La stagione primavera jazz del Modo di Gaetano Pappacena sarà inaugurata lunedì sera, alle 22, dal batterista Jeff Ballard, il quale insieme con il chitarrista Lionel Loueke e Miguel Zenon al sassofono proporranno all’esigente platea del jazzclub salernitano la loro prima collaborazione in un album dal titolo “Time’s Tales” pubblicata appena a fine gennaio. Il trio sarà introdotto dagli strumentisti locali della band Sbandao, composta da Tonino Borzelli, piano e tastiere, Pasquale Curcio alla chitarra, Piero Cantarella e Vito Morcaldi al basso. La serata proporrà un variegato repertorio che spazieranno da Thelonious Monk a melodie popolari iraniane, con influenze da Bartók, Duke Ellington, George Gershwin, Stevie Wonder contaminate con le tradizioni musicali riflettenti i diversi background geografici dei musicisti, provenienti dagli USA, Benin e Puerto Rico. Il solco africano è scavato dal funky 9/4 di Virgin Forest, e passare a brani che offriranno anche trame oscure, perché le loro influenze musicali sono tante e sarebbe riduttivo fermarsi di fronte alla poliedriche possibilità che una formazione senza bassista mette a disposizione. C´è il brano world, ispirato all´Africa, che apre il disco, Virgin Forest, ma c´è anche il grande standard jazz – The Man I Love fatto con una grande partecipazione, in grado di fare venire la pelle d´oca agli ascoltatori, oppure il brano della band rock di turno, se il suo ex bandleader Brad Mehldau ha inciso Wonderwall degli Oasis ecco che qui appare qualcosa di speciale, e cioè Hanging Tree della rock band Queens of the Stone Age. Ed ancora El Reparador De Suenos del cantautore cubano Silvio Rodriguez ed alcune libere improvvisazioni insieme a Dal (A Rhythm Song) del compositore di musica classica ungherese Bela Bartok. Il trio sa gestire con perizia il materiale scelto, sono un trio moderno che sa filtrare tutte le loro influenze formative e scegliere quello che fa al caso loro piegandolo ad esigenze espressive reali, alla loro voglia di affermarsi come voce personale dall´aspetto collettivo. La batteria di Ballard non ricorrerà a sotterfugi particolari, restando fedele ad una sana, schietta, onesta, moderna tradizione, a cui si può arrivare unicamente avendo tutte le carte in regola e giocandole con trasparente sincerità ed ironia. Ballard si farà apprezzare per il suo eloquio duttile nell’enunciazione stilistica, ora peculiarmente ispirato e complesso, ora rarefatto e soffuso per l’esecuzione delle ballads, lasciando emergere una particolare poliedricità, implacabilmente personalizzata da un’originalità definita in ogni dettaglio, che tende ad evidenziarsi nella scansione del fraseggio, nella ricercata preziosità dell’invenzione che ha pochi eguali.
Alle sue spalle una chitarra di rara eleganza, nel pieno delle proprie facoltà espressive, profonda e affascinante, mentre il sassofono risulterà l’ossatura melodica di ogni brano, andando a completare un insieme perfetto, il cui “quarto” componente sarà il divertimento, l’ironia che ammanterà sia l’aspetto tematico che le fasi “libere”, soprattutto quando il gioco improvvisativo diverrà multiplo, scambievole, incrociato.
Olga Chieffi