Lo Schiaccianoci: il sogno, il viaggio, l'amore metafora della vita - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Lo Schiaccianoci: il sogno, il viaggio, l’amore metafora della vita

Lo Schiaccianoci: il sogno, il viaggio, l’amore metafora della vita

 

Il classico tchaikovskiano vince ma non convince. Bene i protagonisti Alessandro Macario e la principessa di “gelo” Anbeta Toromani. Appalusi per Luisa Ieluzzi sensuale odalisca sulle punte

 Di Olga Chieffi

I fuochi pirotecnici, le bancarelle, Salerno illuminata, il Natale, lo Schiaccianoci, la ferale notizia, uno schiaffo, la morte di Luca De Filippo. Avrebbe dovuto essere con noi qui al massimo cittadino mercoledì 2 con “Non ti pago!” commedia amara, come tutte quelle del padre condita di avidità, di fortuna, il sogno, il lotto e di quel particolare rapporto che noi italiani, napoletani abbiamo con l’aldilà. Venerdì sera l’intera compagnia del teatro di San Carlo a sipario aperto, insieme alla direzione del nostro massimo ha annunciato la scomparsa di Luca, uomo di teatro, nato e cresciuto sulle tavole di un palcoscenico, dedicandogli lo spettacolo, continuando, così, a regalare arte poiché ne sarebbe stato felice. Sono trascorsi ormai tre lustri da quando seguiamo Luca dal vivo, qui a Salerno, alla riscoperta di quell’Eduardo poco conosciuto, “minore”, in cui meglio riusciva da protagonista, dopo averlo conosciuto da ragazzina in Tv a fianco del padre, nelle scarpettiane e nei grandi classici del teatro di “famiglia”, Le voci di dentro, Natale in casa Cupiello. Oggi viene naturale chiedersi quali possano essere gli eredi di Eduardo e Luca. Ogni lettura tradizionale di queste opere rischierà di essere superflua, inutile. Forse le chiavi del futuro spettano ad Antonio Latella, il quale smembrando ricostruendo genialmente a suo modo, lo scorso anno “Natale in casa Cupiello”, ha sgombrato ogni ombra di tradizione, qualsivoglia avversativa, da pagine scritte per quei “solisti”, offrendo loro finalmente il viatico dell’universalità e dell’eternità. Ma è ora di levare il sipario su  “Lo Schiaccianoci” di Pyotr Ilych Tchaikovsky, affidato al corpo di ballo del Teatro di San Carlo, che assieme ai validissimi allievi della sua storica scuola ha dato vita ad un  allestimento classicissimo firmato da Lienz Chang. Il sogno di Clara si trasforma in viaggio iniziatico guidato dalla logica del tertium al di qua e al di là dell’opposizione dei contrari, popolato dagli spiriti dell’abisso, simboleggiati dal re dei topi e dal suo esercito che si equivalgono con gli angelici portatori di volo, figure dell’indistinto come la fata confetto, i soldatini, le coppie spagnole, quella russa, i cinesi, gli arabi, che lasciano la bimba sospesa in una ingannevole lucidità galleggiare su di un oceano opaco su cui ha fatto il suo deciso passo, tra le braccia del suo principe schiaccianoci, verso il superamento di quella “sottile linea d’ombra”, guidata dal mantello nero e dalle mani di Drosselmeyer al un po’ mago e maestro, personaggio ambiguo ben schizzato da Edmondo Tucci. Esotismo, pittoresco, meraviglioso, i termini per descrivere il viaggio di Clara, il cui privilegio, offertole dalla sua età, è quello di vivere in anticipo sui propri giorni, in tutta una bella continuità di speranze che non conoscono pause né introspezioni, accogliendo il bene e il male, alla ricerca della formula magica della vita. L’esecuzione da parte del corpo di ballo è stata più che pulita. Qualche numero in più lo abbiamo intravisto certamente nel principe, cui ha dato vita un ottimo Alessandro Macario. Purtroppo, sia in lui che nella protagonista, Anbeta Toromani non è scattata la molla dell’estro, ovvero ciò che distingue un’esecuzione scolastica da quella artistica, lasciando i personaggi scialbi, senza una ben definita personalità, avvolti da un po’ di gelo. Effettistico come sempre il divertissement apertosi con la danza spagnola e, con il vigoroso e protagonistico solo delle trombe, ben eseguito dai danzatori Annalisa Casillo, Martina Affaticato Alessandro Staiano e Stanislao Capissi, ha avuto il suo seguito in una stupenda danza araba centrata sulle mezze tinte e gli archi in sordina su di una suadente idea musicale proposta dai legni e dai violini, accompagnati da un leggero fremito ritmico del tamburino, che ha avuto la sua indiscussa regina e direi, anche della serata, in Luisa Ieluzzi. Brillante la Danza cinese interpetrata da Fabio Gison, Michele Postiglione e Pasquale Incoronato, che hanno dato vita alle bambole di Clara. Splendido anche il trepak, la danza russa che ha posto in luce l’acrobatico Ertugrel Gjoni con Valentina Vitale. Mirlitoni elegantissimi con Anna Chiara Amirante, Annalisa Nuzzo e Ferdinando Riso, prima del quadro finale con valzer dei fiori e apoteosi finale che ci ha ricondotti dal paese dei sogni insieme a Clara donandoci quel necessario viatico di felicità per il 2016. Trionfo per i protagonisti la coppia Macario Toromani e per l’intero corpo di ballo che ha ricevuto tre chiamate al proscenio. Si replica stasera alle ore 18,30.