Le Matherie di Ernesto Terlizzi a Cracovia - Le Cronache Spettacolo e Cultura
Spettacolo e Cultura

Le Matherie di Ernesto Terlizzi a Cracovia

Le Matherie di Ernesto Terlizzi a Cracovia

Di Aristide Fiore

Il progetto “Matheriae” di Ernesto Terlizzi, dedicato alla “città dei sassi”, domani sera approda a Cracovia per la terza e ultima tappa di una mostra itinerante curata dallo storico dell’arte Alberto Dambruoso, passata anche per Salerno pochi anni orsono. Dopo le prime due mostre, tenute nel 2019, lo stesso anno in cui Matera fu Capitale Europea della Cultura, nella “Arti Visive Gallery Matera” e poi presso la Pinacoteca Provinciale di Salerno, quella prevista a Cracovia ma rinviata a causa del Covid può finalmente aver luogo nella Galleria dell’Istituto Italiano di Cultura. Il coronamento di quest’altra impresa di Terlizzi potrebbe essere visto come la creazione di un legame ideale tra il sud e il nord del nostro continente, offrendo la testimonianza di un passato che col tempo è divenuto un esempio di riscatto che non rinnega le radici ma fa di esse un sicuro punto di appoggio dal quale protendersi verso il futuro. Al vernissage di “Matheriae 2019-2024”, arricchito da un vin d’honneur, previsto per le 18:30, interverranno, oltre all’artista e al direttore dell’istituto Italiano di Cultura a Cracovia Matteo Ogliari, Ugo Rufino, già direttore dello stesso istituto, e il curatore Alberto Dambruoso, e ne presenteranno anche il catalogo, alla cui realizzazione hanno contribuito con i loro testi, ai quali si unisce anche uno scritto di Alfonso Andria, presidente del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali di Ravello. Le 21 opere esposte, che saranno fruibili sino al 4 di ottobre, tutte tecniche miste su carta kozo thailandese realizzata a mano ed intelaiata, offrono altrettante visioni di Matera e ne rappresentano la memoria, ricca di stratificazioni e contrasti, che l’artista ha saputo rendere assemblando diverse materie (da qui il gioco di parole del titolo) che si armonizzano col suo inconfondibile segno grafico, nel quale Dambruoso riconosce l’eredità dell’arte informale, conservando tuttavia una loro autonomia che esprime al meglio l’identità di questo patrimonio culturale, frutto dell’integrazione del sottrarre volume alla roccia con l’edificazione dell’abitato soprastante, spesso realizzato ponendo in opera quello stesso materiale strappato alla terra, e arricchito da una lunga storia ormai pienamente rivalutata, della quale ognuno degli inserti polimaterici sembra conservare una traccia. L’elemento innovativo di questo ciclo è la piuma, che va ad aggiungersi agli altri materiali utilizzati (lamiere, pezzi di legno, cartone, merletti…). Così come i sassi, introdotti in passato nella poetica visiva di Terlizzi, la piuma non è solo materia, è anche un oggetto capace di rappresentare se stesso: per alludere allo spazio aperto, al cielo e agli uccelli che lo popolano, oppure per evocare altri aspetti della realtà, come alberi o fiori, grazie alla sua forma, molto vicina, peraltro, alla forma-segno prediletta da Terlizzi: una sagoma fusiforme che molto spesso popola le sue composizioni. In “Bulbo alato”, per esempio, si potrebbe individuare un richiamo alla fecondità culturale di questi luoghi, espressa da un aggregato di segni e materiali via via più leggeri che si protende verso l’alto: dalla pietra alla piuma così come dalla materia allo spirito. I titoli delle opere inquadrano temi che rappresentano i punti di vista dai quali l’artista osserva Matera. Sono le parole chiave del racconto che ne scaturisce: uccelli, elementi vegetali, spazio, pietra, sacralità. Attraverso le loro interazioni, in una felice sintesi del rapporto fra natura, uomo e storia che ha sempre interessato il nostro autore, prende forma un’immagine poetica della città, fatta di strati di roccia che, dialogando col cielo e con la luce, nascondono e proteggono la vita, circoscrivono spazi dedicati al culto, sostengono il contrappunto di fiori e alberi che si unisce al canto muto della pietra scavata dall’uomo e dall’acqua.

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