SCAFATI/RAVELLO. Nessuno ha reclamato il suo corpo, nessuno ha voluto dirle addio: è la triste storia di Patrizia Attruia. La donna era stata assassinata lo scorso 27 marzo ma da allora, dopo l’autopsia, nessuno aveva reclamato il suo corpo. Ieri dall’obitorio la telefonata ad un parente lontano di Scafati: “Chi deve seppellire Patrizia Attruia?”. Il suo corpo giace ancora abbandonato nella sala dell’obitorio e quindi si attende per darle una degna sepoltura. La povertà del suo compagno non le ha garantito un funerale ed ora alla donna resta solo il freddo di una cella frigorifero. Dopo l’omicidio, il suo corpo è solo un peso. La 48enne di origine scafatese ma residente a Ravello era stata uccisa da Vincenza Dipino, la donna di 55 anni che aveva confessato il delitto. Un triangolo amoroso aveva spinto la 55enne a strangolare la coinquilina. Dipino aveva infatti aperto le porte della sua casa, dopo essere rimasta orfana della madre adottiva, all’Attruia e al compagno, Giuseppe Lima, dal momento che i due avevano problemi economici, entrambi lavoratori occasionali. La vittima si era trasferita da qualche anno nel comune della Costiera Amalfitana per amore dell’uomo che aveva alle spalle un precedente matrimonio. In paese, dopo il delitto, sono circolate voci su una presunta simpatia della Dipino nei confronti dell’uomo: il delitto sembra essere maturato proprio al culmine di una lite tra le due donne. Patrizia Attruia, secondo quanto riferito, rimproverava alla donna di essere eccessivamente premurosa nei confronti del suo uomo che il 27 marzo aveva scoperto il cadavere adagiato in una cassapanca. Dopo il clamore del delitto però la vita di Titti – così conosciuta a Scafati – è rimasta tutta chiusa lì: in una cella dell’obitorio senza nessuno che la reclami.
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