L’Europa delle riforme: fuori dall’austerity - Le Cronache
Editoriale

L’Europa delle riforme: fuori dall’austerity

L’Europa delle riforme: fuori dall’austerity

Di Alessia Potecchi*

L’Europa ha fatto quella svolta che  l’Italia chiedeva da molto tempo, ci si è convinti che la politica dell’austerità aveva indebolito la coesione dell’Europa e aveva favorito un populismo distruttivo. L’Europa ha approvato un piano che è indirizzato allo sviluppo, in questo contesto l’Italia ha avuto un aiuto importante Bisogna ora rendere strutturale questa svolta, occorre cioè che si passi dai provvedimenti parziali a dei piani strutturali questo che cosa significa, che l’Europa dovrà rafforzarsi sempre di più. La Costituzione italiana è una delle più avanzate nel mondo perché mette al primo posto la persona, il cittadino e l’impegno non è del Parlamento, l’impegno è della Repubblica, è un dovere dello Stato di far si che quei diritti vengano attuati, rispettati e valorizzati. Ecco perché le Riforme devono essere attuate e devono realizzare un cambiamento rispetto al panorama che abbiamo oggi, da ciò si evince che le Riforme non possono accontentare tutti, non possono andare bene per tutti, le Riforme devono ridurre le diseguaglianze, chi ha troppo non può continuare ad avere troppo, oggi per esempio la Riforma Fiscale deve essere equa non può avvenire come oggi che il Fisco pesi esclusivamente sopra i ceti medio bassi, sui pensionati, sui lavoratori dipendenti, occorre che ci sia una politica fiscale equilibrata. La Seconda Riforma è quella sul lavoro, il mondo è cambiato, non siamo più all’epoca della catena di montaggio, i soggetti sono diversi, non si può pensare di proseguire la politica del lavoro secondo le abitudini, le regole, le politiche del passato, allora l’azione prevalente del sindacato era di fare in modo che una parte crescente dei profitti delle imprese andasse a beneficio dei lavoratori e oggi bisogna porsi il problema della innovazione tecnologica, dell’intelligenza artificiale, della digitalizzazione, degli algoritmi, questi strumenti devono permettere di valorizzare il lavoro, di dare la possibilità ai lavoratori di crescere in conoscenza e professionalità, non si può accettare che si rafforzi una diseguaglianza tra chi ha la conoscenza delle innovazioni tecnologiche e chi ne è escluso, occorre immaginare un rapporto di lavoro dove accanto ad un conflitto che sempre ci sarà tra lavoratore e imprenditore si allarghi uno spazio di collaborazione, di valorizzazione dei lavoratori, insomma bisogna investire sul sapere delle perone e anche sulla loro formazione che vuole anche dire sicurezza sui posti di lavoro, visti i continui episodi di morti sul lavoro  cui assistiamo, tutte queste cose non devono essere considerate dei meri costi ma degli investimenti di carattere necessario e duraturo. Questo richiede collaborazione, partecipazione, flessibilità, esclude un rapporto che si basi sulla precarietà e sul nomadismo dei lavoratori. Occorre insomma ripensare i rapporti tra impresa e sindacati, bisogna immaginare un rapporto di lavoro nuovo che utilizzi la innovazione per favorire la competitività dell’azienda e il ripristino dell’ascensore sociale. Occorre porre attenzione ai nuovi piani green che riguardano le industrie, bisogna coniugare innovazione e sostenibilità ambientale salvaguardando l’occupazione e la questione sociale, stesso discorso per le delocalizzazioni, regole chiare, confronti e informativa con le parti sociali perché sono inaccettabili le forme di licenziamento che abbiamo visto di recente ma anche impegni per fare degli investimenti seri per far si che le aziende rimangano qui da noi, si ingrandiscano e assumano sempre si più. Bisogna immaginare nuove forme di rappresentanza del sindacato e nuove modalità di contrattazione e una politica economica del governo idonea a sostenere questo cambiamento. E’ evidente che il mondo del lavoro è cambiato, bisogna adeguare la scuola, immaginare una forte azione formativa, tenere conto che i giovani vanno valorizzati, in Italia si ignorano le statistiche, la banca d’Italia da anni denuncia che non solo sono andate all’estero molte aziende italiane ma è rilevante il numero delle laureate e dei laureati che vanno a trovare lavoro in altri paesi dell’Europa e del mondo. La Banca d’Italia da anni fornisce dati ignorati  spesso da chi ci governa, in Italia da diverso tempo il maggior numero di laureati è tra le donne, ogni anno si laureano più donne che uomini, e gli abbandoni degli uomini sono maggiori di quelli delle donne. Questo fa capire che le donne sono una risorsa che deve essere utilizzata. Altra riforma che incombe è quella del Sistema Sanitario e Previdenziale, orma la popolazione è invecchiata, l’aspettativa di vita è tra le più alte al mondo, non possiamo limitarci a discutere di piccoli problemi, se le discoteche devono aprirsi alle 10 o alle 11, se i tamponi devono essere gratis o a carico del governo, se le pensioni devono essere quota 100, 102 o 104, non si può discutere delle minutaglie, bisogna fare sul serio le riforme e il sistema pensionistico va rimodellato sempre seguendo la logica della solidarietà. Questo che cosa significa che le Riforme non possono essere calate dall’alto, devono svolgere un ruolo propositivo e costruttivo. Tutto questo deve avvenire in un contesto nel quale ci sia una grande attenzione ai problemi ambientali, tutto questo richiede una grande capacità di semplificazione delle leggi, tutto questo richiede che si allarghi la partecipazione della società, dei corpi intermedi alla definizione delle Riforme, bisogna semplificare le autority sono troppe e troppo spesso in conflitto tra di loro paralizzano il paese. Insomma le Riforme hanno successo se riescono a coinvolgere il paese. Forse delle Riforme che abbiano un grande dibattito,  che mobilitino il paese, possono essere efficaci per ridurre l’astensionismo elettorale che dilaga nel paese insieme al qualunquismo.

*Responsabile Dipartimento Banche, Fisco e Finanza

 del Pd Metropolitano di Milano