda vuota e morta, che prima pulsava di vita, di lavoro e probabilmente anche di serenità interna. Non hanno mai avuto problemi i 120 operai delle Fonderie Pisano in via dei Greci a Fratte, che da un momento hanno visto il proprio lavoro scivolargli dalle mani, quelle stesse mani che fino a qualche ora prima erano sporche di lavoro. Alla presenza dei delegati dei sindacati, Fiom e Cgil, Francesca D’Elia e Anselmo Botte che oramai da tempo seguono la vertenza, hanno potuto far uscire fuori, portandosi testimoni di tutti gli operai, le proprie emozioni e sensazioni che il caso e il momento hanno portato all’interno delle loro famiglie. Famiglie che ora attendono una svolta, che sono stanche di rimanere sul filo del rasoio, senza nessuna certezza e un appiglio a cui potersi legare per poter andare avanti. Ora non c’è nemmeno la certezza di un sito per la delocalizzazione, come traspare dalle parole di Francesca D’Elia. Dopo il no tassativo di Campagna infatti, tutti i comuni della provincia di Salerno a quanto pare hanno alzato le barricate, sostenendo una vera e propria battaglia contro e mai a favore. “Non capiamo perché un’azienda che dovrebbe portare posti di lavoro a Salerno, viene esclusa a priori – ha sottolineato la D’Elia – pensiamo sia colpa di un messaggio mediatico passato in questi anni, di una fonderia che porta morte e inquinamento soltanto. Ma noi abbiamo visto il progetto dei Pisano, lo abbiamo studiato e sappiamo che può essere soltanto un privilegio e un’occasione per il Sud, zero inquinamento e la possibilità di assunzione per altri lavoratori”. Perplessità a questo punto per la delocalizzazione, ora come dato di fatto, i Pisano non hanno un luogo dove spostarsi letteralmente. “Nessuno però ha mai posto una contrapposizione tra lavoro e salute, da sempre come sindacato abbiamo difeso entrambe le parti” – ha spiegato Francesca D’Elia – ci troviamo comunque in una fase delicata rispetto a ieri, poichè in questi mesi abbiamo ragionato delle possibilità per la delocalizzazione, già a Roma durante il primo incontro al Ministero ci aspettavamo che venisse fuori il sito della delocalizzazione ma così non è stato”. Ora potrebbe essere troppo tardi infatti, in quanto le porte sembrano essere quasi tutte chiuse e per accedere agli ammortizzatori sociali probabilmente il tempo gioca un ruolo fondamentale. Ed è proprio per questa causa quindi che i sindacalisti stanno portando avanti la battaglia, nonostante si dicano tutti favorevoli ad appoggiare qualsiasi compromesso, purchè si possa avere la possibilità di delocalizzare l’impianto. Riaprire la fabbrica di Fratte per i 36 mesi utili alla procedura, lavorando a scarto ridotto, magari anche sotto custode giudiziario, a giorni alterni. Insomma qualsiasi opzione per mantenere le commesse e poi ritrovare la giusta serenità. Ma la strada della Magistratura non tocca quello dell’inquinamento, del lavoro, nonostante i rilievi Arpac del mese di agosto che potrebbero riaprire una strada. “Non è possibile ora applicare gli ammortizzatori sociali, ma si è aperto un piccolo spiraglio che stiamo cercando di far diventare almeno una finestra, legato agli ammortizzatori in deroga gestiti in ambito regionale”, ha concluso Francesca D’Elia. Intanto Anselmo Botte, dal punto di vista giudiziario ha annunciato che si costituiranno parte civile nell’eventuale processo che coinvolgerà la famiglia Pisano. Per quanto riguarda il progetto presentato dai Pisano per il nuovo stabilimento però ai sindacalisti e agli operai “fa specie” che nessun amministratore dei comuni della provincia di Salerno abbiano voluto visualizzarlo, provando così almeno a capirne le nuove dinamiche e mettersi a disposizione o almeno a far capire che c’è un interesse alla questione. Ma gli operai dall’altra parte sono convinti di essere le uniche vittime di questo sistema, ma mai nessuno secondo loro, è andato a fondo alla questione o almeno mai nessuno ha guardato a ciò che c’era prima nella zona di Fratte e a ciò che c’è intorno. “Nessuno ricorda o almeno nessuno vuole ricordare che al centro di Fratte prima ancora delle Pisano c’era un’altra fonderia, c’erano le cotoniere, c’erano e ci sono altre industrie. In ogni caso noi ci siamo detti disponibili ad eventuali verifiche anche dal punto di vista medico perchè nessuno nella nostra fabbrica ha mai riscontrato problemi” – ha dichiarato Angelo Clemente, rappresentante delle Rsu sindacali. Insomma gli operai non vogliono essere additati come complici di morte o malattia, ma vorrebbero essere ascolti, sostenuti, accompagnati, ma sono convinti comunque di una cosa, che il problema è sorto non appena si sono alzate le mura per il nuovo centro commerciale a Fratte, nonostante dal punto di vista amministrativo, la famiglia Pisano, non era in regola già dal 2012, ma solo a distanza di quattro anni ora la fabbrica di via Dei Greci, “urla di vuoti e silenzi e soprattutto di rabbia e disperazione di 120 operai e delle loro famiglie”.
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