Mazzocchi: stop a negozi di cannabis, c'è incertezza - Le Cronache Attualità
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Mazzocchi: stop a negozi di cannabis, c’è incertezza

Mazzocchi: stop a negozi di cannabis, c’è incertezza

di Erika Noschese

 

 

L’introduzione del DL Sicurezza ha creato un’ondata di preoccupazione e incertezza nel settore della canapa in Italia, con chiusure e sequestri che colpiscono diversi esercizi commerciali. Per fare chiarezza sulla situazione e sulle implicazioni di queste nuove normative, abbiamo intervistato Matteo Mazzocchi del consiglio direttivo di Canapa Sativa Italia, un’associazione in prima linea nella tutela degli operatori del settore.

La situazione attuale è caratterizzata da un clima di incertezza per le aziende. Può spiegarci quali sono le principali preoccupazioni che affliggono il vostro settore a seguito delle recenti modifiche legislative?

«Purtroppo, le modifiche apportate hanno generato una grande incertezza. Le aziende, sia agricole che commerciali, sono consapevoli di trattare un prodotto che non ha caratteristiche psicotrope. La normativa 309/90 sugli stupefacenti esclude chiaramente i prodotti al di sotto della soglia consentita di THC. Di conseguenza, non si capisce perché impedire la commercializzazione di un prodotto che rimane lecito in tutta Europa. Questa è la grande domanda a cui non abbiamo ancora ricevuto risposta».

A fronte di questa incertezza, come si sta ponendo Canapa Sativa Italia nei confronti delle istituzioni e qual è la vostra posizione sul dialogo e la collaborazione?

«Dal nostro punto di vista, siamo sempre disponibili a qualsiasi tipo di confronto con le istituzioni. Siamo presenti al tavolo di filiera e ci sono già le strutture dove poter chiarire e definire meglio il lavoro che svolgiamo. È fondamentale ricordare che questo settore dà lavoro a circa 3mila aziende in Italia, impiega fino a 28-30mila dipendenti, inclusi gli stagionali, e rappresenta un valore di 2 miliardi di euro. Immaginiamo quale sviluppo vi potrebbe essere se fossimo liberi di operare pur nel pieno rispetto delle regole, cosa che nessuno chiede di disattendere».

Si sono registrati diversi casi di sequestro di infiorescenze di canapa. Qual è l’andamento di questi casi e cosa emerge dai provvedimenti successivi?

«È vero, ci sono stati i primi casi di sequestro, ma anche i primi casi di dissequestro. Questo perché non si tratta di materia drogante, ed è questo il punto fondamentale. Stiamo assistendo alla restituzione del materiale sequestrato proprio perché le analisi tossicologiche forensi condotte evidenziano l’ inoffensività di questi prodotti . Fortunatamente, oggi non registriamo più con la stessa frequenza la distruzione del materiale, che comportava gravi perdite economiche per le aziende».

La problematica della conservazione del materiale sequestrato sembra essere un altro nodo cruciale. Quali sono le conseguenze per le aziende in questi casi?

«Purtroppo, è vero che non vengono garantite le condizioni di stoccaggio del materiale sequestrato. Non avendolo avuto in disponibilità per mesi, anche chi aveva tutta la liceità di disporne la vendita spesso è costretto a distruggerlo perché non è al corrente delle condizioni in cui è stato mantenuto».

Il Governo ha espresso l’intenzione di non commercializzare il fiore ma di garantire al comparto industriale la possibilità di lavorare. Come valuta questa posizione e quali sono le sue implicazioni pratiche per il settore?

«È un settore che ha a che fare con tre macrosistemi: agricolo, commerciale e industriale. Il concetto espresso dal Governo, secondo cui non si dovrebbe commercializzare il fiore ma permettere all’industria di lavorare, come abbiamo spiegato anche negli incontri istituzionali, non è corretto. Il fiore, anche in un sistema industriale che lo considera un prodotto secondario, non permette lo sviluppo del settore industriale a causa delle attuali definizioni di legge che ci stanno creando oggettive difficoltà».

Potrebbe farci un esempio concreto di come questa normativa ostacola il settore industriale?

«Facciamo un esempio pratico: se ho una vasta produzione di canapa su terreno finalizzata alla creazione di fibra, quando effettuo il trasporto, il fiore è naturalmente attaccato alla pianta. Se qualcuno mi ferma, non sto rispettando la normativa attualmente in vigore, rischiando di incappare in tutte le conseguenze negative del caso. Questo è un impedimento quindi anche per il settore industriale, senza parlare poi dell’aspetto economico. Se il fiore è destinato alla cosmetica o altro, la mia azienda, invece di recuperare un costo, subisce un danno perché la pianta è unica e mi si impedisce di utilizzarne una parte pur consentendone l’uso per un’altra. Ovviamente stesso concetto per la fase di lavorazione e stoccaggio».

In che modo Canapa Sativa Italia sta agendo per tutelare i propri associati e gli operatori del settore, sia a livello nazionale che internazionale?

«L’associazione, pur mantenendo sempre l’assoluta volontà di collaborare con le istituzioni, ha anche il compito di tutelare gli associati e gli operatori del settore. Lo stiamo facendo rivolgendoci in sede europea: abbiamo già presentato alla Commissione Europea una petizione che è stata discussa, e sono stati chiesti chiarimenti all’Italia sul perché dell’adozione di una normativa di questo tipo che va in contrasto con la normativa europea, quindi sovranazionale, che i singoli Stati devono rispettare. Lo stiamo facendo anche in sede giudiziaria, perché è la modalità corretta per avere chiarimenti sull’interpretazione legislativa».