Questa sera nella tenuta dei Normanni alle ore 21,30 Petra Magoni e Ferruccio Spinetti saranno ospiti del Campania Blues Festival
Di OLGA CHIEFFI
Sud quale luogo della mente, Sud come parte bassa che significa avvicinare alla terra, comunicare con essa, intesa come un principio di assorbimento e, insieme, di nascita: abbassando si seppellisce, si semina, si dà la morte per poi ridare la luce. Un tema che viene dal Sud dell’Italia, dalla Campania, che racchiude il fuoco giallo e rosso del Vesuvio, i bollori sulfurei dei Campi Flegrei, dove il nascosto chiede con maggiore insistenza e da più tempo di farsi luce ed è qui che diventa più poroso e friabile il muro che divide il “sopra”, il “sotto”, l’”al di qua” e l’ “al di là”, l’arcaico e il presente, l’immaginario e il reale, in uno psicodramma che, nei secoli, è riuscito a penetrare la cultura e il suolo. Un Sud, il nostro che ha sempre assorbito tutto, riuscendo a rimanere in fondo se stesso, un Sud contaminato, da sonorità e tradizioni appartenenti ad altre culture, dall’Africa, al latin, all’ America, all’ oriente, un grande Sud, verso cui navigheremo, questa sera, nell’anfiteatro della Tenuta dei Normanni a Giovi, intorno alle ore 21,30, con la vocalist Petra Magoni e il contrabbassista Ferruccio Spinetti, ospiti del primo dei due special events della XIII edizione del Campania Blues Festival, firmato da Mimmo Spena. Da Disamistade di Fossati e De Andrè a Te Voglio Bene Assaje, da Passione ad Anema e Core, passando per Samba e Amor di Buarque e Vuelvo al Sur di Astor Piazzolla. Il duo disegnerà mappe musicali che produrranno forme d’interferenza in grado di ridare voce a storie nascoste, rendendole così sonore e percepibili. L’importanza dei “suoni”, tutti, non sta unicamente nella forza narrativa, ma anche nella capacità di sollevare questioni critiche. I suoni ci attirano verso ciò che sopravvive e persiste come risorsa culturale e storica, capace di resistere, turbare, interrogare e scardinare la presunta unità del presente. I processi sonori e poetici del duo proporranno un’economia affettiva, destinata a scardinare le configurazioni fisse di tempo, spazio e appartenenza, in una continua ricerca. Tradizioni antiche e sonorità inusitate arriveranno filtrate da una sensibilità leggiadra, capace di evocare nel corso della stessa canzone il fumo e il mistero della foresta amazzonica, il volo metafisico, l’ umorismo sperimentale e le più genuine risonanze etniche. Ogni cosa sotto l’egida di una palese imprevedibilità, di un gusto assolutamente melodico, di uno spirito libero tipicamente naif, che libra sempre in bilico tra gli umori dei due musicisti, passando per l’improvvisazione.