“Due polli”. Senza fare giri di parole così il sostituto procuratore, Roberto Penna, ha definito Fanel Gurlea ed Elena Bot, rispettivamente l’uomo che provocò il decesso di Sergio Rossi e la complice. Il pubblico ministero ha chiesto 30 anni di reclusione per il rumeno che era fuggito in Romania dopo aver colpito con un corpo contundente, cagionandone la morte (l’uomo è accusato anche di furto), l’ex esponente del Movimento Sociale Italiano. Cinque anni per la complice accusata di favoreggiamento. Nel corso della requisitoria il pm ha duramente censurato il consulente tecnico della difesa. “Ha sostenuto la sua tesi esclusivamente per via orale in occasione dell’interrogatorio. Non mi era mai capitato”. Il pm ha contrabbatuto la tesi sostenuta dalla difesa, in relazione al presunto stato di ebbrezza di Sergio Rossi, rilevando che l’uomo era abituato ad assumere alcol e la quantità rilevata dagli accertamenti non potevano provocare una caduta da barcollamento. A sostegno della tesi ha richiamato un’esperienza di vita personale ricordando un precedente che vedeva protagonista il nonno. “Non si può concludere che l’alcol ha gli stessi effetti su una persona che ha desuetudine a bere rispetto a chi ne assume con una certa regolarità”. Il pm ha anche riferito la rilevanza di quanto affermato da uno dei testi (la Petrosino) che dopo un primo momento di reticenza ha riconosciuto Fanel Gurlea ed un suo parente (che in quei giorni girava sempre in pantaloncini corti) ed ha riferito di sapere che Elena Bot si faceva Marcella e gli era stata presentata come cugina di Gurlea. Dai tabulati e dalle successive intercettazioni è emerso che il rumeno subito dopo aver colpito Rossi contatta con il telefono dello stesso la sorella per chiedere la disponibilità di un appartamento in Romania. Nelle ore successive i due si rendono conto di aver commesso una leggerezza e cambiano la scheda telefonica utilizzandone una intestata alla sorella. La stessa Elena Bot si rammarica a telefono per essere coinvolta in una vicenda nella quale non ha responsabilità specifiche. In seguito la donna si rifugiò in Germania. E’ stato grazie alle indicazione di quest’ultima, dopo l’estradizione, che gli inquirenti sono riusciti ad individuare Fanel Gurlea. Rossi fu colpito alle spalle da Gurlea con un “mezzo contundente solido e smusso nella regione parietooceipitale destra con conseguente ferita lacero contusa, frattura cranica ed emorragie plurime che determinarono poi il decesso (edema cerebrale). Lo stesso Gurlea si impossessava poi del telefono cellulare Nokia di Rossi. L’altra imputata aiutava Gurlea, detto Fanic, ad eludere gli investigatori e comunque si attivava per consentiva l’allontanarsi di quest’ultimo dal territorio nazionale procurando a Gurlea 150 euro, con l’aiuto della sorella Maria Bot, che ne curava l’invio tramite Western Union, utili a pagare i biglietti per il viaggio in Romania. L’udienza è stata aggiornata per la discussione dell’avvocato difensore.
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