di Olga Chieffi
Stefano di Battista torna al Ravello Festival per Jazz in piazza, la sezione extra-colta firmata sempre da Alessio Vlad, stasera alle 21,15, con il suo progetto dal titolo Morricone Stories. La piazza di Ravello risuonerà delle note dell’indimenticato Ennio, attraverso il sax alto di Stefano Di Battista, il contrabbasso di Daniele Sorrentino, il pianoforte di Andrea Rea e la batteria di Luigi Del Prete. Le musiche da cinema di Ennio Morricone sono una miniera inesauribile, un tesoro di fantasie del pensiero associate a immagini di ogni genere, e sono anche oltremodo versatili, disponibili a essere trattate, ritrattate, riscoperte. Tutti avranno ascoltato nella propria vita un “Tribute to Ennio Morricone”: dietro quelle colonne sonore sonore che tutti conosciamo, fischiamo, canticchiamo, e vengono eseguite da qualsivoglia formazione, ragazzini, bande, orchestre giovanili, concerti da camera, grandi arene, c’è l’uso elegante di tecniche modernissime, come il serialimo e la musica concreta, combinate con elementi di popular music, influssi folk, canti celtici, canto gregoriano, trombe mariachi e un complesso di esecutori della taglia di un’orchestra sinfonica. In “Il buono, il brutto, il cattivo”, Morricone usa una melodia convenzionale, suonata da una chitarra elettrica, un’ocarina, e un’armonica, accanto a strumentazioni di tipo ancora meno convenzionale che includono il fischio, jodel, grugniti, vocalizzazioni talvolta irriconoscibili come umane, schiocchi di frusta e fucilate. Morricone ha voltato le spalle alle convenzioni hollywoodiane per il western e alla loro enfatizzazione dei profili melodici e dei caratteri armonici propri delle canzoni tradizionali e dell’inedia, e, così, ha definito un nuovo modello di riferimento per la colonna sonora di questo genere. Quando c’è di mezzo il jazz, è un’altra storia, sembra davvero un matrimonio perfetto, naturale, diciamo pure, inevitabile. La musica di Morricone è simbolo di esaltazione di tracce melodiche spesso fortemente emozionali, in una trama di armonie intelligenti, ed è esattamente quello che fa il jazz, e ancora di più quello che fa da sempre lo strumento di Stefano Di Battista, che con i temi del Maestro ci gioca come se fossero materia magica, sostanza di quella speciale e misteriosa zona della musica che ci riempie quasi inspiegabilmente l’anima. E non c’è neanche per forza bisogno di attingere ai colossi dell’immaginario cinematografico. Stefano ha scelto in qualche caso temi marginali, o meglio film marginali oppure dimenticati, come Veruschka o Cosa avete fatto a Solange, tanto per scavare meglio in un repertorio ancora tutto da scoprire e ricordare che al di là delle celebrità, Morricone di film ne ha fatti più di cinquecento. Ricercatezze molto preziose, e naturalmente c’è il godimento puro di ascoltare temi che conosciamo benissimo che diventano perfetti standard jazz, come Metti una sera a cena, swingante e ironica, oppure Il buono il brutto e il cattivo che si rivela come un duello di improvvisazioni, col sax che prende la parte di quel breve spunto di note che all’origine fu ispirato dal verso del coyote, prima di sciogliersi nell’emozione purissima del Tema di Deborah di C’era una volta in America, che è una delle più belle invenzioni di Morricone, alla quale teneva moltissimo perché esprimeva molto bene il suo ideale di melodia scritta con un esiguo numero di note col massimo risultato. Tanti gli insegnamenti ricevuti da Ennio: due su tutti: “La musica è esclusiva passione” e “se nella partitura vedi una vigna non è bene”, soleva infatti ripetere, sottolineando che la musica deve essere semplice e deve respirare, lasciando trasparire ogni nota”. Per non dire della delicata rilettura di The Mission, con un elegante passaggio dall’oboe originale, che Stefano suonerà col sax soprano, fino alla sorpresa di un inedito, un pezzo intitolato Flora, che il Maestro regalò a Di Battista, segno di affinità elettive e affettive.