Non chiudiamoci nelle torri eburnee facciamo comunque cultura - Le Cronache
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 Non chiudiamoci nelle torri eburnee facciamo comunque cultura

 Non chiudiamoci nelle torri eburnee facciamo comunque cultura

Il Costanzoshow può permettersi il lusso di riempire un teatro televisivo, ma noi abbiamo il divieto di aprire i teatri, quelli veri, pur con tutte le doverose limitazioni palesi discriminazioni riguardo alle funzioni religiose: quelle mai bloccate; bloccati, invece i concerti in chiesa.

 

Di Giusto Pappacena

«Il Covid, se mai gli si possano attribuire valori positivi, un merito ce l’ha avuto: quello di metterci di fronte a noi stessi. Intanto, in questa occasione si è visto e si vede la differenza che passa tra i veri grandi eroi, medici e maestranze tutte in prima linea, e cialtroni senza dio; si è visto e si vede la differenza che passa tra la gente disperata ma onesta e i mentecatti facinorosi, sub umani, pronti a distruggere, dall’altra. Ma veniamo alle cose che più ci stanno a cuore. Tra le tante cose a cui abbiamo dovuto assistere abbiamo potuto constatare la differenza che passa tra un Costanzoshow (tuttoattaccato), che può permettersi il lusso di riempire un teatro televisivo da una parte e, per contro, il divieto di aprire i teatri, quelli veri, pur con tutte le doverose limitazioni (che in epoca Covid si rendono necessarie). E allo stesso modo abbiamo assistito alle palesi discriminazioni riguardo alle funzioni religiose: quelle mai bloccate; bloccati invece i concerti in chiesa. Ma, a tal proposito, il Covid c’entra fino a un certo punto: paghiamo decenni di incomprensione, di non percezione della necessità dell’arte in generale e della musica in particolare. Qui però si aprirebbe una parentesi amplissima, un cahier de doléances, perché dobbiamo anche onestamente fare un mea culpa… Dico questo perché, alle incomprensioni sistematiche delle istituzioni politiche non è seguita alcuna strategia, di alcun tipo, né informativa né didattica da parte degli addetti ai lavori; ci si è chiusi sdegnosi e sdegnati ciascuno nella propria turris eburnea: il “popolo” ama la cattiva musica, la muzak? Il popolo non capisce? Tanto peggio per loro! Eh no: tanto peggio per noi. Un maestro come Gigi Proietti (siamo tutti ancora scossi per la sua perdita) andrebbe preso a modello: il suo aprirsi alla cultura, non solo a quella alta, aulica ma anche quella cosiddetta “bassa” (che bassa non è affatto) con prodotti di qualità, offerti alle persone, oserei chiamarle ‘normali’, con grazia e semplicità (perché esiste e come! una sommessa implicita richiesta di abbeverarsi al bello non per forza solo quello esoterico, quasi esclusiva dei ‘grandi sacerdoti’), tutto questo per me è una sorta di modello da imitare. Il Covid passerà. Quello che poi si renderà necessario è un nuovo atteggiamento, una presa d’atto che il compito di proporre, stimolare, educare – educare, sì! – sarà proprio il nostro più importante compito per il prossimo futuro.»