Ed al terzo tentativo l’Ifil fallì. I giudici della Corte d’Appello del Tribunale di Salerno hanno accolto il ricorso presentato dalla Procura di Salerno e pronunciato, così, il fallimento della Ifil C&D con tutte le conseguenze del caso. Quella più rilevante riguarda l’inchiesta avviata dal sostituto procuratore Vincenzo Senatore e Francesco Rotondo per appropriazione indebita che, in considerazione della decisione dei giudici della Corte d’Appello del Tribunale di Salerno, si “trasformerà” in bancarotta fraudolenta. Filone d’indagine nel quale è coinvolto Piero De Luca, figlio dell’ex sindaco di Salerno Vincenzo. Oltre a quest’ultimo rischiano il processo Mario Del Mese, legale rappresentante della Ifil, Giuseppe Amato junior, la moglie Marianna Gatto, Valentina Lamberti (moglie di Mario Del Mese) e i tre soci che si sono alternati nella compagine: Vincenzo Lamberti, Luigi Avino ed Emilio Ferrara, in passato socio di Piero De Luca in uno studio legale. “Aspettiamo di leggere il dispositivo prima di avventurarci in commenti hanno riferito i legali Cecchino Cacciatore e Antonio Ferrari”. Secondo gli inquirenti sono tutti responsabili di una distrazione di fondi che ha svuotato le casse della Ifil, attingendovi per spese personali e regalie. Il figlio del sindaco è indagato per i viaggi in Lussemburgo (dove lavora) che sarebbero stati pagati a lui e a sua moglie con i soldi della società: poco più di 14mila euro da aprile 2010 a novembre 2011 e quasi 9mila dal settembre del 2009 all’aprile 2010. De Luca jr era consapevole, secondo la Procura, di «trarne indebito vantaggio patrimoniale». Peppino Amato e consorte sono invece coinvolti per circa 90mila euro che la Ifil avrebbe versato alla Ma.Ma, la ditta di abbigliamento gestita da Marianna Gatto, che di quel versamento avrebbe beneficiato senza giustifica perché tra le due aziende non risultano rapporti. I soldi, secondo le dichiarazioni rese da Amato jr in un interrogatorio, sarebbero stati un regalo alla famiglia Amato fatto arrivare, tramite Del Mese, dagli imprenditori Esposito della Esa, come “ringraziamento” per l’incarico della demolizione dello stabilimento di via Picenza. Gli Esposito non sono nella lista degli indagati e per la Procura resta il flusso di denaro dalla Ifil (incaricata di vendere le case che dovevano essere realizzate nell’ex pastificio) alla Ma.Ma. Dopo la decisione dei giudici della Corte d’Appello del Tribunale di Salerno, con la dichiarazioni di fallimento della Ifil, si fa concreto il rischio di un rinvio a giudizio per bancarotta fraudolenta.
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