Antonio Manzo
“Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!” disse papa Bergoglio ai giornalisti di tutto il mondo tre giorni dopo la sua elezione. Il Papa, dodici anni dopo, non fa neppure in tempo a essere sepolto che l’ex seminario diocesano di Amalfi, l’ex Seminario Diocesano cambia volto e diventa una casa religiosa di ospitalità: “Sacrum Seminarium Domus Mariae”. La Curia, cioè la Chiesa diocesana, non c’entra nulla. E’ bene chiarirlo. In questa storia di plateale disattenzione la Provincia di Salerno ci ha perfino rimesso 3 milioni di euro per la ristrutturazione in un imperdonabile balletto durato ben 30 anni tra amministratori locali e provinciali. Ora l’ex Seminario-casa religiosa, beffardamente inaugurata il giorno del lutto nazionale per il Papa, diventa casa di ospitalità religiosa per i pellegrini del Giubileo grazie a due imprenditori sorrentini che offrono ben tre piani dell’ex seminario al turismo religioso con prezzi che oscillano tra i 166 e 294 euro a notte. L’offerta è già presente su Booking.com. Ma la notizia nella notizia la fornisce don Andrea Colavolpe storico parroco della Cattedrale di Amalfi in una lettera aperta dove fa notare la triste coincidenza dell’inaugurazione delle strutture religiose aperte ai turisti che ha già sollevato, giustamente, un’ondata di amarezza e polemiche all’interno della comunità locale che ha lasciato deperire un bene della Chiesa fino al fitto per gli imprenditori sorrentini in occasione dell’inaugurazione della nuova Casa Religiosa di ospitalità “Sacrum Seminarium Domus Mariae”. Premette, don Colavolpe, un ringraziamento. “Ho un dovere da compiere verso gli imprenditori Savarese e Parlato, perché devo riconoscere loro la riconoscenza di tutta la Diocesi, che ha visto risolto un grosso problema, che rischiava di accrescere lo stato di degrado di un fabbricato storico, vanto della nostra città. Le proposte di trasformarlo in un albergo a cinque stelle erano piovute in abbondanza, ma furono rifiutate perché non si voleva incappare nei rigori della legge. Sono stati essi solo, che hanno proposto di farne “una casa religiosa di ospitalità” . Con il candore di un uomo di Chiesa che si sta godendo il riposo dopo tanti anni di servizio pastorale si accontenta della denominazione di una casa religiosa di ospitalità per giustificare quel che è un affare immobiliare in piena regola grazie a non troppo disinteressate disattenzioni di Provincia e Comune sulla destinazione dell’ex seminario. Ricorda don Colavolpe: “la storia del Seminario incomincia nei primi anni del 2000, quando la Provincia di Salerno comunicò che rinunciava a utilizzare il Seminario per il Liceo Scientifico e l’Istituto Tecnico per Ragionieri, perché l’edificio non aveva i requisiti richiesti dalla legge. “Sorse, quindi, il problema del suo riutilizzo – scrive ancora don Colavolpe – La preoccupazione era quella di non far fare ad esso la fine del fabbricato dell’ex Orfanotrofio: erano ancora i tempi in cui qualcuno poteva insinuare in chi, purtroppo, ne aveva bisogno che era loro diritto occupare impunemente i fabbricati della Diocesi, disponendone a proprio piacimento. Lo “scempio” (l’espressione fu del professore Pietro De Luca!) aveva messo gli occupanti in una situazione di convivenza umiliante, da terzo mondo, ed era stata sanata dalla Diocesi a suon di lire e di euro per dare loro una sistemazione più dignitosa”. Don Andrea dice che per evitare una seconda edizione di ciò, che era accaduto, si pensò di dare subito al fabbricato del Seminario una nuovo utilizzo consentito dalla legge : fu così che ci fu detto che l’unico modo di trasformare l’uso di un fabbricato, catastalmente denunciato come “Seminario”, era quello di crearvi “Una casa religiosa di ospitalità”, che per legge doveva e deve accogliere “a pagamento chiunque lo richieda nel rispetto del carattere religioso dell’ospitalità” . La burocrazia continua nel racconto di don Andrea. “L’Amministrazione del Seminario si attivò subito per redigere un progetto a cura dell’architetto Quaglia, che fu presentato per le dovute autorizzazioni all’Ufficio Tecnico del Comune di Amalfi, dove tuttora è sepolto.” Intanto sorge il problema di trovare una casa per l’Istituto Tecnico per il Turismo, che era stato sfrattato dalla Villa Savo, per cui sia la Provincia di Salerno, nella persona dell’assessore provinciale per l’edilizia scolastica, sia il comune di Amalfi , “pregarono il nostro arcivescovo monsignor Soricelli – ricorda don Colavolpe – di rinunciare alla realizzazione del progetto, già in itinere, per dare all’Istituto per il Turismo la possibilità di non chiudere i battenti”. Si stipula un contratto con la Provincia, con il quale il Seminario si impegnò a effettuarvi i lavori necessari per renderlo idoneo all’attività scolastica, dietro compenso di euro 300.000,00 annui. i lavori furono eseguiti, Ma l’ Istituto per il Turismo no va in quei locali. Non fu così, perché la Provincia, incurante delle ingenti spese fatte ( con un mutuo, non ancora spento, erano stati spesi circa euro 3.000.000,00! ) , fece sapere che non poteva prendersi in carico l’edificio, adducendo come pretesto che non erano stati eliminati tutti i gradini, che dalla piazza portavano al primo piano. In realtà il motivo era un altro” sottolinea don Colavolpe omettendo, forse per carità cristiana, l’elenco dei motivi che probabilmente andavano ben al di là della ridicola scusa della provincia di gradini al primo piano. I sindaci della costiera tentarono anche di far cambiare parere alla Provincia. “ Ho trovato tra le carte – racconta ancora don Andrea- un appunto preparato dall’Economo del Seminario per il giornale locale “Il Vescovado” A conferma della disattenzione della Provincia arrivo pure una sentenza del Tribunale di Salerno che condannò la Provincia al pagamento di oltre 300 mila euro in favore dell’Arcidiocesi di Amalfi-Cava de’ Tirreni. Si trattò della penale per inadempimento per il mancato raggiungimento dell’accordo circa il trasferimento della sede dell’istituto tecnico per il turismo di Amalfi all’interno dell’ex seminario di piazza Duomo. Al danno dell’Its Nautico senza sede e con fitto pagato ai privati per i locali si aggiunse la beffa della condanna alla Provincia.





