Abbiamo incontrato il maestro nel corso della masterclass con Joseph Alessi, da lui stesso organizzata nella verde cittadina di Campagna
Di DAVIDE NAIMOLI
Il Maestro Nicola Ferro è un musicista eclettico di fama internazionale estremamente versatile sia in veste di trombonista, sia come compositore e arrangiatore che riesce a spaziare dalla Classica al Jazz, dall’ Elettronica alla Pop Music. Proveniente da una famiglia di musicisti il suo approccio alla musica avviene attraverso lo studio del pianoforte e solo successivamente, intraprende lo studio del trombone, ennesima gemma del Conservatorio Statale di Musica “G. Martucci” di Salerno e del magistero Roberto Bianchi. Come ha scelto il trombone, chi è stato il suo primo maestro e quali quelli successivi? La scelta del trombone è venuta da un consiglio di mio padre, musicista anche lui e negli anni ’70 ha lavorato molto con la musica e riteneva che gli strumentisti a fiato erano più preparati rispetto all’altra massa musicale degli altri musicisti. Ha sempre cercato di incanalarmi verso questo tipo di strumento e in seguito ho conosciuto il Maestro Guido Salsano, che aveva una banda musicale e così ho iniziato a suonare all’età di 12 anni con la banda musicale di Bellizzi diretta da Alberto Moscariello. Da qui è nata la passione per il trombone, soprattutto del trombone a tiro che mi ha portato ad iscrivermi al Conservatorio. L’incontro con Alessi ha segnato la svolta della sua vita, ci puoi raccontare come è avvenuta e gli sviluppi? Il Maestro Bianchi mi invogliò a studiare negli Stati Uniti e ho iniziato ad informarmi per la Juilliard School di New York, molto prestigiosa e costosa. Ricordo che a 19 anni chiesi l’Application Form per accedere alle ammissioni e i costi erano inaccessibili, ma il mio sogno restava quello di conoscere e suonare con Alessi, perché ascoltando i suoi dischi riuscivo a trovare una spazialità musicale unica, essendo lui un musicista a 360 gradi. Senza demordere ho iniziato a spedirgli alcuni progetti e composizioni e un giorno mi arrivò una lettera di “Agremeent”, un contratto in cui il Maestro mi voleva nel suo staff di compositori e mi sono ritrovato a collaborare con gli insegnanti della Julliard e ad avere anche carta bianca nella scelta delle produzioni e delle decisioni. Attraverso quest’opportunità, Alessi è stato molto di più di un insegnante, perché si è superata la dicotomia maestro-allievo, facendomi credere nelle mie capacità, considerando che nel territorio salernitano ho avuto molte difficoltà. In che modo il Nicola Ferro come didatta avvicina i suoi ragazzi al trombone e alla musica in generale. Non cerco di sforzarmi così tanto, bisogna far conoscere realmente questo strumento, perché cerco di imporlo ad una massa abituata a sentire pochi strumenti, i cosiddetti strumenti nobili, borghesi, apollinei, come il violino o il pianoforte. Il mio principale obiettivo è quello di mettere in condizione i ragazzi di conoscere bene il trombone e cerco sempre di creare un “development”, sviluppare la consapevolezza dello strumento e per questo sono stato inserito nel board 2014-2017 dell’ “International Trombone Association” in America, ove mi occupo anche dell’attività didattica scolastica. Nicola Ferro come compositore come ha esordito, e qual è la scintilla che ha fatto scattare la molla della composizione? Tutto parte da quando ero piccolo, la mia è una famiglia di artisti, a partire da mio nonno che era grande cultore della musica napoletana, cantante e suonava il mandolino, invece mio zio Gerardo ha una musicalità estrema, anche lui molto creativo e, trovandomi in questo tipo di famiglia ho allenato la mia creatività, iniziando a scrivere canzoni ad orecchio fin da piccolo, quando mio padre mi portava con lui a suonare ai matrimoni. Nel 1995 ho avuto una paresi facciale, studiavo più di dieci ore al giorno, il nervo facciale si era infiammato e non sapevo se fosse stato possibile riprendere a suonare. Dopo mesi di cura, tramite l’agopuntura e la medicina omeopatica, sono guarito e, proprio in quel periodo di sofferenza, ho ritrovato me stesso, avendo un contatto diretto con la composizione. Ho avuto anche degli incarichi con enti lirici, ma quando c’è stato il contratto con Alessi ho iniziato a lavorare con la Naxos Record, la Summit Record e altre etichette discografiche, oltre ad avere due nomination al Grammy Awards a Los Angeles, il percorso è stato in discesa e negli ultimi quindici anni ho avuto la possibilità di fare molte cose anche con l’università americana. Non mi sono mai proposto come compositore, ma mi sono sempre stati commissionati lavori e questo per me è gratificante, oltre ad essere una grande responsabilità. Il trombone ha più volti, classico, leggero, jazz, elettronico. Quale preferisce tra questi Nicola Ferro? Io provengo da un’impronta classica, per me la musica classica è la matrice di tutto, dal punto di vista tecnico, musicale e soprattutto comportamentale. Quello che da’ la musica classica non lo offrono gli altri generi, non perché sia migliore, e avendo la fortuna di lavorare in vari contesti musicali, da quello urbano al contemporaneo, mi rendo conto che per poter fare un buon jazz ci vuole una base classica. Chi è il maestro per cui ha collaborato con più carisma e che l’ha affascinata di più? Ho studiato con tanti insegnanti e ho avuto un grande maestro in Conservatorio, Roberto Bianchi, che mi ha insegnato tanto della musica e non solo del trombone. Questo insegnamento mi ha permesso di conoscere tanti trombonisti. Ho studiato a Londra con Jan Bushfield della London Symphony, con Andrea Conti ed altri e tutti questi insegnamenti si sono concretizzati quando sono giunto alla corte di Joseph Alessi, il padre e il guru di tutti i trombonisti, giovani e meno giovani, il preferito di Leonard Bernstein. Considerando la sua esperienza internazionale, come valuta il movimento musicale di Salerno rispetto alle altre realtà. Salerno dispone di grandi talenti ed è anche un territorio unico al mondo. Quello che può dare questa città possono darlo poche altre realtà, anche per il modo in cui è disposto il territorio, il mare, la montagna, le persone, e in particolare le tradizioni capaci di generare nelle persone una sensibilità unica più di città che dispongono di una tecnologia invadente, come la stessa New York, Londra, Berlino o Milano. non a caso ci sono grandi personalità come i fratelli Quaranta, Valerio Iaccio, D’Auria e tanti altri. In questo territorio c’è un grande potenziale, sono fiero delle mie radici e quello che fa la differenza nelle mie composizioni è il mio passato. Anche io quando ero giovane volevo scappare per andare a studiare all’estero, ma quando si va a studiare fuori e si cresce si riscoprono le proprie origini. Inoltre c’è un’attività teatrale molto interessante alla quale anche io partecipo in veste di primo trombone dell’Orchestra Filarmonica Salernitana stabile nel teatro Verdi e diretta da Daniel Oren.