Dopo la personale ad Ascea Marina, nel complesso monumentale della Fondazione Alario, lo scorso agosto, e la collettiva a Torre della Crestarella, presso Vietri sul Mare, a settembre, successivamente ad Appignano e infine a Spoleto, questa volta tele e ceramiche dell’architetto ed artista di origini cilentane, Marco Petillo, sono state esposte presso il palazzo mediceo di Ottaviano. La mostra, organizzata in concomitanza con la seconda edizione della Giornata Cardiologica Medicea, si è tenuta dal 22 al 24 ottobre, e ha visto in esposizione le opere dell’ultimo decennio dell’artista che ha abbandonato paesaggi e figure stilizzate, soggetti eterei ed evanescenti, omini informi e umbratili, travolti dagli ingorghi della città che tutto inghiotte, per dare vita a rappresentazioni dalla forte carica espressiva. Galli e tori in combattimento, animali paesaggi marini assolati o notturni e in tempesta “piovono – stavolta – dentro a l’alta fantasia” di Petillo e si materializzano sulla tela e nell’argilla rimandando, per i toni decisi e per gli accumuli di colore-materia alle opere di Bernard Schultze ed Emil Schumacher. “Ho bisogno del mare perché m’insegna: non so se imparo musica o coscienza” recita una delle più belle poesie di Pablo Neruda, che, da giovane, davanti al mare, “giunse a vivere – con i suoi incendi” e imparò a vivere “il movimento” della vita. È proprio il mare una delle passioni e dei temi prediletti. Trafitte da raggi di luce abbacinanti, minacciate da cieli tempestosi e tetri, le acque della costiera cilentana, sullo sfondo o in primo piano, vivono imperiose su grandi tele che celebrano la natura e il suo dominio. Poi, sassi, vegetazione marina e, soprattutto, ginestre, simbolo leopardiano di coraggio e resistenza estrema di fronte al destino inevitabile dell’uomo si materializzano in colori pastosi che si accumulano e si depositano sulla tela, quasi a testimoniare una forza, “un incendio” sopito dall’artista durante il processo della creazione. Le sale della sontuosa residenza medicea, una volta proprietà di Raffele Cutolo, poi acquisita al patrimonio dello Stato e affidata al Comune di Ottaviano, eretta probabilmente già in epoca longobarda, ospiteranno, oltre all’ultima produzione pittorica, anche una collezione di piatti e sculture ceramiche che propongono soggetti ben noti al pubblico estimatore delle opere di Petillo: galli e tori impegnati nel combattimento, in quell’arte “che lega la vita alla morte”.
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