Questa sera alle 21, il sipario del teatro Verdi si leverà sulla compagnia di Luigi De Filippo, interpreti di Natale in casa Cupiello
Di OLGA CHIEFFI
E’ la prima volta in assoluto che un De Filippo porta in scena “Natale in casa Cupiello” dopo Eduardo. Non ci ha provato il figlio Luca, forse perché dal 1931, infiniti spettatori hanno imparato a collegare l’idea del Natale ai sentimenti e alle speranze di Luca Cupiello, al concentrato di sogni e desideri racchiuso nel presepe dedicato alla famiglia affettuosa che tanto intensamente vorrebbe avere, ai suoi gesti misurati e l’infinita pazienza con cui tenta di renderlo vivo, al teatro anatomico della faccia di Eduardo-Lucariello, tanto vera da far ridere e piangere della caparbia volontà di Luca di ricostruire il “suo” quadro familiare, tanto forte da non recedere mai dalla promessa miracolosa del Natale che si è presentato con tutti sentimenti. Ci si è voluto cimentare, invece, il nipote Luigi, figlio di Peppino che questa sera, alle ore 21, ritroveremo sul palcoscenico del teatro Verdi, nei panni di Lucariello. Diretti dallo stesso Luigi De Filippo, in scena ci saranno Stefania Ventura (la moglie di Luca Cupiello, Concetta), Vincenzo De Luca (il figlio Tommasino, detto Nennillo), e poi Claudia Balsamo, la rispostera Ninuccia, Paolo Pietrantonio (Niculino), Massimo Pagano (Zio Pasqualino) Michele Sibilio, (il Portiere) Ferdinando Maddaloni (Vittorio Elia) Luca Negroni (il medico), Marisa Carluccio (Carmela) Tiziana Tirrito (Olga), Carmen Landolfi (Rita), Carlo Zanotti (Alberto), Geremia Longobardo (Luigi). Nell’iconografia teatrale classica di Eduardo “Natale in casa Cupiello” coincideva con una domestica discesa all’inferno e ricostruiva, nella cornice del Natale e nell’apparentemente innocua preparazione del presepe, un ritratto di famiglia fatto di menzogne, segreti, frustrazioni, umiliazioni e ambizioni. Casa Cupiello, è alla deriva nella precarietà della vita, in un clima realistico che scaturisce dal contrasto fra il crepuscolarismo e la vita (Luca Cupiello era un vecchio bambinone: considerava il mondo come un enorme giocattolo. Quando ha capito che con questo giocattolo ci doveva scherzare non più da bambino, ma da uomo…non ha potuto. L’uomo in Luca Cupiello non c’è, e …il bambino aveva vissuto già troppo). Il sogno inconfessato di Luca è di fermare il tempo, di avere i figli sempre piccoli; in realtà è lui che si proietta nei figli rimasti bambini. Il presepe è l’immagine che fissa per sempre Luca a uno stato fanciullesco. La Morte che è una scelta psicosomatica che denuncia e proclama il rifiuto di Luca di crescere di assumere le sue responsabilità di padre di una figlia che vuole essere libera. Forse è possibile spingere più a fondo lo scavo, in questo personaggio enigmatico e complesso di adulto-bambino che non tradisce la fedeltà alla propria infanzia, che preferisce morire, piuttosto che rinunciare al principio di piacere, che egli applica, peraltro, anche alla figlia. Il grado sociale di Luca, il suo rango di fattorino di fiducia della tipografia lo rendono solidale con il desiderio della moglie di imporre a Ninuccia un matrimonio di interesse. Ma la sua misura profonda, il suo carattere puerile, anarchico e ribelle, spontaneamente egoistico, lo spinge a solidarizzare con le scelte adulterine della figlia. Certo, c’è del metodo nella follia di Luca Cupiello, nel primo atto consegna al genero la lettera della figlia che rivela il suo adulterio; nel secondo invita a pranzo l’amante, nel terzo unisce le mani dei due adulteri e benedice, con l’autorità sacrale di chi parla in limine mortis il loro eterno amore, prima di prendere il proprio posto nel Presepio.