Ocse e Censis. Siamo un Paese di bugiardi, subcolti e ignoranti - Le Cronache Ultimora
Ultimora

Ocse e Censis. Siamo un Paese di bugiardi, subcolti e ignoranti

Ocse e Censis. Siamo un Paese  di bugiardi, subcolti e ignoranti

di Aldo Primicerio

E’ la foto che emerge dopo le dichiarazioni di esponenti dei dicasteri di questo governo, e dopo le presunte verità di alcuni sondaggi pubblicati sui media italiani. Che contrastano in modo stridente con le verità vere dell’indagine Ocse sui fattori di fiducia nelle istituzioni italiane, e soprattutto con l’immagine del Paese scattata dal Rapporto Censis 2024. Come documenteremo più avanti, siamo un Paese che arretra di 40 anni, attraversato da un’ignoranza profonda e da un declino che sembra preannunciarne un tramonto mortale. L’Ocse è l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico dove, a Parigi, siedono i rappresentanti di 36 Paesi più sviluppati nel mondo. Il Censis è l’istituto di ricerca che da 60 anni studia ed interpreta l’anima del Paese. Organismi assolutamente neutrali e credibili. Che non prendono soldi da magnati o corruttori italiani. Esageriamo? Scriviamo sciocchezze o falsità? Mai fatto. In ogni caso, chi vuole vada a leggersi la pubblicazione dell’Ocse sul sito oecd.org e l’estratto de La società italiana al 2024, pubblicato su censis.it. Ma prima analizziamo le ultime singolarità, per usare un eufemismo, di alcuni membri di questo governo. In prima fila, la star di Montecitorio, ancora lui, il Carlo Nordio ministro della (in)Giustizia, come noi ironicamente noi lo ridefiniamo, con un veniale scherzo verbale.

 

Nordio: “La toga meno parla e meglio è”. Un’amnesia. Da 20 anni il giudice non parla alla stampa, o è raro che lo fa. Si ricordi invece cosa disse proprio lui nel 1977

 

Nordio qualche giorno fa ha detto: “Il magistrato meno parla e meglio è”. Il ministro ha un’amnesia. Da anni, dal decreto legislativo n. 106 del 2006 all’art. 5, la legge riserva al capo dell’Ufficio Distrettuale di tenere, eventualmente tramite un magistrato delegato, i rapporti con gli organi di informazione. Gli è infatti “vietata ogni rappresentazione delle indagini che determini nel pubblico la convinzione della colpevolezza delle persone indagate”, “di costruire le relazioni con gli organi di informazione sulla base del reciproco rispetto e della parità di trattamento, evitando canali riservati e ogni impropria rappresentazione dei meriti dell’azione dell’ufficio e dei servizi di polizia giudiziaria”, di fornire un’informazione “rispettosa delle decisioni e del ruolo del giudice.

E poi, Nordio ha mai sentito, se non raramente, i Pm fare dichiarazioni aperte alla stampa? Raramente parla il Capo della Procura, lo fanno quasi sempre gli ufficiali di Carabinieri, Guardia di Finanza o Polizia di Stato. Quindi quel suo “meno parla e meglio è” sta anni indietro, è fuori posto. Anzi è sviante, perché instilla in chi legge false consapevolezze di false libertà. Piuttosto il ministro si ricordi quando nel 1977, da Pm, dichiarò ai giornalisti: «Tutto sommato i cittadini hanno il diritto di essere informati». Pertanto, si ricordi ogni tanto lui di tacere. E’ stato un rigoroso magistrato ed è un’ottima persona. Ma in certi casi è meglio che oggi se ne stia in silenzio

 

L’inutile separazione carriere ed il falso del crollo dei consensi sulle toghe

 

E poi non millanti che la separazione delle carriere coincide con la riforma della giustizia. E’ una cosa assolutamente inutile. Innanzitutto perché ad esser due non sono le carriere ma le funzioni, poi, l’abbiamo scritto tante volte, perché non interessa agli stessi magistrati, e poi perché sfiora la incostituzionalità. Ed infine la smetta di gridare che ormai le toghe non contano più niente, che i consensi sono scesi sotto il 30%. Dice gravi improprietà. Il magistrato non ha bisogno di consensi. Lo cerca invece il politico per essere eletto. Il magistrato no. Lui, il togato, anzi si procura ogni giorno il dissenso, o quando in aula accusa l’imputato, o quando emette la sentenza. E poi quello che dicono Nordio, e i pappagalli di certa stampa, è inesatto fino a diventare un falso. Lo dice l’Ocse nel suo ultimo rapporto 2023, dove è proprio il governo nazionale italiano ad avere la fiducia minima (35%) dai cittadini, mentre più alta è la nostra fiducia nelle forze dell’ordine (64%) e, con tutte le sue carenze, nei tribunali e nel sistema giudiziario (43%). Ed è meglio tacere (ma si evince chiaramente dal grafico allegato) sull’assai scarso consenso che – secondo il rapporto Ocse, la più alta istituzione mondiale sulla Cooperazione e sullo Sviluppo Economico – noi abbiamo invece verso media, parlamento e partiti politici.

 

Sconcertante rapporto Censis 2024 su arretramento, subcultura ed ignoranza del Paese e degli italiani

 

Un rapporto che non vorremmo aver mai letto. Perché ci dispiace. Perché l’Italia è il Paese che amiamo e che ci rende fieri.  Nel rapporto il Censis ci vede intrappolati nella sindrome italiana del risveglio: da un’illusione del benessere e della crescita che non c’è più. Seguendo il Censis, un quadro spietato lo dipinge Il Fatto Quotidiano nell’articolo di Stefano d’Errico. Il 50% degli italiani non sa indicare correttamente il secolo della rivoluzione francese, circa il 30% non conosce l’anno dell’unità d’Italia o quando è entrata in vigore la Costituzione, né quando è caduto il muro di Berlino, il 42% non sa quando l’uomo è sbarcato sulla Luna e il 13% cosa fosse la guerra fredda. Il 41% crede che Gabriele D’Annunzio sia l’autore de L’Infinito, per il 35% Eugenio Montale sarà stato “un autorevole presidente del Consiglio degli anni ‘50”, il 18,4% non può escludere che Giovanni Pascoli sia l’autore de I promessi sposi e il 6% non pensa che Dante Alighieri abbia scritto La divina commedia. Infine, per il 35,9% Giuseppe Verdi avrebbe composto l’inno nazionale, mentre per il 32,4% la Cappella Sistina potrebbe essere stata affrescata da Giotto o Leonardo da Vinci, ma certamente non da Michelangelo . Ma il livello della scuola non è certo sceso solo negli ultimi due anni. Il tradimento dell’umanesimo è partito dall’allora ministro Luigi Berlinguer, quando latino e greco erano definiti vis persecutoria e vizio reazionario. In sintesi, l’Italia arretra da decenni. Cresce l’occupazione ma arretrano gli stipendi rispetto al resto della Ue, e scende il Pil, perché si tratta di lavori precari, dequalificati, come volle Renzi con il suo sciagurato Jobs Act. I nostri giovani si sentono stanchi e traditi da una falsa democrazia. La metà dei giovani sa che non avrà mai una pensione, vedono che gli aduti devono spendere 44 miliardi per curarsi presso la sanità privata, il welfare ed i servizi arrancano, la denatalità dilaga. E poi questa politica, questi ultimi governi, questo governo. Un disastro. E’ l’apocalisse culturale? Noi non avremo il tempo di viverla, ma i nostri figli e nipoti purtroppo sì. Ed allora chi potrà, si decida. Quando sarà il momento di alzare il c… dalle sedie e di andare a votare.