di Alberto Cuomo
L’ultimo saggio di Massimo Cacciari si intitola “Metafisica concreta”, ed è uscito sul finire del 2023 per essere ora già alla quinta edizione (Adelphi pp. 423). Cacciari è venuto a Salerno a presentare il suo libro venerdi scorso, 31 maggio, presso il circolo Canottieri Irno dove, malgrado l’assoluto silenzio degli organi di informazione sull’evento, sono intervenute numerose persone, tali da occupare l’intero salone del sodalizio remistico. Il saggio, quale dedica in epigrafe, riporta il titolo di un testo filosofico-poetico, “Claros del bosque”, di Maria Zambrano, la maggiore filosofa spagnola tra i maggiori filosofi europei del Novecento. Esule in America Latina ed Europa, per aver criticato il regime del dittatore Francisco Franco, la Zambrano pone la vita, i suoi chiarori e le sue oscurità, quale centro della propria riflessione, rispetto a quanti, come i filosofi nella caverna di Platone, aspirano alla piena luce della verità. A questo proposito è indicativa la sua riscrittura dell’Antigone di Sofocle che, nella tragedia, si suicida dopo essere stata rinchiusa in una grotta per aver tentato di seppellire il fratello Polinice contro il dettato del re Creonte mentre, nella versione della Zambrano, l’oscurità in cui è imprigionata diviene motivo di riflessione sul mondo che aveva creato per sè sino a decidere di romperne le cristallizzazioni e liberarsi. Il testo di Cacciari attraversa tutta la filosofia, dai greci ai giorni nostri, lungo un unico filo rosso riguardante l’aspirazione alla conoscenza dell’uomo. Dai greci sino alle soglie del moderno i filosofi hanno immaginato che la ricerca della verità fosse ispirata da una entità extramondana capace di illuminare l’essenza delle cose e la mente dell’uomo, oltre l’opinione della doxa. Una tale luce anteriore, al mondo ed all’uomo, fondamento del conoscere, attraversa nel corso del tempo diverse avventure, per così dire, diffondendosi nelle cose stesse, tra l’immanentismo di Spinoza e Leibnitz e la fenomenologia di Husserl, sino a spegnersi nel decreto nicciano, “Dio è morto”, scomparendo quindi dall’orizzonte dell’uomo. Si comprende qui il riferimento di Cacciari a Maria Zambrano che mostra come la verità si dia nel buio stesso della vita priva di una tale luce anteriore. Viene tuttavia da chiedere quale sia il senso del vivere per l’uomo privato di un fondamento. Dopo Nietzsche la riflessione che affronta tale tema è quella di Heidegger, secondo il quale l’esserci, l’uomo cioè che si interroga sull’essere, vive nel segno della morte che, per lui, è diversa da quella delle cose e degli animali. La morte per l’uomo, secondo il filosofo tedesco, su cui Cacciari si sofferma, non è una mera fine, ma una possibilità, ovvero la possibilità di non essere più possibile. Ed è la possibilità, cui apre la morte, a rendere l’uomo progettante, nel rilancio del possibile. Facendo incontrare sulla pagina del suo testo Heidegger con Severino, Cacciari appare aderire maggiormente Severino, per il quale porre l’uomo sull’orizzonte della morte, come fa Heidegger, non è che il ripetersi dell’errore fondamentale del pensiero occidentale che vuole l’ente venire dal nulla e perdersi nel nulla, là dove tutto l’ente, di cui fa parte anche il singolo uomo, è per lui eterno. Cacciari, senza fare propria la critica di Severino ad Heidegger mette in luce nel filosofo tedesco una contraddizione: pensare la morte sapendosi mortale fa della morte una certezza non una possibilità mentre, se è vero che l’uomo permane nella possibilità, la possibilità estrema non è la morte ma la possibilità che tutti i possibili siano, ovvero l’impossibile. Ma: perché “metafisica concreta”? Il titolo del saggio, secondo quanto Cacciari dice nel testo, è ripreso da quello di un libro che Pavel Florenskji, un matematico, scienziato, studioso d’arte e prete ortodosso russo, intendeva scrivere. Nei suoi studi sull’icona, Florenskji ribalta completamente l’interpretazione della storia dell’arte medioevale e rinascimentale che vuole quest’ultima più avanzata dell’altra per la sua applicazione della prospettiva. All’inverso, è la prospettiva rovesciata dei pittori medioevali a rinviare ad un al di là del dipinto, ad un invisibile posto oltre il visibile, mentre il dispositivo prospettico inchioda le immagini ad un realismo che falsa di fatto la realtà, invero più dinamica di quella rappresentata. Allievo di Bugaev, amico di Cantor, l’inventore della teoria degli insiemi, Florenskji si dedica alle funzioni complesse o discontinue ricercando le geometrie legate ai numeri complessi o immaginari le quali sono inverse di quelle con i numeri naturali, un pò come la luce e l’ombra, il giorno e la notte. Ed è tra tali due limiti che si pongono tutte le diverse possibilità d’essere dell’uomo, il quale è molteplice, non fisso in una stabile identità. La metafisica, abbandonato il pensiero dell’oltremondo, si dedica quindi a quanto è altro nell’uomo e nel reale, essendo pertanto concreta in quanto rivolta alle possibilità d’essere, quelle che sono state e quelle future, non presenti quindi e tuttavia agenti concretamente sino all’impossibile. Di qui anche la relazione della filosofia (metafisica concreta) con le altre conoscenze, la stessa scienza, che nelle teorie dei quanti scopre la fine del principio di causa ed effetto e il probabilismo, altro nome del possibile.