di Michelangelo Russo
La vicenda degli errori del Bilancio del patrimonio di Salerno ci porta a raccontare la storia vera del Parco solare che sta ad Eboli, su terreno di proprietà del Comune predetto. E’ un bene patrimoniale che è stato destinato alla vendita, per contribuire a ridurre il terrificante disavanzo di ben 172 milioni di euro che i salernitani, in un modo o nell’altro, devono pagare pena il crack finanziario. Bene! Quel terreno di ben 180 ettari circa, fu incautamente donato dalla famiglia Baratta a Salerno molti anni fa. Naturalmente, come da prassi consueta, il Comune non fece niente. E il bellissimo Borgo Baratta, sebbene in rovina (fu costruito tra fine ottocento e primi decenni del ‘900), rimase senza prospettive. Nel 2011 fu installato il parco fotovoltaico su 42 ettari. Grandi festeggiamenti ufficiali, e l’illusione di corrente elettrica gratis per Luci d’Artista. Ma, come ha dimostrato nelle settimane scorse l’implacabile nostro editorialista Alfonso Malangone, adesso al Comune non arriva manco più una lira di energia elettrica. Anzi, siamo in perdita. Mentre chi ha guadagnato di botto 69 milioni di euro fu, nel 2012, la società che si aggiudicò la messa in opera dei pannelli solari; che si affrettò subito a rivendere l’impianto a una società estera, con un guadagno strepitoso. Adesso, tranne la porzione coperta dai pannelli, il terreno è stato posto in vendita per 7 milioni di euro. Già! Ma chi se lo compra? La storia del Borgo è una comica, e triste, vicenda di incapacità di un Ente Pubblico di curare i propri gioielli. Nel 2011 fu firmata con la società dei pannelli una convenzione con la quale la ditta si impegnava a costruire un polo didattico nel Borgo, ristrutturando il complesso. Non è stato messo un chiodo! Dopodiché, negli anni seguenti, di fronte all’inerzia, il Comune disse a quelli dei pannelli che andava bene anche ristrutturare a Salerno un edificio come polo didattico. Da allora, non se ne è fatto niente! Tutta questa premessa per introdurre il vero protagonista della nostra avventura nel Borgo Baratta di qualche giorno fa. Il Cavallo di Persano! E’ il più pregiato e antico cavallo d’Europa. Il più bello e resistente. La sua origine parte dagli esperimenti nientemeno che di Federico II, nel 1200. Fu lui a incrociare cavalli turchi con razza italiana, per farne un perfetto strumento di guerra. Nei secoli, quei primi esperimenti biologici si tramandarono, fino alle lungimiranti visioni dei Borboni. Che, nelle fattorie della Casina Reale di Persano (sopravvissuta alle devastazioni di questo secolo grazie al fatto di essere al centro di un demanio militare attualmente ridotto a soli 1500 ettari) crearono la perfezione assoluta del cavallo di razza Persano. Dai cavalli di Persano sono discese linee di sangue che hanno rifornito le cavallerie di tutta Europa, quando la Cavalleria era l’arma più importante. La guerra moderna ha perduto l’arma nobile della Cavalleria, e il cavallo di Persano non ha più l’importanza strategica (ed economica) che aveva un tempo. Attraverso gli incroci multipli, il patrimonio genetico rischiava di rimanere solo nella storia. Ma qui arriva l’altro protagonista, di questi giorni. E’ il principe Alduino di Ventimiglia di Monteforte. E’ un nobile siciliano con mille anni di storia familiare. Il feudo, nei secoli, è andato perduto. Ma un tesoro è rimasto: l’amore e la passione per il cavallo di Persano. Il Principe si batte da anni per dare a questo splendido cavallo la gloria che merita. Ha ricostruito un’intera mandria selezionando in modo certosino la purezza della linea di sangue, che è adesso originaria al cento per cento. E ora cerca casa per questo patrimonio genetico che è il più antico marchio DOC delle terre salernitane. E’ più antico delle mozzarelle di bufala e della mitica uva “sanginella”. Ed è un marchio conosciuto in tutto il mondo, celebrato nelle memorie militari di mezzo pianeta. Ma i salernitani non ne sanno niente. Ignorano che sono proprietari di quello che un tempo era un gioiello di archeologia rurale di 180 ettari, che adesso è ridotto a “oro dei farlocchi”, cioè i fessacchiotti, che non sanno quello che hanno per le mani. E’ venuta su l’idea, allora, di portare al Borgo Baratta la mandria del Principe, per dare i cavalli in cura ai tossicodipendenti della Emmanuel; col duplice scopo di dare una casa stabile ai cavalli e una terapia utilissima alle tossicodipendenze, e magari ai bambini autistici di Eboli e Battipaglia (l’ippoterapia e è insostituibile per l’autismo). E così, con il Principe, siamo arrivati al Borgo Baratta per un primo contatto. Nella prossima punta vi diremo come è andata. Vi assicuro risate a crepapelle, anche se purtroppo c’è da piangere. (I puntata)
1 Comment
Ottimo spunto di riflessione su una ricchezza vilipesa e quindi relegata all’oblio e alla marginalità delle sue potenzialità economiche e occupazionali.
Comments are closed.