di Oreste Mottola
(…segue)
IL RACCONTO DEL SINDACO. Quelli di Pruno, e li racconta così il primo cittadino vallangiolese: “sani, allegri, molto longevi, molto parchi, collaborativi tra di loro, hanno qualche malattia respiratoria ma nessuno accusa sintomi di depressione”. Il sindaco Salvatore lannuzzi, “medico Internista e neuropsichiatria, è molto addentro a questa comunità , me ne occupo come Salvatore, un pò medico ed un pò sindaco ma soprattutto come innamorato della loro semplicità e che gode del privilegio della loro amicizia”. Nelle loro case manca l’acqua corrente ed il telefono. L’ energia elettrica, e con essa la tv, è arrivata solo una decina d’ anni fa. l telefoni cellulari aiutano le loro comunicazioni col resto del paese e del mondo. A Pruno si vive quasi sempre all’aria aperta; la giornata è scandita dal lavoro nei campi. Pane, olive e formaggio è il cibo abituale; il lavoro è il gregge di pecore e capre da mandare avanti con l’allevamento brado di vacche. Animali che danno una buona carne ed ottimo latte. Gli abitanti vivono in un paesaggio tenero e clemente, dove valli e vallette, alberi ed animali sembrano più obbedire ad un misterioso gusto scenografico che ad interessi agricoli e pastorali . Quando d’inverno piove o nevica (eventi frequenti visto che ci troviamo alle falde del monte Cervati, la montagna più alta della Campania) sono fuori dal resto del mondo. Non per qualche giorno, ma spesso per intere settimane. lannuzzi, un giovane assai volenteroso ed intelligente, è seduto da poco sulla poltrona di primo cittadino. E tutta sua la battaglia per salvare Pruno dall’ abbandono inevitabile ed imminente. Una strada di collegamento è una necessità vitale, “serve – dice – per dare condizioni minime di vivibilità a quelle famiglie”. L’opera costerebbe poco più di un miliardo, il suo piccolo comune non ha nemmeno i soldi per affidare ad un ingegnere la progettazione. Ho chiesto l’intervento del Parco del Cilento, dell’amministrazione provinciale.
Ho avuto l’impressione di aver raccontato una favola”. Morale; qui gli inverni picchiano forte. Durano mille giorni, il vento è forte come una belva quando si unisce alla neve ed al freddo va alla caccia di tutto ciò che incontra, passa sotto le porte, s’infila dentro i camini. Quando c’è l’emergenza di una crisi ipertensiva che coglie qualche anziano non c’è grazia di San Barbato – il loro santo patrono – che tenga. In queste condizioni, far continuare gli studi a qualche ragazzo volenteroso, manco a parlarne. E torna il discorso della strada. “Possiamo far diventare ancora di più questa zona un paradiso. Affinchè tutti possano ” dice Salvatore iannuzzi – andarli a visitare per conoscere una realtà diversa sia nei paesaggi che nell’anima”. Ogni anno i, a 100 Km di distanza da Salerno, si chiude una scuola e si ridimensiona un ufficio postale. Valle dell’Angelo, Sacco, Laurino, Piaggine, Rofrano potevano essere la nostra piccola Svizzera invece c’è il deserto.
Sono anche straordinari pascoli mancati, che ci avrebbero assicurato tanta buona e sana carne che invece dobbiamo importare indebitandosi ed avvelenandosi. C’è il clima ideale, l’acqua ed il foraggio. Cose antiquate: meglio la modernità di comunità montane che si sono mangiate miliardi senza portare un briciolo di sviluppo, parchi nazionali prediletti dai cinghiali, qui oggi la disoccupazione galoppa oltre il 50% e le culle sono vuote.
Qui vivono ancora secondo le antiche tradizioni della civiltà contadina, come in un villaggio di fine Ottocento. Lontani dalle abitudini e dai ritmi del mondo d’ oggi. “Confusi ma felici”, uno stile di vita che ricorda quello degli Amish americani. Si tratta per lo più di coppie di anziani. Ogni loro attività è legata ai cicli della natura e delle stagioni. Le giornate, dedicate al lavoro nei campi e al pascolo, cominciano con il sorgere del sole e finiscono al tramonto. Fra gli abitanti sono molto forti la solidarietà e il senso di comunità: si aiutano l’ uno con l’ altro e la sera d’ inverno si riuniscono in una casa, d’ estate in un’ aia, per cantare vecchie melodie cilentane al suono delle fisarmoniche e degli organetti. Gente semplice che non perde mai occasione di dimostrare ospitalità mettendo a proprio agio i visitatori. Quassù il denaro è superfluo, i negozi non esistono, alimenti e vestiti sono scambiati con il baratto, all’ insegna di una completa fiducia reciproca. L’ acqua viene prelevata direttamente dalle sorgenti. La dieta è a base di formaggio, pane, insaccati, uova fresche e marmellate, tutto rigorosamente prodotto in casa. Dal soffitto, immancabili, pendono i prosciutti, lasciati ad essiccare al fumo del camino. Ogni famiglia possiede maiali, polli e un piccolo orto dove coltiva pomodori e insalate. Molti indumenti sono fatti con la lana fornita dalle greggi. Per lavorarla e filarla le donne della comunità adoperano un antico strumento, ormai introvabile, la conocchia. E per lavare e profumare i vestiti fiori di lavanda. L’ elettricità è arrivata a Pruno vent’ anni fa e nelle case non manca qualche vecchio televisore in bianco e nero. Ma a fare notizia sono soprattutto le vicende del villaggio: si discute molto del lavoro in montagna, dei danni prodotti dai cinghiali alle colture e dell’ avvistamento dei temuti lupi. Gli abitanti di Pruno difendono il loro stile di vita e si rifiutano di trasferirsi nel paese più vicino, dove hanno già invece deciso di spostarsi i figli e i nipoti. Una scelta ostinata di isolamento, favorita anche dalla mancanza di un collegamento agevole con Valle dell’ Angelo: quattordici chilometri di sentieri sterrati e accidentati che possono essere percorsi solo con un robusto fuoristrada. D’ inverno poi, a seguito delle frequenti nevicate, la zona si può raggiungere solo con l’ elicottero. «Abbiamo temuto il peggio – racconta Salvatore Iannuzzi, sindaco e medico di Valle dell’ Angelo – dopo le abbondanti nevicate dell’ anno scorso. Quando siamo riusciti a raggiungerli li abbiamo trovati tutti tranquilli e in perfetta forma. E uno di loro ci ha perfino chiesto, preoccupato: “Ma come, con questo tempo, fino a qui, siete pazzi”?». E i malanni, sono curati con metodi antichi, erbe e rimedi naturali senza ricorrere a medicinali; gli ipertesi, ad esempio, si praticano dei piccoli tagli, per far defluire il sangue e abbassare così la pressione. Metodi efficaci giacché i prunesi sono tradizionalmente longevi e in salute: chiedono al medico di affrontare il duro viaggio solo in casi eccezionali. L’ isolamento, la lontananza dai familiari e le possibili urgenze legate all’ età avanzata, però, hanno imposto una concessione alla modernità: il cellulare. Una rivoluzione, se si pensa che fino a qualche anno fa esisteva un unico collegamento telefonico, una vecchia cabina grigio-verde della Sip nel punto più alto della collina. «Scendono di rado in paese – dice il sindaco – in genere per far visita a qualche parente e sbrigare faccende burocratiche. L’ ultima volta sono venuti in gruppo per votare». Le case su due piani sono costruite in pietra e senza malta, come si usava un tempo in campagna, prive di pavimentazione e qualcuna conserva ancora il tetto di paglia. «Sono strutture di almeno tre secoli. Per quanto rudimentali – spiega l’ architetto capo del Comune – sono estremamente resistenti e non necessitano di grande manutenzione. Piccole fornaci e la disposizione degli ambienti, con le stalle a ridosso delle stanze, garantiscono tepore anche quando nevica». Anche gli scenari sono incantevoli. In questo periodo si assiste al risveglio della natura e ricominciano, dopo il riposo invernale, le attività nei campi. Tra le bellezze del posto un immenso castagno centenario dal tronco totalmente cavo, capace di contenere 30 persone. In passato veniva persino utilizzato per celebrare eventi speciali, come feste e matrimoni. Oggi il vero rischio che incombe su questa realtà è lo spopolamento. «Quarant’ anni fa eravamo trentuno famiglie – racconta ‘zì Giovanni, uno degli ultimi pastori di Pruno – ora siamo rimasti in pochi». L’ amministrazione comunale di Valle dell’ Angelo è impegnata nel preservare questa comunità e il suo stile di vita. Il sindaco neuropsichiatra infantile è convinto che trascorrere un po’ di tempo a Pruno possa essere un’ esperienza formativa per i più piccoli. Così nell’ ambito di un’ iniziativa promossa dai comuni dell’ Alta Valle del Calore, per tre volte all’ anno si organizzano colonie e i bambini provenienti da diverse città italiane passano una giornata con i “nonni” di Pruno. Un felice incontro tra due mondi diversi: da un lato la curiosità dei bambini metropolitani a contatto con la natura e gli animali alla riscoperta di un tempo perduto, dall’ altro la generosa ospitalità degli abitanti di Pruno. Oggi sono sempre più frequenti a Pruno le visite di turisti e giornalisti desiderosi di conoscere questa realtà. Qualcuno ha anche espresso il desiderio di stabilirsi nella comunità. Un ex imprenditore di Salerno si è trasferito da qualche anno a Pruno con la moglie e le figlie, adottando lo stile di vita dei suoi vicini. «Un professionista di Padova e due giovani napoletani – dice il sindaco – ci hanno chiesto di poter venire a vivere a Pruno». Un’ oasi bucolica per sfuggire allo stress della città.