di Corradino Pellecchia Animatore, rumorista, imitatore, presentatore, attore di prosa, cinema e televisione, capace di passare con disinvoltura dai ruoli comici a quelli drammatici, regista, ideatore ed autore di programmi di successo a Radio Panorama e Telelaser: stiamo parlando dell’arzillo e battagliero Mimmo Schiavone, classe 1927, il decano degli attori salernitani, che, ancora oggi, sarebbe pronto a ricominciare con una nuova esperienza professionale, qualora se ne presentasse l’occasione. Con l’aiuto delle figlie Nunzia, anche lei attrice e conduttrice molto apprezzata, e Antonella, laureata al Dams nelle discipline delle Arti, Musica e Spettacolo, attrice e presidente della Compagnia di prosa intitolata alla cugina Annabella, cerchiamo di mettere ordine fra i numerosi album di recensioni, i manifesti, le locandine, le fotografie, gli attestati, le coppe, i riconoscimenti, che hanno contrassegnato una carriera lunga e ricca di soddisfazioni. Figlio d’arte, il padre Raffaele, giornalista e commediografo, aveva fondato insieme a Rocco Schiavone la prima compagnia teatrale salernitana, mentre lo zio Alfredo dirigeva la Filodrammatica del Dopolavoro Ferroviario, Mimmo Schiavone ha esordito giovanissimo. “Ho incominciato a calcare le scene nel 1935 – mi dice compiaciuto – a otto anni, al Teatro Verdi, nello spettacolo “L’Italia ha sempre vent’anni”, facendo il passo romano. Poi, mi sono fatto le ossa nelle feste di piazza, nei locali notturni, concorsi di bellezza, festival canori, che mi hanno portato in giro tra Salerno, Napoli e provincia. Alcune volte capitavano anche due impegni nella stessa serata; allora mi spostavo con mezzi di fortuna da una piazza all’altra e mi presentavo al pubblico senza sapere nemmeno il nome della località in cui mi esibivo. L’indomani con gli occhi assonnati andavo ad aprire il mio esercizio a Largo Campo, un military shop, frequentato anche dalle truppe alleate. Ho smesso l’attività, quando sono stato assunto all’Ept. La sera, il negozio diventava una sala prove; lì nascevano i testi per gli spettacoli del trio comico “Spritz”, che ho fondato nel 1943 con Franco Angrisano ed Enzo Tafuri. Una sera, al ringraziamento Enzo Tafuri rimase piegato in due, colpito dal classico colpo della strega. Sollecitammo la chiusura del sipario, che non venne; allora, per mascherare la dèfaillance del nostro amico, ci piegammo anche noi e uscimmo di scena”. Nel 1950 Schiavone inizia una proficua collaborazione con il poliedrico giornalista Franco De Ippolitis, autore e regista degli spettacoli “Bentornato arcobaleno”, “Possibilmente no”, “Piccolo Hotel”, “Il re” di de Fleres/Caillavet/Arène, “La tavola dei poveri” di Raffaele Viviani, “C come Italia” e la fiaba musicale “Cento castelli per fata Melodia”, sempre al fianco dell’inseparabile amico Franco Angrisano. Nel 1951 partecipa e vince nella categoria “attore fantasista, rumorista, imitatore” nella trasmissione della Rai “Il microfono è vostro”, condotta da Nunzio Filogamo, che proprio in quella trasmissione, e non a Sanremo, pronunziò la famosa frase: “Miei cari amici vicini e lontano”. Nel 1956 la commissione della Dear Film lo elegge “Mister Salerno” e, vedendo la foto d’epoca, non possiamo non essere d’accordo. E poi, il teatro di prosa, in vernacolo e in lingua: tanto Eduardo, ma anche Feydeau, Diego Fabbri, Gazo, Anouilh, Pirandello, Brecht, Ruimet. “Nel 1965, durante le prove de “La bugiarda” di Diego Fabbri – racconta divertito – la protagonista doveva dire: “fuoco!… fuoco!… soffoco! Chiamate…”. “… i pompieri!”, le fu risposto. Durante gli spettacoli, arrivati a quella battuta, dovevamo trattenerci per non riderle in faccia. In un’altra recita ero febbricitante ed entrando in scena dovevo dire: “Mi sento fresco come una rosa” ; il mio interlocutore mi rispose: “Non si direbbe proprio!”. Nel 1963 con la regia di Mario Maysse recita “Nelle migliori famiglie” di Hart e Braddel con Sandro Nisivoccia, e l’anno dopo in “Antigone” di Jean Anouilh con Linda Lambiase e ne “Il pollo” di Feydeau con Annabella Schiavone. Nel 1960 viene premiato al Teatro Verdi con la targa d’argento dell’Alas, Associazione Liberi Artisti Salernitani, come attore di prosa fra i più brillanti e qualificati della nuova generazione. Dopo il successo dei gruppi musicali in tutto il mondo, anche in Italia negli anni ’60 prese via un prevedibile fenomeno d’imitazione. La grande diffusione dei complessi amatoriali fu anche all’origine della proliferazione dei concorsi. Anche a Salerno arriva il nuovo vento musicale e Schiavone nel 1966 conduce al Teatro Augusteo le semifinali regionali del “Secondo Torneo Italia Beat”, gara di complessi musicali, che vede vittorioso Claudio Tortora, allora capellone, e poi, nell’ordine, Roberto Di Giovanni, Wanda D’Amato e Rosa Jervolino. Non si contano gli spettacoli che Schiavone ha presentato in giro per l’Italia, al fianco di famosi artisti come Fausto Papetti, Johnny Dorelli, Ornella Vanoni. “Nel 1971 – ricorda ancora – conducevo al Circo Messicano la premiazione delle migliori mascherine; alla serata parteciparono Bruno Venturini, Franco Angrisano e Mario Di Gilio, ospite d’onore Aldo Fabrizi. Ero molto stanco, perché la mattina avevo presentato la sfilata dei carri allegorici a Lungomare, e presi una papera. Chiesi scusa attribuendola alla stanchezza. Dal pubblico s’alzò una voce: “E assettate!”. Una volta a Brindisi dovevo presentare Ornella Vanoni, che andò in escandescenze per la mia cravatta viola. La rassicurai dicendo che era cremisi, ma lei volle che la togliessi a tutti i costi perché portava iella. L’accontentai. Iniziò lo spettacolo e saltò tutto l’impianto elettrico. Mentre i tecnici si davano da fare, la cantante mi apostrofò dicendo “Allora, è sempre convinto che era cremisi?” Nel 1972 nasce il gruppo cabarettistico “Cab 70” con Paola Testaferrata, Rosalba Balistreri, Franco Deidda, Franco Adamo e Franco Angrisano. “A Franco Angrisano – mi dice commosso – mi lega un lungo sodalizio e un’affettuosa amicizia e tanti ricordi indelebili. Aveva un cuore d’oro; era un generoso, sempre pronto ad aiutare gli altri, come in occasione de “Il Cantapiccolo”, uno spettacolo organizzato per raccogliere fondi per i bambini spastici, di cui fu l’ospite d’onore. Era reduce dal successo televisivo di Giacinto, il sagrestano bonaccione de “I ragazzi di padre Tobia”. In quell’occasione, debuttò come valletta mia figlia Nunzia, che aveva allora otto anni. Il suo nome è caduto nell’oblio; Salerno è una città sempre pronta a magnificare chi viene da fuori e a dimenticare i suoi figli migliori. Eppure, Franco ha lavorato con Eduardo e con registi come Sergio Leone ed Ettore Scola ed attori del calibro di Alberto Sordi, Monica Vitti, Marcello Mastroianni, Jack Lemmon, Giancarlo Giannini. Ancora oggi mi sento con il figlio Antonio, con cui mantengo un ottimo rapporto”. Nel 1980 con il “Gruppo Teatro Annuncio” diretto da Paola Barone Inghilleri ed Elio Inghilleri, va in scena con “Ninà” di Andrè Roussin; quindi, nel 1981, partecipa a “I sei personaggi in cerca d’autore”, rappresentato ad Agrigento, in occasione della IX Settimana Pirandelliana; il cast era composto, oltre che dallo stesso Schiavone, da Enzo Pierro, Anna Ricci, Paola Inghilleri, Giuseppe Barone, Isabella Pastore, dalla figlia Antonella, Rosita Pastore e Anita Costarella. Nel 1983 entra a far parte della Compagnia di prosa “Maria Melato”, che aveva la sua sede in un umido terraneo del Teatro Verdi, diretta da Tina Trapassi e dalla figlia Annabella, con le quali avvia un lungo e vincente sodalizio. “Dalla Trapassi – ci tiene a precisare – sono passati quasi tutti gli attori salernitani, che poi hanno preso altre strade e hanno costituito proprie compagnie: da Sandro Nisivoccia ad Ugo Piastrella a Gigino Esposito e Antonella Quaranta. Alcuni di loro che frequentavano la Compagnia, dalla Trapassi hanno incontrato anche l’anima gemella, come Claudio Tortora e Renata Tafuri, Gaetano Stella ed Elena Parmense, Matteo Salzano e Chiara De Vita. La Compagnia “Maria Melato” è stata quello che in seguito sarà il teatro “Sangenesio” dei carissimi amici Sandro Nisivoccia e Regina Senatore: una fucina d’attori. Con la figlia Annabella siamo stati i primi a fare gli spettacoli per le scuole. Ricordo con particolare piacere una tournèe in Svizzera, a Berna e Ginevra, dove abbiamo rappresentato “Non ti pago”, “Questi fantasmi” e “Filomena Marturano”, che riscossero un notevole successo tra il pubblico degli emigranti italiani. Alla morte di Annabella nel 1989, la Compagnia è stata intitolata a lei ed io ne sono diventato presidente e regista”. “Mia cugina – interviene la figlia Antonella – è morta proprio quando aveva raggiunto la notorietà; aveva recitato con Eduardo nella commedia “De Pretore Vincenzo” e partecipato a numerose serie televisive e film cult della commedia all’italiana, fra cui “Il piccolo diavolo” con Roberto Benigni e Walter Matthau, “Sapore di sale 1 e 2” con Gerry Calà, “Sette chili in sette giorni” con Carlo Verdone e Renato Pozzetto e “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno” con Ugo Tognazzi. De Filippo aveva tanta stima di lei che l’autorizzò personalmente a rappresentare le sue commedie. C’è una fotografia che la ritrae con il grande Eduardo, il figlio Luca e Vincenzo Salemme; si riferisce allo spettacolo “Scorzetta di limone”, un testo di Gino Rocca, un autore veneto, di cui Eduardo ne aveva curata la versione napoletana”. Schiavone è particolarmente fiero di due spettacoli di cui è stato regista: “Biancaneve e i sette nani” e “Ascolta le mie mani… ed il mio silenzio”, allestiti per sordomuti con il linguaggio mimico-gestuale. “L’ultimo scugnizzo”, messo in scena nel 2000 dalla Compagnia de “I Guitti”, per i cinquant’anni dalla scomparsa di Raffaele Viviani, è stato l’ultimo spettacolo al quale ha partecipato. Nel suo ricco curriculum non potevano non mancare partecipazioni cinematografiche e televisive, ne “La squadra” e in “Kobra”, una produzione russa, con Olga Lomonisova, Vladimir Turkinski e Giuliano Di Capua, in cui faceva un boss. L’interpretazione di Schiavone fu talmente apprezzata che, al termine delle riprese, venne applaudito dall’intera troupe. Per ventitrè anni ha poi dato voce a Pilato, nella suggestiva Via Crucis, in costume d’epoca, allestita dalla comunità parrocchiale di S. Maria delle Grazie e S. Bartolomeo, che si snoda lungo le vie del centro storico. “Spero – dice sornione – che quando mi presenterò davanti al Signore, sia misericordioso e non si voglia vendicare per averlo mandato a morte per ventitrè volte!”. Schiavone oggi vive con serenità e soddisfazione la sua terza età, nella sua bella casa di corso Vittorio Emanuele, coccolato dalla moglie Clonice, compagna di una vita, e dalle figlie; anche se ama ripetere che la sua casa è il Teatro Verdi, dove è nato e cresciuto.
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