Maltempo, Chef Tarallo costretto a chiudere il Paisà: «Ci siamo arresi solo al fango» - Le Cronache
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Maltempo, Chef Tarallo costretto a chiudere il Paisà: «Ci siamo arresi solo al fango»

Maltempo, Chef Tarallo costretto a chiudere il Paisà: «Ci siamo arresi solo al fango»

di Arturo Calabrese

Ristoratore di lungo corso, ma soprattutto cuoco e imprenditore di sé stesso, Pasquale Tarallo si è dovuto arrendere ai danni dovuti al maltempo della scorsa settimana e ha chiuso il “Paisà”, il suo ristorante ad Agnone Cilento, frazione di Montecorice. Il locale si è allagato in seguito alle forti piogge e Tarallo, insieme alla sua famiglia con la quale porta avanti l’attività, si è visto costretto a chiudere per poterlo rendere nuovamente agibile. La chiusura arriva in uno dei momenti più difficili e delicati che segue quello nefasto della pandemia. Tali situazioni, il covid e la congiuntura economica, hanno reso complicata la vita di chi vive nel commercio, ma c’è chi resiste tra mille difficoltà. Tarallo, oltre ad essere ristoratore, è anche consigliere comunale proprio a Montecorice. «Anche se la mia attività sorge in un borgo marittimo – dice – la stagione invernale è difficile per tutti. Si dovrebbe pensare a Zone Economiche Speciali in cui avviare un serio ragionamento di fiscalità di vantaggio».

Chef Tarallo, si è visto costretto a chiudere il “Paisà”…

“Non c’era riuscito nemmeno il covid a farmi chiudere, ovviamente non parlo del periodo più complesso della pandemia, ma quando abbiamo cominciato ad uscire di casa e quando si poteva andare al ristorante. Ultimamente le cose non vanno benissimo a causa dei rincari, ma ugualmente ho e abbiamo resistito. All’acqua e al fango, però, ci siamo dovuti arrendere. Il locale era purtroppo inagibile e siamo stati obbligati a chiudere per effettuare lavori e mettere tutto in ordine al fine di poter riaprire quanto prima. Per il fine settimana avevamo la prenotazione di un gruppo di turisti americani e a malincuore abbiamo dovuto disdire. Come sempre faccio, sarebbe stata occasione di parlare loro del Cilento e delle nostre bellezze, oltre che di introdurli alla nostra cucina. Per cause di forza maggiore ho dovuto dire di no”.

Agnone è un piccolo borgo di mare che nei mesi non turistici vive gli stessi problemi delle aree interne. Qual è la situazione?

“È difficile. A novembre, quando inizia a far buio, per strada non c’è più nessuno e di questo ne risentono le attività. Anche per una semplice passeggiata, i cittadini e i giovani vanno altrove, spendendo altrove e vivendo altrove le realtà. Purtroppo questa è la situazione che viviamo e non c’è nessuno che ci aiuta a vivere degnamente come in altre zone d’Italia”.

Cosa vuol dire?

“È semplice. Chi vive nel Cilento, sia in un borgo dell’interno che marittimo, si ritrova a pagare le stesse tasse che paga chi vive in città, ma senza avere i servizi. Non abbiamo un ospedale, non abbiamo le farmacie, non abbiamo gli uffici postali, non abbiamo una viabilità degna di tale nome. Le scuole nel Cilento chiudono. Ricordo che quando ero un piccolo studente, nel comune di Montecorice, ogni frazione aveva una propria scuola con tanti studenti. A distanza di un paio di generazioni, le classi sono sparite e con esse i vari plessi.  Con la mia attività, insieme ovviamente alla mia famiglia, avevo deciso di rimanere aperto tutti i giorni a pranzo, anche in questo periodo autunnale, e poi ogni sera nel fine settimana. È a tutti gli effetti una resistenza quella che io e tanti i miei colleghi mettiamo in atto quotidianamente. Resistiamo e lo facciamo con tanto spirito di sacrificio ma non è per nulla facile. Il Parco del Cilento è un qualcosa di importantissimo per noi, ma accanto alle giustissime limitazioni che ci vengono imposte, si dovrebbe riflettere anche su di una fiscalità di vantaggio per chi nel Parco vive. Le attività verrebbero aiutate a sopravvivere nei momenti più ostici dell’anno e si invoglierebbe a vivere qui, con più precisione a continuare a vivere qui, le giovani coppie che possono decidere di stabilire qui la propria famiglia. Se col covid avevamo la speranza che tutto sarebbe finito, adesso di speranza ce n’è ben poca”.

Questo Suo appello potrebbe avere dunque una doppia valenza: imprenditore e amministratore…

“Sì, certo. Le istituzioni più alte rispetto ai comuni dovrebbero impegnarsi per far sì che il Cilento sia una Zona Economica Speciale con fiscalità di vantaggio per tutti. La gente avrebbe una motivazione in più per rimanere qui perché abbiamo tanto a cominciare dal mare, dalle montagne, dall’aria buona e da tanti altri aspetti che solo nei borghi si trovano. La mancanza di servizi, però, incentiva ad andare via, ad abbandonare la propria terra”.

Chef, gli aumenti di bollette e materie prime hanno messo a dura prova anche le attività ricettive. Qual è il Suo pensiero?

“Una piccola attività in un piccolo paese come può far fronte a bollette più che triplicate? Chi l’anno scorso ha pagato 500 euro, oggi se ne trova a pagare il triplo se non il quadruplo. È impossibile e di conseguenza l’attività chiude, chi la gestisce va via e si avvia il circolo vizioso che tutti ben conosciamo. Si deve fare qualcosa quanto prima perché la situazione non è delle migliori e per molti potrebbe essere il colpo di grazia”.