Carcere a vita per Vincenzo “Ciro” Villacaro. “Nessun imputato merita le attenuanti. Non c’è nessun ragionevole dubbio come indicato nel memoriale di Villacaro. I fatti sono acclarati ed oltre a ciò va considerata la condotta processuale degli imputati e i gravi precedenti penali degli stessi”. L’inciso del sostituto procuratore Rosa Volpe prima di pronunciare le richieste di condanna nei confronti dei cinque imputati finiti alla sbara per l’omicidio di Donato Stellato e gli affari del clan Maisto-D’Andrea-Villacaro. Poi il pubblico ministero, dopo una lunghissima requisitoria (spalmata su tre giorni), ha avanzato le richieste. Nello specifico è stata chiesta la condanna a dodici anni per Salvatore Nigro per il capo 3 (gli affari illeciti del clan) con disposizione di pena aumentata per la recidiva. Inoltre è stata l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la libertà vigilata per la durata di tre anni; 18 anni per Ivan Del Giusto (quattro i capi di imputazione contestati) con interdizione perpetua dai pubblici uffici e libertà vigilata per tre anni; 16 anni per Ezio Prinno (capi 3, 10, 11), riconosciuto il vincolo continuativo e con l’applicazione delle pene accessorie chieste per gli altri imputati; 9 anni per Giovanni Zullo (per i capi 4-5), elemento intraneo al gruppo. Oltre alla condanna penale il pm ha chiesto l’applicazione di una pena pecuniaria fissata a 2000 euro; ergastolo per Vincenzo Villacaro detto “Ciro” (per i capi 1, 2, 3, 4, 5, 9, 10 e 11 di reclusione). Riconosciuto il vincolo di continuazione il pm ha chiesto l’isolamento diurno per sei mesi e la pubblicazione della sentenza di condanna. Il pm Rosa Volpe ha evidenziato come il quadro accusatorio sia granitico evidenziando come i “ragionevoli dubbi” avanzati da Villacaro nei due interventi spontanei davanti a giudici (presidente Anna Allegro, relatore D’Avino) e giurati ed evidenziati nel memoriale depositato dai legali difensori. Il sostituto procuratore antimafia (ora procuratore aggiunto a Napoli) ha sottolineato che la telefonata con la fidanzata del boss (la sera dell’omicidio) è avvenuta in circostanze temporali diverse rispetto a quelle indicate da Villacaro, che pianificò nei minimi dettagli l’omicidio (fu lui ad esplodere i colpi mortali)avvenuto il 24 febbraio del 2007 davanti al Tribunale di Salerno (il gruppo voleva dimostrare la sua forza anche davanti alle istituzioni). Il fratello di Pappacchione era alla della sua Mini Cooper con la fidanzata quando fu affiancato dalla moto sulla quale erano in sella Vincenzo Villacaro e Vincenzo D’Andrea (giudicato con la formula del rito abbreviato). Gli altri 4 imputati sono alla sbarra per gli affari illeciti del clan, per le rapine e l’associazione a delinquere. Per il pm Rosa Volpe sussistono i presupposti per l’applicazione dell’aggravanti dell’articolo 7. g. d’a.
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