di Erika Noschese
In campo con Noi Moderati è pronto a conquistare il parlamento. Massimiliano Marotta è candidato capolista nel collegio Campania 2 Salerno-Avellino per la Camera dei Deputati. Candidato con Noi Moderati, la attende una sfida importante. Cosa l’ha spinta ad accettare questa candidatura? “La politica fa parte del mio dna, è una passione fortissima che mi anima da tantissimo tempo. Negli ultimi anni purtroppo abbiamo assistito ad una sorta di azzeramento dei contenuti del dibattito politico, sempre più connotato da toni inutilmente esasperati. Pare quasi che sia passata la regola del “chi urla più forte, vince”. Questa non è politica, non è confronto, non è dialogo. Credo che questo momento così basso dipenda dalla scarsa preparazione degli interlocutori, talvolta prestati alla politica per un fortunato caso del destino, oltre che dalla tensione eccessiva creatasi tra i due poli opposti. Ecco, quando si tende incautamente un elastico, il pericolo di rottura è certo. Oggi questo pericolo rischia di ricadere sulla vita democratica del nostro Paese e, dunque, dinanzi a questo scenario così preoccupante mi sono chiesto quale dovesse essere il contributo da poter dare e cosa si dovesse fare per iniziare un percorso di miglioramento, così mi sono rimboccato le maniche mettendomi a disposizione della coalizione di centrodestra per perseguire un obiettivo fondamentale: restituire dignità al confronto politico e valorizzare i temi veri, quelli davvero essenziali per la nostra Nazione ed ormai da troppo tempo accantonati nel nome dello scontro partitico”. Salerno è oggi una città con tanti problemi, ci sarebbe bisogno di una particolare attenzione a livello politico. Quali dovrebbero essere per lei le priorità? “Salerno è una città che risente molto di una gestione errata, frutto di una visione politica non condivisibile. Su Salerno grava una cappa che ne inibisce lo sviluppo e che ne rallenta fortemente la crescita. Quello che è sotto gli occhi di tutti dipende dall’idea distorta che la cosa pubblica sia cosa privata, che il pluralismo sia un male da combattere e che al confronto dialettico debba essere preferita la condivisione acritica. Il personalismo non ha mai aiutato questa terra, né ieri, né oggi. Io non credo alla politica che prima promette e poi presenta il conto, né condivido la politica che esiste grazie alle difficoltà della gente, sono invece persuaso che si debba fare bene e subito, partendo dalle cose più semplici, per poi arrivare a quelle più complesse. Mi piacerebbe vedere Salerno come una città dove il patrimonio storico ed artistico sia valorizzato, dove sia ottimizzata la sua vocazione turistica, dove il cemento non divenga la panacea di tutti i mali, dove la pulizia di una strada non sia un’opera straordinaria da reclamizzare in vista delle elezioni, dove il verde pubblico sia un bene da tutelare e non un orpello inutile da rimuovere, dove per far funzionare un aeroporto non si debba attendere un trentennio, dove il debito di bilancio non sia simile ad un vero e proprio buco nero. Questa è la Salerno che sogno!”. Quali, secondo lei, le similitudini e le differenze con Avellino? “Sono due province stupende, ricche di storia e di tradizioni, dove la gente sente fortissimo il sentimento di appartenenza. Le radici e l’identificazione col proprio territorio sono il comune denominatore dei salernitani e degli avellinesi, entrambi innamorati di una terra talvolta sfortunata. Ricorrendo ad una frase celebre, parliamo di due popoli che conoscono il loro passato, che sanno da dove vengono e che altrettanto chiaramente sanno dove vogliono andare. È quindi assolutamente necessario offrire loro gli strumenti giusti per percorrere la via della crescita, nell’ottica di una politica al servizio della gente e quale strumento per realizzare un progetto, ampio e condiviso, di crescita e valorizzazione”. Lei porta un cognome importante per lo scenario politico locale e nazionale. Questo la spaventa? “Assolutamente no. La tradizione politica della mia famiglia è per me un patrimonio essenziale, senza questo bagaglio di conoscenza non mi sarei mai cimentato nella nuova sfida che mi attende. Oggi la politica ha bisogno di serietà e preparazione, perché il tempo dell’improvvisazione è finito. Provo gratitudine e sincera ammirazione verso mio padre, ma sono certo che a questo mondo non esista un’eredità politica da tramandare da padre in figlio, perché la fiducia ed il consenso si conquistano con le idee, con i progetti e mettendoci la faccia. Il mio passato è senz’altro una forza, ma nel futuro vedo passi da fare in autonomia e con responsabilità personale”. Si torna al voto con la riduzione del numero dei parlamentari. Secondo lei c’è un rischio concreto per i territori in termini di rappresentanza parlamentare? “Il ruolo del parlamentare è quello di legiferare, dovendosi adoperare per creare Leggi che rispondano agli interessi generali di tutta la collettività, senza distinzione territoriale. La ridotta rappresentanza parlamentare non intacca o compromette questa attività ma, al più, impedisce al parlamentare di spiegare a livello locale il dettagliato contenuto della Legge stessa. In altri termini, la ridotta rappresentanza preclude o rende più complessa una più proficua interazione e comunicazione tra cittadino ed istituzione”. Quali dovrebbero essere le prime sfide del prossimo governo? “Non ho la presunzione di individuare quali siano le priorità di un’agenda di Governo, ma posso dire che molti sono i settori dove si impone un intervento immediato, anche considerando i due anni precedenti e ciò che ci attende nel prossimo futuro. Reputo improcrastinabile un intervento per il caro bollette e l’adozione di misure volte a garantire un’autonomia energetica del Paese. Questo è un argomento che per troppo tempo è stato trattato solo empiricamente e che, purtroppo, oggi è divenuto più che mai concreto. E’ senza dubbio necessaria una riforma del processo civile, di quello penale e di quello tributario. La Giustizia riverbera immediatamente e direttamente i suoi effetti nel quotidiano, sulla vita di noi tutti e proprio su questo tema non si può più attendere. Non da ultimo, vanno rivisitati alcuni principi ispiratori dell’attuale modello fiscale, in altri termini non è più pensabile un Fisco che inquisisca, incapace di valutare caso epr caso le tesi del contribuente”. Quali sono i temi a lei più cari e sui quali intende puntare la campagna elettorale? “La coalizione di centrodestra ha un programma sviluppato in 15 punti semplici e molto chiari, tutti legati ai settori nevralgici della vita di ciascuno di noi. Anche considerando il mio background professionale, mi appassionano moltissimo i punti sul Fisco, sulla Giustizia e sull’Energia, che reputo essere aspetti nodali da dover affrontare immediatamente”.