Abbiamo incontrato il regista della Lucia di Lammermoor, che ha pensato per Salerno un intenso gotico noir. Il sogno firmare un titolo wagneriano
Di LUCA GAETA
Renzo Giacchieri, romano di nascita, laureato in Musicologia con una tesi su Richard Wagner. Dirigente RAI per i programmi di musica e teatro, Docente presso il Conservatorio di Santa Cecilia. Nel 1981 firma la regia per il Nabucco all’Arena di Verona, a cui faranno seguito tutta una serie di fortunate produzioni, fra cui Macbeth ed un imponente Don Carlo nel 1992. Nel corso degli anni ricopre importanti incarichi anche dal punto di vista della gestione e dell’organizzazione dei Teatri e degli Enti Lirici: dal 1982 al 1986 è Sovrintendente dell’Ente Lirico Arena di Verona, dal 1986 Direttore del Festival Pucciniano di Torre del Lago, dal 1980 al 1990 è Sovrintendente presso il Teatro San Carlo di Napoli. Lo abbiamo incontrato nel corso della produzione della Lucia di Lammermoor, un successo il ritorno qui a Salerno e il consolidamento del binomio con Daniel Oren
L.G.Maestro Giacchieri, come si è avvicinato al teatro d’opera?
R.G.“Ho frequentato sin da piccolo il teatro d’opera. Questo genere e questo linguaggio mi sono sempre risultati familiari. La prima opera che ho ascoltato in teatro fu Mefistofele, restandone estremamente affascinato. Ricordo distintamente lo stupore e la meraviglia che esercitarono in me, la musica, i cantanti e tutti gli elementi propri di questo genere. Ho seguito la mia passione, i miei interessi culturali, studiando ed approfondendo ogni singolo aspetto di quello che sarebbe divenuto poi il mio mestiere”.
L.G. Nella sua carriera, oltre al regista, ha ricoperto importanti incarichi da Sovrintendente. Come ha coniugato questi due aspetti del suo mestiere?
R.G.“Ci ha rimesso il regista! Ho rinunciato a tutte le diverse proposte, eccezione fatta ovviamente di quelle per le quali già avevo preso l’incarico e questo ovviamente perché la gestione di un ente Lirico come l’Arena di Verona o il San Carlo di Napoli, il Carlo Felice di Genova o il Festival Pucciniano di Torre del Lago, per citarne alcune, hanno bisogno di un impegno tale che sarebbe impensabile e poco serio poter credere di conciliare le due cose stabilmente”.
L.G.Quale produzione le ha lasciato un ricordo profondo?
R.G.“Sicuramente l’Aida fatta a Luxor nel 1987 con l’Arena di Verona , cioè nei luoghi dove nacque nella fantasia degli autori”.
L.G.Con quale direttore d’orchestra ha lavorato maggiormente?
R.G.“Con il Maestro Oren. Uno fra i primi spettacoli del nostro sodalizio artistico fu un Don Carlo al San Carlo, ancora prima che ne diventassi Sovrintendente e Direttore. Ho sempre stimato ed apprezzato Daniel Oren e le sue interpretazioni. All’insegna delle nostre collaborazioni c’è stata sempre una grande sintonia, tesa sempre a far collimare la musica, alla scena”.
L.G.Quali sono gli interpreti che hanno saputo evocare a pieno la sua visione registica?
R.G.“Ce ne sono diversi. Ricordo con un amore infinito tutte le produzioni fatte con Bruson, di cui la prima fu un Nabucco all’Arena di Verona, ma anche il basso Bonaldo Giaiotti, scomparso in giugno, la Dimitrova, la Maria Chiara, tutti grandi interpreti. Nutro profondo rispetto verso i cantanti e ritengo estremante complesso ciò che fanno”.
L.G.A quale titolo si sente profondamente legato e con quale invece sogna di cimentarsi?
R.G.“Io direi tutte! Questo sostanzialmente perché ho amato ogni mio singolo lavoro, dalla fase di studio, fino alla messinscena. Mi piacerebbe poter curare la regia per un titolo wagneriano, in particolare Parsifal e Tristano e Isotta”.
L.G.Come è nata l’ispirazione per le atmosfere di questa Lucia di Lammermoor che ha allestito per il Teatro Giuseppe Verdi di Salerno?
R.G.“Un’atmosfera gotica, noir, in linea con la vicenda, effettuando una virata rispetto alla mie precedenti regie, malinconicamente rievocative di un clima romantico. Gotica e noirnon soltanto dal punto di vista architettonico, ma soprattutto da quello letterario”.
L.G.Quali tratti caratterizzano l’idea che ha di Lucia?
R.G.“Lucia vive in uno stato di totale inquietudine. L’amore impossibile, il rapporto difficile che vive con la sua famiglia, l’aver sposato un uomo che non ama, la conducono più che alla pazzia, verso uno stato di totale schizofrenia, che progressivamente la porta a morire. Il tremore è l’elemento rivelatore del male che le cova dentro”.
L.G.Quali consigli darebbe ad un giovane che desidera intraprendere la carriera da regista d’opera?
R.G.“Intanto deve essere colto, deve sapere cosa è la musica, cosa è l’opera lirica, cosa ha rappresentato e cosa vuol dire per l’evoluzione della cultura e del gusto un’opera lirica. Dopodiché conoscenza tecnica di tutte le parti che compongono questo genere, dalla tecnica scenica, fino all’espressione massima che è la direzione d’orchestra, no che debba essere un direttore d’orchestra, ma che sappia le funzioni che compongono quest’unicumche è l’opera lirica e poi, fare un periodo di assistentato”.