di Orlando Santoro
Nella via Mercanti, l’antica Drapparia, un monastero ed una chiesa, del Crocifisso, or si chiama. Santa Maria della Pietà, fu il suo primo nome, le clarisse l’abitarono con eminente devozione. La leggenda del Barliario, il legno miracoloso, un divino evento, originò un clima gioioso. Il Santissimo Crocifisso, con opere e sculture, un tempio della fede, che conosce le sue avventure. Un’architettura medievale, che rivive la sua storia, niente cancellerà la sua mirabile memoria. Nella famosa via dei Mercanti, conosciuta dai salernitani, ma anche dai turisti, come l’antica strada in cui vi era il commercio cittadino, tutt’ora presente, con botteghe artigiane e diverse attività, venne eretta la chiesa del Santissimo Crocifisso. La data di costruzione di questa struttura risale tra il X ed il XII secolo, e secondo una tradizione , pare fosse stata fondata in epoca longobarda, da un nipote dell’imperatore Costantino. Una delle prime notizie a noi giunte, è del febbraio 1140, quando Romoaldo, figlio del conte Landone, ne dona all’arcivescovo parte del patronato. La chiesa, fu precedentemente dedicata a Santa Maria della Pietà di Portanova, in quanto annessa all’adiacente monastero delle clarisse di Santa Maria de Pietate, e per la sua vicinanza all’originaria porta della città, chiamata appunto Portanova. Venne intitolata, al SS. Crocifisso soltanto nel 1879, quando vi fu trasferito un crocifisso ligneo detto del Barliario, oggi custodito nel Museo Diocesano nella sala del ‘400. Sul lato meridionale della chiesa insisteva il monastero delle clarisse di Santa Maria della Pietà, detto anche Piantanova, del quale la prima notizia giunta fino a noi è del 7 giugno 1450, quando Caterina Damiano, monaca sagrista di San Giorgio, lo nomina nel proprio testamento. Il monastero è soppresso nel 1866. I locali sono adibiti in parte ad abitazioni private, in parte a sede del brefotrofio provinciale; la chiesa rimane nella disponibilità del comune che, con istrumento del 12 agosto 1878, la cede, quale sede provvisoria, al parroco del Santissimo Crocifisso sfrattato dallo stesso comune, poco meno di dieci anni prima, con ordinanza del 7 ottobre 1868, dalla chiesa dell’ex monastero di San Benedetto che era stata consegnata all’amministrazione militare. La facciata della chiesa è stata realizzata negli anni cinquanta del novecento dopo un precedente e discutibile intervento del 1928 posto in essere contestualmente alla creazione della piazzetta antistante. Essa si presenta con un tetto spiovente, scandita ritmicamente in alto da sette monofore e da un oculo centrale, con tre portali d’ingresso, che corrispondono alla suddivisione interna in tre navate. Sulla destra troviamo il campanile quadrangolare, percorso verticalmente da strette finestre e alleggerito in alto da dieci monofore, in corrispondenza della cella campanaria. All’esterno, lungo la parete di via Mercanti, troviamo alcune tracce dell’edificio originario, un portale in pietra e una finestra ogivale in stucco, che era in origine una bifora. Quest’ultima, è divisa in due scomparti da un architrave : nell’ordine superiore è presente un articolato motivo a traforo, arabeggiante, costituito dall’alternanza di croci e stelle ad otto punte, che la accomuna a decori analoghi presenti nel duomo di Amalfi. Nell’ordine inferiore, due colonnine impostano l’ogiva, che è delimitata da una fascia su cui sono distribuiti sette scudi; purtroppo solo su uno di essi è riconoscibile l’insegna, a bande orizzontali, bianche e rosse, della famiglia Carafa (il primo a partire da sinistra). A questa finestra corrisponde all’interno della chiesa un’apertura che presenta, addossato al davanzale, un gradone più basso che sembrerebbe un sedile. Il portale era invece un antico accesso laterale della chiesa, probabilmente quello che agli inizi del secolo costituiva l’unico ingresso, dal momento che quello principale era stato inglobato all’interno di un androne e non veniva utilizzato. La facciata della chiesa era stata infatti completamente coperta da costruzioni, che le si addossavano, poi demolite nel 1928, quando fu creata l’attuale piazza e realizzata una nuova facciata, preceduta da un porticato e poi sostituita, dopo l’alluvione del 1954, da quella attuale che ha inglobato al suo interno il porticato. L’interno si presenta a pianta basilicale a tre navate scandite da due ordini di archi a tutto sesto in muratura listata, sorretti da sei colonne di spoglio con fusti e capitelli diversi. Al di sopra del colonnato, appaiono raffigurazioni di Santi e Sante francescani, eseguite quando la chiesa fu annessa al monastero delle clarisse. Il lato nord dell’aula è leggermente maggiore di quello sud, per cui la chiesa risulta leggermente inclinata; una lieve pendenza si ha anche fra la quota delle absidi e quella dell’ingresso. Nell’abside centrale un grande mosaico, realizzato nel 1961, riproduce l’affresco della Crocifissione che si trova nella cripta. Nell’abside di destra, al di sotto dell’altare, affreschi del XVI-XVII secolo raffigurano San Clemente martire, Santa Paolina vergine e San Cassiano martire; sotto di essi sono esposte le rispettive reliquie. Dalla navata di destra si accede alla sottostante cripta, recuperata soltanto nel 1950 pur se ne era già nota l’esistenza, essendo documentata fin dal 1515. Essa presenta, come la chiesa superiore, una pianta basilicale a tre piccole navate separate da archi con volte a crociera e chiuse da absidi semicircolari. Sulla parete occidentale, di fronte all’abside centrale, si osserva il grande affresco raffigurante la Crocifissione, databile tra il XIII e XIV secolo; esso è un documento unico a Salerno, testimonianza della ricchezza di riferimenti culturali che fecero grande l’arte fiorita alla corte dei d’Angiò a Napoli e nel Principato. Nell’abside di destra un altro affresco di fattura simile, ma forse posteriore, propone un trittico di Santi racchiusi in archi e separati da colonnine: San Sisto Papa al centro, San Lorenzo a sinistra, un altro Santo pellegrino a destra. Nel dipinto si colgono notevoli assonanze con la Crocifissione, anche se la maggiore fluidità nella resa dei panneggi sembrerebbe indice di un adeguamento allo spirito cortese, di gusto già trecentesco. Al centro Cristo Patiens, il Crocifisso è raffigurato con gli occhi chiusi, patiens, in un’epoca in cui, secondo la tradizione bizantina, si usava dipingerlo sulla croce vivo e con gli occhi aperti, nella tipologia del Cristo Triumphans.Sulla sinistra figura il gruppo delle pie donne, dove la Vergine accasciata, le mani protese verso il Figlio, è sorretta dalle due Marie, cupe ed accorate dal dolore; sulla destra, l’immagine di S. Giovanni, molto deteriorata, è affiancata dalle figure meste di due astanti, riconducibili, secondo il testo evangelico, a Giovanni d’Arimatea e Nicodemo, ma iconograficamente più simili ai Santi Pietro e Paolo, di cui recano anche gli attributi: il rotolo ed il libro. Ai lati della croce sono ritratti i soldati, di dimensioni più piccole rispetto agli altri personaggi, e gli angeli, due adoranti e due che raccolgono nelle coppe il sangue di Cristo che fuoriesce dalle mani e dal costato. Per quanto oggi completamente trasformato ed illeggibile nelle sue strutture originarie, perché smembrato e parzialmente divenuto civile abitazione (palazzo Pernigotti), esistono ancora degli elementi decorativi che collocano il monastero all’interno di quell’architettura, diffusa in Campania a partire dall’XI secolo, caratterizzata dall’utilizzazione di tarsie policrome giocate sull’utilizzo di fasce alternate di tufi grigi e gialli. L’antico loggiato con archi incorniciati da larghe fasce policrome, che presumibilmente correva sui quattro lati dell’edificio, è oggi inglobato in un’abitazione ed è possibile soltanto vedere da lontano alcuni pezzi scultorei sul lato orientale del fabbricato. Pochissimi elementi, tra cui alcuni archi a sesto acuto, tuttora esistenti nei locali dell’ex convento, ne confermerebbero la datazione di origine al XIII secolo. Questa struttura è nota anche per la famosa leggenda del Crocifisso miracoloso, da cui poi prese il nome (SS.MO Crocifisso). Secondo la leggenda Pietro Barliario, aveva una grande passione per le arti magiche e la medicina. Un giorno, due suoi nipoti, Fortunato e Secondino, rimasero soli nel suo laboratorio, e mentre giocavano rimasero uccisi da sostanze velenose, o per lo spavento legato alle immagini, o alle formule di un libro di magia. Barliario, preso dal rimorso e dalla disperazione, chiese perdono al Crocifisso presente sull’altare della chiesa di San Benedetto, il quale dopo tre giorni e tre notti, chinò miracolosamente il capo, in segno di perdono verso il mago. Da questo episodio, che attirò in città tantissimi pellegrini e curiosi, nacque la cosiddetta “Fiera del Crocifisso”, che si svolge durante il periodo quaresimale. Un’opera ricca di arte e cultura che la città non deve assolutamente dimenticare, un percorso storico, che vale la pena visitare, per la sua straordinaria bellezza artistica. Un tempio della fede che nel corso dei secoli, ha avuto vari cambiamenti strutturali, ma che conserva ancora tracce evidenti del periodo longobardo. La religione, la leggenda del Crocifisso, le opere presenti, fanno di questo posto, una delle chiese più affascinati e sublimi, nel campo dell’architettura medievale.