di Erika Noschese
Solo due settimane fa, la Camera dei Deputati ha approvato invia definitiva – con 200 voti favorevoli, 61 astenuti e nessun contrario – la proposta di legge C. 1135, già approvata dal Senato, per la prevenzione della violenza di genere. Si tratta di un provvedimento in materia di poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell’articolo362, comma 1-ter, del codice di procedura penale e in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere. Oggi, la provincia di Salerno fa i conti con l’ennesimo femminicidio. «Quando parliamo di pene siamo già sconfitti, dobbiamo parlare di prevenzione, insegnare ai ragazzi, fin da piccoli, il rispetto», ha dichiarato la presidente della Commissione di Inchiesta sul Femminicidio e le Violenze di Genere, Martina Semenzato, esponente di Noi moderati in una intervista rilasciata in esclusiva a Le Cronache.
Onorevole, ennesimo femminicidio in provincia di Salerno. Una donna ha perso la vita per mano dell’uomo che diceva di amarla… Un fenomeno sempre più allarmante a livello nazionale…
«Per quanto riguarda la violenza di genere non dobbiamo più parlare di emergenza ma di un fattore strutturale, tra l’altro multifattoriale perché qui il tema è sociale, culturale, politico, economico. L’aspetto fondamentale è proprio la cultura della differenza di genere, una visione maschile di predominanza nei confronti della donna fa sì che l’uomo si senta legittimato ad intervenire con la violenza per le questioni con la propria compagna o la moglie. Oggi dobbiamo intervenire sull’unico strumento a disposizione, la prevenzione, riappropriandosi della cultura del rispetto; non è un processo facile perché significa scardinare un fenomeno diventato strumentale, che si è sedimentato nel corso di questi anni. Tra l’altro, la tutela della donna ha una giurisprudenza recente, circa quarant’anni, con l’abolizione dello stupro come atto sulla morale, quando abbiamo iniziato le vere tutele nei confronti delle donne. Il percorso è radicato, ci troviamo di fronte ad una società molto veloce, che viaggia con i social e con il web. Di pari passo la comunicazione che caratterizza un po’ tutti gli ambienti, generando bullismo, body shaming fino ad arrivare alla violenza di genere e femminicidi. È difficile, spesso, intervenire in un aspetto dove la cosa fondamentale è l’intimità: la mano che ti uccide è la stessa con cui tu fino a qualche giorno prima avevi fatto una progettualità di vita; il problema è il coraggio di denunciare, la paura di denunciare perché spesso è accompagnata da un cambiamento radicale lasciando il lavoro, magari cambiando casa e così via e rispetto a questo c’è un aspetto psicologico nell’affrontare la questione. C’è poi il grande tema della tutela della donna dopo la denuncia, pene certe e chiare e soprattutto deve esserci grande reattività a tutela delle donne. Si può intervenire in due modi, probabilmente: su un percorso di prevenzione che deve nascere in famiglia con un sistema educativo secondo cui la donna deve essere rispettata riappropriandosi del ruolo genitoriale; percorso scuola: fin dalla scuola primaria bisogna inserire nel patto tra Scuola e Famiglia la possibilità di fare educazione del rispetto di genere. Solo così possiamo iniziare questo percorso di scardinamento di modelli tossici e patriarcali ma la tutela deve passare attraverso un monitoraggio serrato della comunicazione, etica. È proprio nell’approccio uomo donna che è necessario intervenire, modelli educativi infelici».
Il governo nazionale centrale prova a fare la sua parte fino in fondo con l’istituzione della Commissione d’Inchiesta…
«La commissione è bicamerale, Camera e Senato e c’è tutta la volontà di una coralità di lavoro perché i temi sono comuni. Secondo me le pene ci sono ma vanno applicate in maniera puntuale dall’inizio della denuncia fino all’attività di monitoraggio, i tempi che sono stati ridotti, il cambiamento del magistrato se non si interviene subito; insomma. C’è una reattività profonda anche sul tema della pena, con l’impianto Piantedosi, Roccella, Nordio deliberato d’urgenza nei giorni scorsi tanto che si stanno facendo in commissione Giustizia le audizioni ed è un irrobustimento del codice rosso dall’ammonimento prefettizio, alla specializzazione dei fascicoli per i magistrati, il braccialetto elettronico e ovviamente i 500 metri di distanza. Quando parliamo di pena però siamo già sconfitte perché vuol dire che una donna è già stata uccisa, stuprata o subisce una violenza di genere; noi dobbiamo lavorare sulla prevenzione ma mi pare che nello scenario infelice ci sia una rinata sensibilità della società civile, associazioni, scuole, operatori del settore per alzare la soglia di attenzione su quest’argomento».
Spesso le donne hanno paura di denunciare perché subiscono violenza psicologica, possiamo parlare oggi di ricatto del pane. Hanno paura di rinunciare alla loro vita, ai figli…
«Un’informazione assolutamente scorretta ed è per questo che oggi è necessario ribadire che una mamma che denuncia non perde i bambini, si avvia un processo per allontanarla da quella situazione difficile e le istituzioni, le associazioni, strutture, centri antiviolenza la seguono in questo processo di allontanamento. C’è tanta disinformazione, sento spesso donne dire di non voler denunciare perché non sono indipendenti ma dobbiamo colmare questo gap di conoscenza; se si denuncia inizia un percorso sicuramente difficile ma verso la libertà e che spesso salva la vita. Il tema che io ho fortemente voluto in questa commissione è quello della violenza economica: dobbiamo pensare a donne mentalmente libere ma sempre di più a donne che possano entrare o rientrare nel mercato del lavoro perché spesso i mariti costringono le donne a lasciare il lavoro. Il controllo economico è uno di quei fattori che porta alla violenza, anche indirettamente. Nei giorni scorsi ho parlato con l’associazione di parrucchieri e mi hanno palesato come spesse volte le donne facciano la cresta sulla spesa per poter andare dal parrucchiere perché il marito non permette questa cosa».
Il messaggio che lei oggi lancia è: il governo c’è per aiutare la donna vittima di violenza a ripartire da zero…
«Deve partire da questo presupposto, dobbiamo far sì che le donne diventino più coraggiose, sostenute ad uscire».