Di Viviana De Vita
Scongiurato l’ergastolo: trent’anni di reclusione per Giuseppe D’Agostino, il boss di via Capone già condannato nel 2011 al carcere a vita per l’omicidio di Antonio Nese, il nipote di Lucio Grimaldi alias il vampiro e fratello di Giuseppe Nese, freddato la sera del 5 marzo del 1996 davanti al circolo “Bumper pool” di via Galloppo a Torrione da quattro colpi di pistola. Il verdetto è stato pronunciato ieri dai giudici della Corte d’Assise d’Appello del tribunale di Salerno che hanno ridotto la pena comminata in primo grado al boss assistito dagli avvocati Pierluigi Spadafora e Luigi Gargiulo. All’imputato, accusato del delitto inserito, a parere della Procura a pieno titolo nella guerra di camorra apertasi a Salerno quando imperava il clan D’Agostino, sono state concesse le attenuanti generiche. La tesi accusatoria sostenuta dalla Procura si fondava in primo luogo sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che, nel lungo processo davanti ai giudici della Corte d’Assise, hanno confermato la presenza di D’Agostino, la cui pistola si inceppò, nel gruppo che decretò l’eliminazione di Nese.
Secondo l’impianto accusatorio formulato dall’Antimafia furono Amedeo Panella, Ciro Ferrara (entrambi già condannati per il delitto) e Giuseppe D’Agostino (in concorso con gli ormai defunti Luca Rosamilia e Luigi Memoli), ad ideare e mettere a segno l’omicidio di Antonio Nese a sua volta feroce autore del triplice omicidio di Croce in cui vennero fatti fuori i cognati del boss Amedeo Panella.
E fu proprio quest’ultimo ad esplodergli contro cinque colpi di pistola mentre l’arma impugnata da D’Agostino, si “inceppò”. Nese, prima di cadere sotto il piombo degli avversari, fece una telefonata dall’apparecchio pubblico interno al circolo: poi, intorno alle 21.30, mentre usciva e si accingeva ad entrare nella propria autovettura (una Mercedes), venne raggiunto dal fuoco delle pallottole. I killer fuggirono poi a bordo di una Lancia Thema, rubata a Napoli qualche giorno prima e fatta pervenire a Salerno da alcuni amici di Panella stesso, verso Giovi, in località Altimari, dove ad attendere il commando c’erano Rosamilia, Memoli e Ferrara addetti al recupero ed alle tradizionali operazioni di distruzione della macchina utilizzata per l’omicidio. Nel 2011, all’esito del processo di primo grado in Corte d’Assise, D’Agostino, è stato condannato alla pena dell’ergastolo. Ieri lo sconto a 30 anni per il boss che da ormai 17 anni è dietro le sbarre.