di Michelangelo Russo
La manifestazione degli ambientalisti contro lo sfascio del panorama del Castello di Arechi è la prima avvisaglia delle immense difficoltà che troveranno l’Autorità Portuale e il Comune di Salerno per realizzare il raccordo del tunnel di Porta Ovest con l’Autostrada. La incredibile progettazione di ponti altissimi in cemento armato (che in teoria dovrebbero addirittura essere provvisori) che deturperebbero il paesaggio storico di Salerno scatenerà l’inferno al momento della posa in opera. Al Comune, per riuscire nell’intento, non resterà che rivolgersi al mago Barliario, che, secondo la leggenda, solo con l’aiuto del Diavolo in persona realizzò i ponti del millenario acquedotto di via Arce in una sola notte. Solo così, nelle speranze della politica locale, i salernitani si troveranno di fronte a cose fatte, e Salerno sarà “più grande e più bella di pria”, come diceva Petrolini-Nerone mentre Roma bruciava.
Scherzi a parte, il rumore di pochi diventerà frastuono man mano che la città prenderà consapevolezza del disastro che le stanno preparando i pasticci progettuali di un’opera che, nelle facili previsioni, resterà incompiuta per forza di cose. Innanzitutto l’iniziale progetto è risultato fallimentare, come si capisce dalla variante totale delle iniziali previsioni costruttive del tunnel dal Porto all’Autostrada. Sono dieci anni almeno che questa spesa di oltre cento milioni di euro va avanti senza costrutto. Quello che da tempo scriviamo, e che pare sempre più evidente, è stata una apparente, sorniona callidità delle Amministrazioni interessate nel non presentare in pubblico, tra fanfare e spettacolini, un rendering tridimensionale dell’opera, o un modellino, una maquette, insomma una rappresentazione percepibile facilmente dell’entità dello sconquasso.
Per la presentazione del Crescent, fu portato in trionfo ed esposto a lungo in pubblico, un plastico dell’opera di costruzione della “piazza sul mare più grande d’Europa”.
Il plastico lo pagò il Comune, e fu poi trovato, come narrano le cronache, abbandonato dopo qualche tempo in un vicolo del centro storico. Per i nuovi Ponti del Diavolo, come chiameremo da adesso il raccordo sotto il Castello, non occorreva tanto spreco: bastava un modellino piccolo. Ma anche quello avrebbe spaventato i Salernitani, e probabilmente fatto accorrere le telecamere di quelle trasmissioni, tipo Report, che in questa Italia sembrano essere ormai i Pubblici Ministeri più rapidi ed informati. C’è poi lo strano caso dei container accumulati a centinaia sotto il Castello, e poi in parte di recente tolti.
Ma che ci fanno in una cava di pietre, che pare non finire mai di esaurirsi? L’attività estrattiva continua? Ma non dovrebbe esserci il ripascimento ambientale della cava, come prevede la legge? Altro mistero da chiarire. Vale però la pena di ricordare quello che disse a Cronache, l’anno scorso, l’architetto Gaetano Izzo in una sua intervista. L’architetto Izzo era il funzionario del Genio Civile di Salerno addetto al controllo delle cave estrattive. Confermò di avere verificato che già diversi anni fa le cave di pietra erano tutte esaurite, e che quindi l’attività estrattiva non poteva continuare. Ma come andava ugualmente avanti? Il Genio Civile imponeva l’alt, al che i titolari delle cave chiedevano di riaprire per fare il ripascimento ambientale. Il Genio Civile lo consentiva, però le cave continuavano a scavare con la scusa che stavano ripascendo.
Il Genio Civile interrompeva nuovamente, e loro nuova richiesta di ripascimento. E così all’infinito, come la filastrocca “c’era una volta un re che disse alla sua serva”. Situazioni intrinsecamente comiche, insomma. Ma a questo punto, paradosso per paradosso, fa che tutta la storia dei nuovi Ponti del Diavolo sia perfettamente conosciuta da Comune e Autorità nella sua più completa irrealizzabilità, e che alla fine sotto il Castello verrà un enorme deposito permanente di container per risolvere i problemi di spazio nelle banchine del Porto, ormai sature da anni?